Domeniche di Pasqua
Anno Liturgico C

Indice:

Domenica di Risurrezione
II Domenica di Pasqua
III Domenica di Pasqua
IV Domenica di Pasqua
V Domenica di Pasqua
VI Domenica di Pasqua
Domenica di Pentecoste

Domenica della Risurrezione

Gv 20, 1-9

Cristo, quando Lo riceviamo nell’Eucaristia, tocca i più profondi strati della nostra umanità e la vita di Dio in noi si radica sempre di più. Nel tempo di Pasqua la vita di Gesù in noi dovrebbe pulsare più intensamente. Quello è il senso della Comunione Pasquale.

A Questa verità la Chiesa ci avvicina con la liturgia della Risurrezione, quando porta la luce nell’interno della chiesa buia. Non si può, però, dimenticare che questo è solo un simbolo. Il tempio vero è l’interno dell’uomo spesso abbuiato dal peccato.

La Chiesa è pienamente cosciente della debolezza dell’uomo. Questo ci ricorda continuamente san Paolo nella lettera ai Corinzi: "Però noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta"; allora i vasi che facilmente si rompono. L’uomo è sempre spinto, ispirato con le diverse idee e anche turbato con i dubbi: questo dono della fede e dell’Eucaristia è davvero un tesoro? Succede anche spesso che questo tesoro ci sfugge, si perde. In conseguenza nell’uomo si crea un vuoto e la sensazione della mancanza del senso.

E così, in quel tempo della grande gioia è contenuta anche l’inquietudine e preoccupazione della Chiesa, perché questa nuova vita che abbiamo ricevuto grazie alla Risurrezione di Cristo non sia distrutta. Perché l’uomo è sempre pressato, tentato dalla vita temporanea e dai miraggi di questo mondo. Allora è così facile rinnegare la fede e Gesù. Questo ha sperimentato Pietro sul cortile del sommo sacerdote quando ha detto di non conoscere Gesù.

La preoccupazione della Chiesa va’ anche in questa direzione, di aiutare l’uomo che si è smarrito, di aiutarlo a ritrovare di nuovo Dio.

Naturalmente, rimane ancora la questione della nostra testimonianza della Sua Risurrezione. Questa si lega fortemente con la nuova evangelizzazione alla quale spesso ci richiama il Santo Padre.

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II Domenica di Pasqua

Gv 20, 19-31

"Pace a voi!
Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi"

La gioia e la speranza aprono i cuori e le porte. La paura uccide e chiude tutte e due. Dopo la morte di Cristo, gli Apostoli impauriti, si sono radunati dietro le porte sbarrate e aspettavano che cosa sarebbe successo ancora.

Allora Gesù è apparso tra loro e nel modo più normale ha detto: "Pace a voi!". Per sfortuna, o forse per fortuna, tra loro non c’era Tommaso, che dopo è stato chiamato Incredulo. Quando, dopo gli Apostoli gli hanno detto di aver visto il Signore, lui solo ha scosso la testa ed ha detto: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò". Umanamente sembrava che questo fosse la fine della questione. Le condizioni e il modo erano troppo arroganti. Cristo, però, l’ha visto diversamente.

Dopo otto giorni, quando gli Apostoli di nuovo erano tutti insieme, e anche Tommaso con loro, Gesù ancora una volta è apparso, anche se le porte erano chiuse. E di nuovo li ha salutati con le parole: "Pace a voi!". Poi si è rivolto a Tommaso, gli ha mostrato le ferite delle mani, il costato trafitto, e ha detto: "… e non essere più incredulo ma credente!".

Nel vangelo odierno due cose sono importanti e costringono alla riflessione: l’incredulità di Tommaso e la bontà del Signore.

Perché Tommaso ha dubitato di Cristo? Lui che era testimone del Suo insegnamento e dei Suoi miracoli? Perché non ha creduto nella risurrezione, anche se gli altri Apostoli assicuravano questa verità?

Tocchiamo qui un problema molto importante e sempre attuale. La fede di Tommaso, come anche degli altri Apostoli, si è formata sulle premesse naturali, sullo sperimento umano. Per questo, nel momento della prova, Pietro ha rinnegato Gesù. Dopo la Sua morte, gli Apostoli erano pieni di paura, di timore e Tommaso pieno di dubbi e d’incredulità. Ecco, la fede basata solo sulle premesse naturali: l’intelletto, l’osservazione ecc. è una fede debole. La fede religiosa, invece, è molto forte, perché viene dall’altra fonte. Questa è una grazia, un dono di Dio. Gli Apostoli hanno ricevuto un fede così nel giorno della Pentecoste, nel giorno della discesa dello Spirito Santo. Solo allora hanno smesso di aver paura e hanno cominciato a proclamare l’insegnamento di Cristo, e non hanno esitato a morire per Lui.

È molto sorprendente anche la bontà di Gesù, che non fa caso alle esigenze arroganti di Tommaso, e si mostra per convertirlo. Dio è sempre così nella Sua misericordia.

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III Domenica di Pasqua

Gv 21, 1-14

"...Gettate la rete dalla parte destra della barca
e troverete"

Dopo la risurrezione Cristo tante volte appariva agli Apostoli e ai discepoli, nei diversi posti e nelle diverse situazioni. In questa maniera voleva convincerli, che realmente fosse risuscitato. Ma una di queste apparizioni aveva un carattere particolare, specialmente per Pietro.

Dopo la colazione fatta a base di pesci e pane, Gesù ha domandato a Pietro: "Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro?". E qui ha indicato i discepoli presenti. Pietro ha risposto: "Certo, Signore, tu lo sai che ti amo". Questa domanda Cristo ha ripetuto per tre volte. Pietro è rimasto triste e addolorato. Pensava, che Gesù non gli credesse Il Signore, però, gli credeva. Voleva solo dare un particolare valore alle sue parole, nelle quali era contenuto un mandato, di avere attenzione alla gente che crederà in Lui. "Pasci le mie pecorelle" - ha detto. E dopo, quasi con tristezza, ha seguito i suoi pensieri su Pietro. – Quando eri giovane, facevi tutto quello che volevi, ma adesso è arrivato il tempo di assumere la responsabilità e anche le conseguenze di aver creduto in Me.

Noi sappiamo quali erano le conseguenze. Pietro, come Gesù, è stato condannato ed è stato crocifisso a Roma.

Ma quali conclusioni giungono a noi dal Vangelo di oggi? Non è possibile elencarli, perché ogni uomo in modo diverso percepisce la Parola di Dio. Penso, però, che per tutti è attuale il problema di approfondire la fede in Cristo Risorto e anche il problema di responsabilità per il nostro cristianesimo e il destino della Parola di Dio nel mondo contemporaneo, cioè l’evangelizzazione.

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IV Domenica di Pasqua

Gv 10, 27-30

"Le mie pecore ascoltano la mia voce
e io le conosco ed esse mi seguono"

Il brano del Vangelo della domenica odierna è molto breve ma invita a porre due essenziali domande.

Ecco la prima: Noi, cristiani ascoltiamo la voce di Cristo? Alla domanda così presentata di solito otteniamo la risposta confermativa. Dimentichiamo, però, che in questa domanda è nascosto un tranello. Nella lingua della bibbia il verbo "ascoltare" significa anche compiere, eseguire, vivere. Allora in questo contesto comincia la discesa. Generalmente siamo ottimi ascoltatori. Peggio è con la vita. Allora, com’è con il nostro "ascoltare" e "compiere, vivere" le parole di Gesù?

La seconda domanda. Il Signore Gesù ottimisticamente afferma che le Sue pecore Lo seguono. I primi fedeli davvero Lo seguivano. Ma noi andiamo dietro a Lui? Mi sembra che Lo seguiamo solo per un tratto di strada, ad un certo momento. Quando la via comincia ad esser ripida, in salita, cioè quando le esigenze di Gesù diventano più grandi, noi ci fermiamo o rinunciamo a continuare. Certo, frequentiamo ancora la Santa Messa, con la confessione già ci sono le difficoltà. Ma quello che è più difficile, è rispettare i comandamenti. Non rubare, non commettere atti impuri, ama il prossimo tuo. Ci sforziamo allora di raddrizzare la strada di Gesù, oppure prendere le scorciatoie. E diciamo: chi può oggi rispettare queste regole, che sono così irreali e superate dalla vita!

Cristo Gesù assicura quelli che credono in Lui, che nessuno sarà perso dalla sua mano. Questa è la verità. Il problema è qui, che noi stessi fuggiamo dalla sua mano, dalla sua protezione, ascoltando di più la voce del mondo che le Sue Parole. Forse per questo che siamo così poveri, sperduti, contagiati dall’odio, sfiduciati e pieni di paure. Forse vale la pena di ricominciare ad ascoltare la Parola di Dio e viverla.

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V Domenica di Pasqua

Gv 13, 31-95

"Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli,
se avrete amore gli uni per gli altri"

NUOVO COMANDAMENTO, così Cristo Signore ha chiamato il comandamento d’amore. In che cosa consiste la sua novità, benché esso era già conosciuto nell’Antico Testamento? Consiste in due cose. Nell’amore senza misura. Perché con l’amore così ci ha amato Gesù sacrificando la Sua vita per la salvezza del mondo. Il Vecchio Testamento non ha conosciuto quest’amore. E la seconda cosa: il Nuovo Comandamento sollecita ad amare tutti gli uomini, anche i nemici. Il comandamento d’amore secondo la legge di Mosé riguardava solo il popolo eletto, non gli altri. Forse per questo Cristo, nella parabola del Samaritano, così fortemente rimproverava l’atteggiamento del sacerdote e del levita, che non hanno aiutato l’uomo malmesso. Proprio in questo consiste la novità di questo comandamento. Ma questo ancora non è tutto.

Gesù esige da noi l’amore uguale al Suo, con il quale ci ha amato. Dice: "Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato", ciò significa, che anche dobbiamo sacrificare la nostra vita per i fratelli. Ci dà anche il motivo, perché dobbiamo fare così. Questo tipo d’amore deve essere un segno di riconoscimento dei cristiani. "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri". Proprio questo. Penso che qui tocchiamo la ferita più dolorosa per tutti. Perché tutti, diciamo che con rarissime eccezioni, soffriamo la mancanza di quest’amore. Forse per questo le nostre testimonianze sono così annebbiate e l’evangelizzazione è così anemica.

Grazie alla nostra testimonianza gli altri riescono a credere in Gesù? Questa domanda ci viene dalla lettura del Vangelo d’oggi.

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VI Domenica di Pasqua

Gv 14, 23-29

"Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore."

O Dio, dove sei?…

Questa domanda spesso viene nella nostra bocca, soprattutto quando ci sembra che Dio è lontano. Dove Ti sei nascosto? Dove dobbiamo cercarTi? – domandiamo. Tra le stelle del cielo? Nell’Eucaristia? Perché ci hai lasciato soli?

Ma non Dio ci ha lasciato, perché Dio mai ritira il Suo Amore. Questo vuoto è probabilmente la conseguenza del nostro abbandono di Dio. Ma come? – domanderà più di uno di noi. Io mai ho abbandonato Dio. Sempre ero e sono credente. Sì, questo è vero. Solo che la fede esige anche l’amore. Ma io amo Dio. Questo è vero? Amare Dio significa rispettare i Suoi comandamenti. Gesù stesso ha detto: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola". E come noi osserviamo il Suo insegnamento? Ama il prossimo tuo, non rubare, non commettere atti impuri, non esagerare con il vino, non scandalizzare i piccoli, rispetta il giorno del Signore, partecipa alla Santa Messa… Se non rispettiamo i comandamenti di Dio, è difficile parlare dell’amore di Dio. Non ci meravigliamo che Dio è così estraneo e lontano.

Quando siamo fedeli a Dio, allora non solo, Lui non è lontano da noi, ma è dentro di noi. "Chi osserverà la mia parola… e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prendiamo dimora presso di lui". Dio non solo sarà in noi, ma anche calmerà i nostri cuori. Proprio Lui ha detto: "Vi lascio la pace, vi do la mia pace". Il problema è qui, di non voltare le spalle a Dio dicendo che i Suoi comandamenti non sono per il nostro tempo.

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Domenica di Pentecoste

Gv 14, 15-16.23-26

"Se uno mi ama, osserverà la mia parola..."

"Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi" - ha detto Gesù agli Apostoli radunati nel Cenacolo. Dopo queste parole alitò su di loro e disse: "Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi".

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Tre fondamentali temi tocca il Vangelo di oggi. Il primo è¨ la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli e su tutti quelli che credono e crederanno a Cristo.

Che cosa ha fatto lo Spirito Santo negli Apostoli? Una cosa normale e straordinaria, incomprensibile. Ecco, quelli che fin ora erano timorosi e spaventati hanno cominciato proclamare l’insegnamento di Cristo con gran coraggio. Non avevano più la paura del carcere e della morte. Ad eccezione di San Giovanni, tutti hanno sacrificato la vita col martirio..

Gesù mandando lo Spirito Santo, manda gli Apostoli e tutti i suoi seguaci per proclamare alle genti la Buona Novella, vale a dire Vangelo. E gli Apostoli sono andati fino ai confini del mondo insegnando la verità  su Cristo crocifisso e risorto.

Gli Apostoli hanno compiuto la loro missione. E noi?

O Dio, perdonaci, che non solo non proclamiamo la verità  di Dio, ma anche ci vergogniamo di Cristo. Abbiamo invece tante pretese verso di Lui che ci ha lasciato troppo grandi esigenze.

E in fine la terza cosa legata con il Vangelo di oggi: il potere di perdonare, rimettere i peccati. Non a tutti piace la confessione. Ma qui non abbiamo scelta. Le parole di Gesù sono univoche: "A chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi". Non dimentichiamo che non confessiamo al sacerdote ma a Dio Onnipotente. Il confessore compie questo ministero solo nel nome di Gesù. Sappiamo che non sempre nel modo migliore, perché è¨ solo un uomo. Ma così ha stabilito Gesù.

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