Domeniche del Tempo Ordinario
Anno Liturgico C - 2013

Indice:

Domenica del Battesimo di Gesù
II Domenica Ordinaria
III Domenica Ordinaria
V Domenica Ordinaria
X Domenica Ordinaria
XI Domenica Ordinaria
XII Domenica Ordinaria
XIII Domenica Ordinaria
XIV Domenica Ordinaria
XV Domenica Ordinaria
XVI Domenica Ordinaria
XVII Domenica Ordinaria

XVIII Domenica Ordinaria
XIX Domenica Ordinaria
XX Domenica Ordinaria
XXI Domenica Ordinaria
XXII Domenica Ordinaria
XXIII Domenica Ordinaria
XXIV Domenica Ordinaria
XXVI Domenica Ordinaria
XXVIII Domenica ordinaria
XXIX Domenica Ordinaria
XXX Domenica Ordinaria
XXXI Domenica Ordinaria
XXXII Domenica Ordinaria
XXXIII Domenica Ordinaria
Domenica di Cristo Re

Battesimo del Signore
Anno C

(Lc 3,15-16.21-22)

«Mentre Gesù, ricevuto il battesimo, stava in preghiera,
il cielo si aprì»

Paris Bordone dipingendo la scena del battesimo di Gesù fa vedere la figura di Giovanni Battista che con una mano versa l'acqua sulla testa del Signore e con l'altra si tiene forte al tronco di un albero. Giovanni cerca di non entrare nell'acqua anche se Gesù chinando la testa verso di lui, lo incoraggia. L'angelo che teneva in mano i vestiti guardava il Giordano, poiché qualcosa di strano stava succedendo con l'acqua.
Giovanni Battista sicuramente non aveva i dubbi della differenza della sua missione e quella che doveva compiere Gesù. Battezzando il Signore forse sentiva anche un disagio ma di sicuro provava un grande rispetto. Quando su Gesù è sceso lo Spirito Santo e dal cielo si è sentito la voce di Dio stesso, Giovanni ha capito pienamente la straordinarietà e l'importanza di quello che è successo.
Giovanni Paolo II quando era l'arcivescovo di Cracovia se capitava che doveva richiamare un sacerdote, lo faceva, però, in un modo particolare. Si seppe che una volta un giovane prete che aveva combinato qualcosa di molto pesante, venne rimproverato dal cardinale in modo molto duro evidenziando la gravità del fatto. Ma dopo lo condusse in  cappella e gli  chiese: "Fratello, potresti ora ascoltare la mia confessione?"

II Domenica del Tempo Ordinario
Anno C

(Gv 2,1-12)

«Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù»

Partecipando nella gioia dei nuovi sposi, come uomini credenti, dobbiamo ricordare che questi incontri gioiosi dovrebbero avere un carattere particolare. Dobbiamo ricordare che le nozze, e non solo matrimonio, sono state santificate con la presenza di Gesù stesso, della Sua Madre e degli Apostoli. Vale la pena riflettere: come si sentirebbe Gesù alle nozze degli sposi di oggi, anche di quelli dei cristiani?
Mancava poco che le nozze a Cana di Galilea non finissero con una catastrofe. La mancanza elle scorte di vino potevano trasformare la gioia in una tristezza o anche in una tragedia. Davvero una vergona e infamia per gli organizzatori delle nozze! Per fortuna c’era Gesù. Grazie alla sensibilità e all’intervento di Maria, Gesù sana la situazione!
Ed ecco così durante le nozze Gesù apre la Sua opera salvifica nel mondo: “egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui”. Partecipando alle nozze non bisogna dimenticare che siamo credenti e anche con grande gioia possiamo lodare il Signore. Anche la nostra gioia può essere un motivo di fede per gli altri!

III Domenica del Tempo Ordinario
Anno C

(Lc 1,1-4; 4,14-21)

«Oggi si è compiuta questa Scrittura»

Oggi san Luca ci racconta come ha cominciato a scrivere il suo Vangelo. Prima di tutto è stato invogliato dall’esempio degli altri. Può darsi che qui allude a Marco e Matteo che hanno compilato i loro scritti un po’ prima. Il misterioso Teofilo al quale dedica il suo vangelo può essere un non tanto conosciuto personaggio storico, oppure questo nome indica tutti quelli che amano Dio, perché il nome “Theophilos” significa “l’amico di Dio”, “amante di Dio”. La fonte delle notizie del evangelista erano i testimoni che personalmente hanno sentito e visto operato di Gesù. Così il Vangelo è diventato uno Scritto ordinato, perché chi lo leggerà potrà rendersi “conto della solidità degli insegnamenti che ha ricevuto”.
Ed ecco uno degli avvenimenti dal tempo dell’opera di Gesù: è venuto a Nazaret, dove è cresciuto, nel giorno di sabato ed è andato alla sinagoga. Ha cominciato a leggere il testo del profeta Isaia che parla del misterioso Servo di Dio che doveva apparire nel mondo ed portare la buona novella alle genti. La cosa più importante era quella che ha detto dopo la lettura del testo: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Fino a ora si perdevano nelle speculazioni chi potrebbe essere questo personaggio. Secondo alcuni questo poteva essere tutto il popolo d’Israele, secondo gli altri uno dei potenti, dei re del popolo. Adesso invece tutto è chiaro: quell’inviato di Dio è Gesù Cristo.
Si potrebbe affermare che la liturgia della Parola di oggi parla soprattutto sui vantaggi spirituali della lettura della Bibbia. Questo è molto importante per tutti noi che ci chiamiamo cristiani credenti dove il livello della cultura biblica ha molto da considerare. La nostra ambizione non dovrebbe essere solo possedere un bel volume della Bibbia ma e soprattutto la lettura continua della Parola di Dio.

V Domenica del Tempo Ordinario
Anno C

(Lc 5,1-11)

«Lasciarono tutto e lo seguirono»

Nel quadro “La pesca miracolosa”, Raffaello ha dipinto i futuri Apostoli sorpresi dal miracolo di Gesù. Pietro sta in ginocchio davanti al Signore con le mani giunte nel gesto di adorazione, l’altro pescatore guarda Gesù con grande ammirazione. Invece il Salvatore con il gesto della mano sembra voler fermare la gioia e l’euforia, come se volesse dire che non hanno capito bene il senso dell’avvenimento.
            Simone, Giacomo e Giovanni insieme con gli altri pescatori, tutta la notte hanno faticato e non hanno pescato nulla. Sicuramente era difficile  loro credere nell’efficacia della nuova gettata delle reti. Ma quando lo hanno fatto, si sono meravigliati della quantità dei pesci pescati. Gesù gli ha spiegato che nel segno non si trattava dei pesci ma degli uomini. Il loro lavoro apostolico porterà i frutti solo quando sarà fatto insieme con Lui.
            “Cinque o sei  mila  sacerdoti che non cercassero solo la propria gloria, basterebbero alla conversione non solo della terra, ma anche degli altri pianeti, se questo fosse necessario” – scriveva Ranieri Cantalamessa. Questo riguarda tutti i credenti, perché l’evangelizzazione non è una cosa privata degli uomini singoli o delle comunità. L’efficacia dell’evangelizzazione dipende dalla collaborazione con Gesù.

X Domenica del Tempo Ordinario
Anno C

(Lc 7,11-17)

Ragazzo, dico a te, alzati!

La base della nostra esistenza cristiana è la fede. Questa fede la proclamiamo durante la Santa Messa domenicale. Crediamo in Dio, il nostro fondamento, crediamo nella chiesa, perché questa è la nostra tradizione, crediamo nella Salvezza, perché questa è il nostro futuro. Se non ci fosse la fede, saremmo un nulla, quindi come vivere senza credere?
            La gioia della Risurrezione ci ricorda il nostro futuro al quale tendiamo, al quale pensiamo, desideriamo  e sognamo. Così ci insegna la nostra fede, la nostra religione e anche la Sacra Scrittura. Nella Bibbia del Nuovo Testamento troviamo i testi che raccontano la vita e le opere, i miracoli di Gesù, ma anche i testi che ci ricordano come dobbiamo vivere per seguire le orme del nostro Maestro.
            Gesù non si preoccupa solo del nostro futuro ma anche del nostro presente. Il testo del Vangelo di oggi è la prova evidente. Vedendo la povera vedova che piange la morte dell’unico figlio, si commuove e lo fa risuscitare. Ridà a lei non solo quello che amava ma anche assicura a lei l’appoggio per l’ avvenire.
            Questo testo è legato  nella forma e nella sostanza con  la prima lettura di oggi. Entrambi i testi ci commuovono e versano nei cuori la speranza.
Dio  può fare tutto, e farà tutto anche per noi se la nostra preghiera sarà costante e sincera.
            Spero che tutti noi, come il giovane di Nain e il giovane risuscitato da profeta Elia e come San Paolo convertito, riusciremo a liberarci dal marasma della quotidianità e grazie alle preghiere rivolte al Signore saremo fortificati e uniti nella fede, amore e speranza.
            Signore, Tu desideri riunire tutti gli uomini nello Spirito Santo, fa che tutti noi possiamo adorarti nell’unità e nella pace.  

XI Domenica del Tempo Ordinario
Anno C

(Lc 7,36-8,3)

Sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato.

Perdono, misericordia, speranza, fede: queste sono le parole che nella Sacra Scrittura appaiono molto spesso. È bene ascoltarle, ma ancora meglio, è vivere queste parole ogni giorno.
            Nel Vangelo di oggi il problema del perdono e della misericordia di Dio si mostra in una  nuova luce. Dio non manda più un profeta, come ha fatto con Davide (nella prima lettura), ma il proprio Figlio: non per salvare solo un peccatore ma tutta l’umanità. Gesù li cerca dappertutto: sulle strade e nelle case.
            Il brano evangelico evidenzia due atteggiamenti di fronte al peccato.
Il fariseo è un esempio della persona che ha il cuore chiuso all’amore, la persona incline alla critica, quello che si scandalizza dell’atteggiamento degli altri, ma non si preoccupa del proprio e non riconosce il proprio peccato.
            L’altro personaggio è la donna peccatrice convertita. È vero che ha commesso tanti sbagli e peccati ma tutto le è stato perdonato perché ha dimostrato tanto amore.
Forse ci meravigliamo che Gesù non le ha chiesto neanche di fare la penitenza; non dimentichiamo, però, che Lui stesso ha preso su di sé le nostre debolezze, i nostri peccati e ha offerto la propria vita per noi.
            Ci ricordiamo di questo nella nostra quotidianità?
Ricordiamo che siamo perdonati grazie alla misericordia divina? Riusciamo almeno come Davide a riconoscere il nostro peccato e a pentirci per il male che abbiamo fatto?
            Quando l’uomo, spinto dall’amore, si pente per i peccati, riceve  il perdono senza essere punito!
            Signore Gesù, Dio di misericordia, il Vangelo di oggi ci aiuta a capire quella gioiosa verità, che nessuno  è separato dal Tuo amore e nessuno è privato del Tuo perdono!

XII Domenica del Tempo Ordinario
Anno C

(Lc 9,18-24)

Tu sei il Cristo di Dio. Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto.

Oggi, la liturgia della parola, il Vangelo, ci propone un tema molto importante e la domanda è: “ Che cosa pensi di Gesù?”
            Questo è stato un problema importantissimo in tutta la storia del Cristianesimo.
Infatti questo tipo di domanda,  Gesù stesso ha posto ai propri discepoli. Una domanda  ripetuta tante volte dai santi, dai teologi, dai papi, dai predicatori, e anche da diversi giornalisti e scrittori. Ma sulla scia di questa domanda, forse vale la pena, farne anche un'altra: “Cosa pensa Gesù di te?”
            Dopo la professione di fede di Pietro, Gesù spiega agli Apostoli i particolari della Sua missione; parla delle persecuzioni, del tradimento, della passione, della morte e della risurrezione.
Incoraggia all’accettazione della croce e di seguire le Sue orme.
            Il poeta polacco Tadeusz Rozewicz nella sua poesia La zona grigia scrive:
“Spesso mi domandano
Che cosa  pensa di Dio?
E io  rispondo:
“non è importante che cosa io penso di Dio
ma che cosa Dio pensa di me!”

XIII Domenica del Tempo Ordinario
Anno C

(Lc 9,51-62)

"Ti seguirò ovunque tu vada."

Tutti noi  lavoriamo per sostenere la nostra vita e la nostra famiglia. Di solito, il nostro lavoro ci piace e lo facciamo volentieri, ma talvolta siamo costretti a fare qualcosa anche contro la nostra volontà.
Ci sono situazioni in cui, che, con quello che facciamo compiamo la nostra vocazione.
La vocazione è qualche cosa che ci spinge verso una specifica professione o attività. La vocazione è anche l’apertura alla chiamata del Signore, quella chiamata che ci invoglia a dedicare la nostra vita per gli altri, per quelli che conosciamo e anche per gli sconosciuti.
San Paolo nella Lettera ai Galati ci insegna che siamo chiamati anche alla libertà delle nostre scelte per servire i nostri fratelli: “fratelli, siete stati chiamati alla libertà. Che questa libertà non divenga però un pretesto per la carne; mediante l’amore siate invece a servizio gli uni degli altri”.
La nostra libertà ci permette di accettare o di rifiutare la vocazione, ma se la rifiutiamo poi, non possiamo avere delle pretese verso Dio perchè non riusciamo a trovare la nostra strada nella vita.
Allora quando sentiamo la parola “Seguimi!”- come l’ha udita il giovane del Vangelo di oggi – non indugiamo con la risposta, non cerchiamo le giustificazioni, ma almeno proviamo a camminare sulla via indicata da Gesù! Non è importante se questa chiamata riguarda la vita spirituale, lo stile della vita o la professione.
Sicuramente dobbiamo, però,  stare attenti di non perdere, di non sciupare l’occasione della nostra vita, perché probabilmente questa occasione potrebbe non ripetersi!
O Signore, Tu desideri indicarci la strada della nostra vita, fa’ che ognuno di noi riesca a leggere le Tue indicazioni e seguire la via che Tu hai scelto per noi!  

XIV Domenica del Tempo Ordinario
Anno C

(Lc 10,1-12.17-20)

«Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli»

Masaccio, su uno dei suoi quadri, ha dipinto San Pietro che guarisce con la propria ombra.
L’Apostolo cammina orgoglioso con la testa in su, sembra che non veda nessuno. Non guarda neanche gli uomini che guarisce. La scena, sottolinea, il grande potere di Pietro ma  si può notare anche un esagerato orgoglio, una certa noncuranza ed elevata sicurezza di sé.
            Dopo la prima uscita missionaria, gli Apostoli sono rimasti scioccati e stupefatti dei loro risultati.
Quindi, coscienti del potere che possedevano, si sono vantati davanti a Gesù che anche gli spiriti immondi potevano essere obbedienti a loro. Gesù, invece, frena il loro entusiasmo, ricordando che questo potere è stato dato loro non per la loro gloria ma come  strumento di evangelizzazione.
            Succede spesso, che i credenti, laici o sacerdoti, cercano il proprio successo e la propria gloria, perché questa è una grande tentazione ma è anche un pericolo. Pensare che se il miracolo debba essere  la conferma del successo, allora questo non ci sarà mai. Il miracolo deve confermare la testimonianza e deve portare alla fede. Così era nel tempo di Gesù e così deve essere anche oggi. La Chiesa deve essere la testimonianza e non il successo!

XV Domenica del Tempo Ordinario
Anno C

(Lc 10,25-37)

«Va’ e anche tu fa’ così»

L’esempio che buono o cattivo  sempre attiri, è la dimostrazione dell’onda di violenza di quante  nuove vittime assorbe. Le vittime non sono solo le persone danneggiate, ma anche quelle che sono la causa del male, dei drammi, delle tragedie. L’onda dell’odio e della crudeltà rapisce e distrugge, in modo particolare i giovani. La battaglia con il male diventa sempre più difficile.
            La parabola del Buon Samaritano non  dice nulla del numero dei briganti e non dice nulla della loro vita. Il male non è amplificato in questo racconto. Invece, come esempio, viene presentato l’operato del Samaritano e Gesù si è soffermato a lungo su questo personaggio; ovviamente c’era anche il levita e il sacerdote e, proprio il loro atteggiamento fa tanto male. Sembra che fossero ben preparati e ben formati. E’ probabile che nella loro vita hanno affrontato diversi esami, ma… non hanno superato l’esame della vita.
Il loro atteggiamento sconcerta più di quello dei malviventi. L’uomo malcapitato è stato aiutato dal Samaritano, il quale, da ogni Ebreo. era considerato un nemico. Ha dato un immediato aiuto e lo ha fatto fino alla  guarigione e per il tempo della convalescenza. Il Samaritano dice all’albergatore: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”.
            Qualche volta ci vuole un po’ di buona volontà, qualche volta un po’ di fantasia e di buon umore per suscitare l’onda della bontà.
Un periodico americano ha pubblicato la foto di una donna, che passando il casello del ponte a pagamento, ha pagato al cassiere l’equivalente di sette automobili dicendo: “Pago per sei successive automobili”. Fu una grande sorpresa per gli autisti di questi veicoli! Uno di questi fortunati, giornalista, chiese il motivo, il perché!?  Anch’io ho domandato – ha risposto il cassiere – e questa donna mi ha risposto: «anche tu fai così!»  

XVI Domenica del Tempo Ordinario
Anno C

(Lc 10,38-42)

Marta lo ospitò. Maria ha scelto la parte migliore.

Il testo del Vangelo odierno tocca il problema della difficoltà della giusta relazione tra la preghiera e il lavoro. Sicuramente, San Benedetto scrivendo la famosa Regola della vita per i propri seguaci “Ora et labora” aveva in mente anche questo brano evangelico.
Non è tanto facile capire l’atteggiamento di Gesù che quasi rimprovera Marta che sta lavorando e loda Maria che inattiva sta seduta ai Suoi piedi. Lo sbaglio di Marta non consisteva tanto che si occupava delle cose terrene, che si occupava della casa e dedicava tanto tempo per la preparazione della tavola. Gesù, le rinfaccia, che faceva tutte queste cose nel tempo che avrebbe dovuto  ascoltare la Sua Parola.
Il lavoro e la preghiera, queste non sono  valori scambiabili, ma sono complementari tra loro. Il lavoro per compiere la volontà di Dio, deve nutrirsi e fortificarsi con la preghiera. Invece, la preghiera, per non essere una cosa astratta, staccata dalla vita, deve condurci allapiù profonda coscienza. ciò che Dio si aspetta da noi  e dai nostri fratelli!

XVII Domenica del Tempo Ordinario
Anno C

(Lc 11,1-13)

«Chiedete e vi sarà dato»

Etty Hillesum, la scrittrice e intellettuale ebrea olandese morta a 29 anni ad Auschwitz e sconosciuta a molti ma non a tutti e, che meriterebbe di esserlo, scrive nel suo Diario: “Ieri sera, prima di andare a dormire improvvisamente mi son inginocchiata nel centro della camera, così semplicemente. Mi sentivo schiacciata a terra da qualcosa che era più forte di me. Dopo ho detta a me stessa: Sto imparando a stare in ginocchio. Dopo un po’ di tempo scrive: «L’unico atto degno di un uomo è inginocchiarsi davanti a Dio».
Signore, insegnaci a pregare – dicono gli Apostoli. Ma Gesù non può esaudire la loro richiesta, perché la preghiera  è una cosa individuale del contatto con Dio. Dipende dall’impegno, dalla sensibilità e dalla fede dell’uomo concreto. Gesù dà solo le indicazioni generali. Invece per quello che riguarda il testo della preghiera, Gesù indica che è la fiducia in Dio per esaudire tutte le nostre preghiere.
La preghiera è come un pranzo festivo che dura solo un ora, ma richiede tante ore di preparazione. La preghiera è come Natale: un mese di preparazione, decorazioni, le spese, per preparare questo unico giorno. La preghiera è come l’amore!.  

XVIII Domenica del Tempo Ordinario
Anno C

(Lc 12,13-21)

«Quello che hai preparato, di chi sarà?»

Rientra nella nostra natura, accumulare tante cose da vestiti,  diversi beni e oggetti di ogni genere per la casa e per la nostra persona per poi vivere in modo normale, questo fa parte del   nostro status  e così per tutta la vita. Alcune cose desideriamo avere sempre con noi. Vogliamo toccarle per essere certi che le possediamo. Sempre troviamo le giustificazioni per possedere alcune cose: dobbiamo presentarsi bene davanti alla famiglia, agli amici, di fronte ai vicini e nel luogo di lavoro.
Penso che tutto ciò sia normale, ma… fino a un certo momento, poiché lo vogliamo o no, tutto ciò che abbiamo accumulato può da un giorno all’altro essere buttato via, bruciato o nel coso migliore andare in qualche deposito per essere distribuito ai poveri.
Succederà questo nel momento della nostra dipartita da questo mondo.
Se potessimo in quel momento vedere ciò, avremmo protestato, perché tutta la nostra roba, vestiti, attrezzi che ricordano i tanti momenti della nostra vita, e …allora pensiamo che questo è tanto triste!?
Dipende per chi!
Forse varrebbe la pena  fare ogni tanto la revisione dei nostri beni, pensare che  tutto questo è solo temporaneo e ha magari valore per noi ma non potrà averlo per gli altri, considerare che dopo la nostra morte potrebbero non serviranno a nessuno.
Proprio di questo parla Gesù  nel Vangelo di oggi, ammonendo tutti noi con le parole: «“Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».
Quindi, le conclusioni vengono quasi da sole: la prima: bisogna essere sempre preparati all’incontro con Cristo. Il lasciapassare al cielo di certo, non saranno i beni che abbiamo accumulato sulla terra bensì le nostre opere buone. Gesù non vuole che ci rattristiamo negli ultimi attimi della nostra vita per il fatto che pensiamo a dover lasciare tutto e di non essere preparati e pronti all’ingresso della nuova vita….La vita eterna!
Gesù, dacci la possibilità di essere quotidianamente pronti alla nuova realtà che ci aspetta, senza guardare indietro, senza guardare ciò che lasciamo sulla terra!  

XIX Domenica del Tempo Ordinario
Anno C

(Lc 12,32-48)

«Anche voi tenetevi pronti»

Durante il tempo delle vacanze vogliamo fuggire dalle cose che ci annoiano e ci stancano, dal lavoro, dalla scuola e dai problemi quotidiani. Desideriamo riposare e non pensare della quotidianità. Ma forse in questo tempo possiamo trovare l’occasione per sfogliare anche la Sacra Scrittura e trovare qualcosa che riguarda i nostri tempi, noi stessi o le situazioni che ogni tanto ci sorprendono.
Ogni versetto della Bibbia ci ricorda i doveri della nostra fede, i doveri che derivano solamente dal fatto che siamo il Popolo di Dio!
La Sacra Scrittura ci ricorda anche la gioia della vita nella comunione con Gesù e con la sua Chiesa.
L’Apostolo Paolo nella Lettera agli Ebrei ci ricorda e ci insegna: “la fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede”. Allora nel nostro lavoro, nel nostro riposo e in tutte le nostre attività dobbiamo vivere con la fede, come se le facessimo per Gesù.
Nel Vangelo di Luca Gesù ci racconta la vita nella vicinanza di Dio, e nello stesso tempo ci fa capire che non conosciamo né il giorno né l’ora del resoconto della nostra vita che ci è stata data da Dio stesso. Non importa che tipo di lavoro o di attività abbiamo svolto, ma di tutto dovremo fare la relazione.
E a questo proposito, dobbiamo ricordare, però, che: «A chi fu dato molto, molto sarà chiesto, a chi fu affidato molto, molto di più sarà richiesto».
Gesù dacci la capacità di vivere nella vigilanza e nella prontezza dell’incontro con Te in ogni momento della nostra vita!  

XX Domenica del Tempo Ordinario
Anno C

(Lc 12,49-53)

«Non sono venuto a portare pace sulla terra, ma divisione»

In un  primo momento le parole del Vangelo di oggi ci sorprendono, quasi a crearci uno shock. Il Signore Gesù spiega apertamente che è venuto sulla terra a portare il fuoco. Dice anche che non è venuto a portare la pace ma la divisione. Queste parole, specialmente nel contesto dei nostri tempi sono sorprendenti.
Il fuoco e la divisione.
Il fuoco, l’incendio svegliano dentro di noi la paura e terrore. Conosciamo la forza distruttrice del fuoco. Lascia solo ceneri e polvere. La divisione anche  porta  pensieri negativi. Sappiamo però, che qui non si tratta del fuoco che distrugge.
La dottrina della Chiesa ci spiega che quel “fuoco” è l’annuncio dell’offerta di Gesù sulla croce. Questo è “il fuoco d’amore” che deve incendiare e purificare i nostri cuori. E la pace, la pace interna – il dono di Gesù per i suoi discepoli come il segno della pace tra l’uomo e Dio – questo dono non ci è stato ritrattato. E’ un segno della nostra accettazione della volontà di Dio, la quale però non ci libera dal combattere  tutto ciò che contraddice la volontà di Dio, minaccia la nostra fede e l’osservanza dei comandamenti di Dio.
Il nostro compito, il compito di chi  vuole essere il discepolo di Gesù, è la costruzione della casa, cioè della comunità basata sul reciproco amore. Ma bisogna anche essere coscienti che in questa casa entrerà e vorrà abitare anche la gelosia che dolorosamente dividerà gli abitanti della casa. Seguendo Gesù più di una volta saremo derisi, ripudiati e anche uccisi. Ma dobbiamo resistere perché Cristo è con noi e sempre ci consolerà e fortificherà. Lo scopo della nostra vita è Lui stesso!
La gelosia, questa è l’arma più micidiale. Ferisce sempre due cuori: quello dell’attaccante e quello della vittima e quindi fa nascere una  grande e amara divisione. Questa è una croce insopportabile perché richiede di contrastare anche le persone più care, se disturbano professando la fede, a vivere la vocazione o a compiere la volontà di Dio.
Cuore di Gesù, fornace ardente di carità – abbi pietà di noi e dacci la grazia che la nostra vita sia riempita di amore e di fede.

XXI Domenica del Tempo Ordinario
Anno C

(Lc 13,22-30)

«Verranno da oriente a occidente
e siederanno a mensa nel regno di Dio
»

La domanda formulata dai discepoli  nel Vangelo di oggi è spesso anche la nostra: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?».
La domanda si concentra sul numero, perché è a questo che oggi siamo  abituati a pensare: quanto risparmiare, quanto guadagnare, quanti anni abbiamo da vivere, siamo pochi o molti? Invece Gesù sposta l’accento da “quanti” a “come” salvarsi! E questa risposta non è strana, nè maleducata. Cristo Gesù vuole insegnare ai propri discepoli come passare dalla curiosità alla saggezza, dalle sensazioni eccitanti ai veri, reali problemi della gente nel servizio del Regno di Dio. Lui sfrutta l’occasione per indicare quali sono le esigenze, i requisiti per arrivare  alla salvezza.
Indica ciò che non è sufficiente alla salvezza e ciò che è necessario. Non basta solo il fatto di conoscere storicamente Gesù o appartenere a una certa nazione, razza, tradizione o istituzione. “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. “Non so di dove siete”.
È necessario qualcosa di più!
E questo “qualcosa di più, Gesù lo vuole mostrare parlando della porta stretta. Dietro questo “di più” si nasconde la decisione di ciascuno di noi. Prendere una strada ripida e stretta ed essere segno di contraddizione. Il risultato finale è la vera libertà e la gioia dei figli di Dio.
In questo modo Gesù mostra due modi di essere nella Chiesa: i cristiani che credono e che non hanno nulla da rimproverarsi perché appartengono alla Chiesa, perché sono battezzati e battezzano i propri figli, perché coltivano alcune tradizioni dei padri; oppure i cristiani che vivono la loro fede cercando di amare Dio e il prossimo, pregando, collaborando per quanto possibile nella diffusione del Regno dei Cieli.
Ed io, a quale categoria di cristiani appartengo?  

XXII Domenica del Tempo Ordinario
Anno C

(Lc 14,1.7-14)

«Chiunque si esalta sarà umiliato,
e chi si umilia sarà esaltato
»

Dio esprime il suo amore in diversi modi. Tuttavia, per varie ragioni l'uomo potrebbe non notarlo.
Uno dei motivi principali di questo stato di cose è la superbia. La superbia è sgradevole a Dio e agli uomini. A nessuno piacciono i superbi. La superbia spinge gli uomini a non rispettare gli altri. È anche una fonte di molti altri peccati. Proprio di questo problema parlano le letture liturgiche di oggi. In ogni brano, in ogni strofa, la Parola è come il consiglio che vogliamo ricordare, accettare ed applicare.
            Già nella prima lettura Siracide ci insegna come comportarsi per non offendere gli altri  parole  inutili e allo stesso tempo, come guadagnare la grazia del Signore.
Chiaramente ci ammonisce: " Per la misera condizione del superbo non c’è rimedio, perché in lui è radicata la pianta del male. Il cuore sapiente medita le parabole, un orecchio attento è quanto desidera il saggio."
            Il Vangelo ci avverte di non agire quando siamo spinti dalla vanità e dall'egoismo. Ci invita a servire disinteressatamente, aiutare coloro che hanno bisogno, che non riescono a contraccambiare il nostro aiuto. Colui che dà interessatamente, aspettando qualcosa come contraccambio, dimentica che tutto abbiamo ottenuto da Dio gratuitamente.
            Le parole di Gesù nel Vangelo di oggi ci annunciano un futuro glorioso con la condizione che compiremo con la comprensione e la vera umiltà tutto quello che ci ha lasciato con i comandamenti e attraverso le parole del suo insegnamento. «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».
            Gesù Signore, insegnaci un amore fraterno che tende a condividere con tutti, quello che abbiamo, quello che a noi ogni giorno generosamente ci dai!

XXIII Domenica del Tempo Ordinario
Anno C

(Lc 14,25-33)

«Chi non rinuncia a tutti i suoi averi,
non può essere mio discepolo
»

Abbiamo i nostri problemi con i quali fatichiamo da soli oppure li condividiamo con i nostri cari, cercando di risolverli in qualche modo. Queste sono le nostre croci che portiamo, a volte per un tempo breve, a volte per tutta la vita. Ma dobbiamo ricordarci che queste croci sono la nostra connessione, unione con Cristo. Condividendo i nostri problemi-croci, abbiamo la possibilità di comunicare con il Signore. Da una parte, possiamo chiedere la soluzione, e d'altra parte, possiamo aiutare Gesù  portando le nostre croci.
            Questa è l'apertura all'amore e alla presenza di Cristo nella nostra vita, perché essere un buon cristiano vuol dire essere discepolo di Gesù, che mette in primo luogo il suo Maestro e si apre per ricevere, accettare la croce, non immaginata, poichè la croce non dipende da ognuno di noi.
Nel Vangelo di oggi, Gesù Cristo ci mostra la strada che conduce a «raggiungere la sapienza del cuore», pace e salvezza.
            Egli ci dice che questa è la via Crucis. Le sue parole sono chiare: " Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo" (Łk14, 27). "Portare la croce dietro Gesù" significa essere pronti per qualsiasi sacrificio per amore di essa. Significa anche che non ci sono altre cose più importanti di questo, neanche le persone più care, neanche la propria vita. È comprensibile che l'adesione a Cristo è una scelta difficile. Tuttavia, vale la pena perché anche se la via di Cristo non è facile, ma come conseguenza è un guadagno per noi.
            Gesù parlando della Croce ha aggiunto; "Seguimi", vale a dire, che anche noi dobbiamo portare la croce, ma non da soli. Andiamo sulle sue orme, e Lui andando ci illumina la nostra strada con il Suo esempio e la forza del Suo amore. Dobbiamo ricordare che Egli ci indica come portare la croce nel cammino della vita, come Lui, con amore e perseveranza. Non mettere in prima posizione il proprio successo, il proprio vantaggio o soddisfazione.
             Per la nostra riflessione di oggi, dobbiamo prendere in considerare un paio di citazioni dalle letture  odierne, che ci possono aiutare: "Quale, uomo può conoscere il volere di Dio? Chi può immaginare che cosa vuole il Signore?" (Sap 9,13). Il grido di San Paolo per l'ammissione può essere considerato come un grido a Dio di portarci alla sua gloria: " forse è stato separato da te per un momento: perché tu lo riavessi per sempre; non più però come schiavo, ma molto più che schiavo, come fratello carissimo" (Fm 15-16). Alla fine le due parabole evangeliche, ci danno l'opportunità di riflettere che l'imitazione di Cristo è una cosa molto importante e impegnativa, non si può quindi cominciare con leggerezza. Qui, solo il proprio desiderio, i propri calcoli non bastano. Abbiamo bisogno di aprirsi alla grazia di Dio, che Dio dà abbondantemente per coloro che vogliono essere fedeli a Gesù, "guardiamo la nostra vocazione –" riusciamo a seguire Cristo, gravato con nostri pesi temporali, il nostro peccato, la nostra routine quotidiana? Il Signore Gesù dice che dobbiamo intraprendere la fatica, perché la strada verso il Regno di Dio, è piena di ostacoli e una croce portata con amore distrugge qualsiasi barriera e apre la porta del paradiso.
Gesù Signore, insegnaci un amore fraterno, che tende a condividere con tutti quello che abbiamo, quello che a noi ogni giorno generosamente ci dai!

XXIV Domenica del Tempo Ordinario
Anno C

(Lc 15,1-32)

«Ci sarà gioia in cielo per un solo peccatore che si converte»

Non è raro che nella nostra mente è la ribellione e la contrarietà, visto che coloro che sono lontani da Dio, vivono meglio, nella prosperità e apparente gioia. Tuttavia, dovremmo comprendere il principio dell'amore di Dio e uguaglianza che Dio usa, perché dà a tutti la possibilità di conversione e di fede. Questo principio Lui applica anche a noi, perché troppo spesso Lo rattristiamo con cattive azioni o pensieri.
L’esempio abbiamo già nella prima lettura, dove Dio vede le cattive azioni di Israele, tuttavia, decide di perdonarli e dare una mano. Mosè ha chiesto al Signore il perdono e "Il Signore si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo".
Con una bella testimonianza della fede nella vita ci incontriamo nella seconda lettura, dove San Paolo ricordando il suo passato, proclama la misericordia, che è stata usata a lui e con gioia e umiltà confessa: "Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io".
Invece le parabole evangeliche, raccontate da Gesù sottolineano la gioia di un uomo che ritrova una cosa perduta. Due di loro mostrare la preoccupazione di Dio per quello che sembra piccolo, insignificante, sofferente, perso che necessita aiuto.
Così il pastore con grande gioia prende sulle spalle la pecora smarrita e la porta all’ovile; e con le vicine di casa gioisce la donna che ha trovato la moneta perduta.
La terza parabola del “Padre misericordioso”, che abbraccia il figlio perduto e ritrovato è l’immagine di Dio Padre, che apre le sue braccia di benedizione e di misericordia e sempre aspetta i suoi figli, specialmente coloro che hanno sbagliato la strada e non riescono a ritrovare la direzione giusta. Le sue mani sostengono, abbracciano, incoraggiano, consolano, guidano e danno un tocco di carezza. Sono allo stesso tempo, le mani di paterne e materne. "Il ritorno a casa" del figlio prodigo, ci mostra l’incontro del padre con l'umanità, della misericordia divina con la debolezza umana.
Nella figura del figlio maggiore il padre celeste ci chiama alla misericordia reciproca, perché Lui è Dio misericordioso e Padre di tutti, anche di quelli che errano. Lui vuole dare la misericordia e l’amore a ogni uomo.
Rendiamo grazie per tutto, perché tutto ciò che Dio manda, o permette, ha una dimensione redentrice. Preghiamo perché nessuno di noi manchi mai nella nostra Comunità.

Madre Santissima, Ti preghiamo di sostenerci nella costruzione dell’unità e dell’amore.

XXVI Domenica del Tempo Ordinario
Anno C

(Lc 16,19-31)

«Nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni,
e Lazzaro i suoi mali; ma ora lui è consolato,
tu invece sei in mezzo ai tormenti
»

Il momento della morte arriva per tutti,  dopo la morte non ci saranno differenze tra ricchi e  poveri,  "credenti" e  "non credenti". Noi tutti saremo davanti al Giudice Giusto. Bisogna ricordarci e quindi prendere in considerazione la sofferenza dopo la morte.
La mancanza della pietà sulla terra si rivolterà contro i non misericordiosi.
Proprio questo dobbiamo meditare nella nostra coscienza ascoltando le letture di oggi.
Che cosa sono la povertà e la sofferenza?
Umanamente parlando, possiamo solo sognare, che non rimarremo mai colpiti dalle sofferenze, invece, spesso proprio sono le sofferenze che ci spingono a lottare per un futuro migliore e di porre la nostra speranza in Dio. Preferiamo non vedere le persone che cercano nei bidoni della spazzatura, che dormono per terra in una  stazione o sui marciapiedi, che chiedono l’elemosina e, se per caso li troviamo, li vediamo questo per noi è la prosa della vita, perché spesso li consideriamo folklore, l’immagine d’ogni giorno, o come esempio di disagio nella vita.
Ma non è così!
Anche loro avevano i propri sogni, il loro progetto di vita e ora sono poveri materialmente, ma quello che è peggio, è se lo fossero anche spiritualmente!?
Le letture di oggi, contrariamente alle apparenze, non trattano dei gruppi sociali, ricchi, poveri o disagiati . La base per la riflessione è il nostro atteggiamento, le nostre azioni durante il cammino sulla terra. Tutti dobbiamo camminare verso la vita eterna del paradiso. Come annota San Paolo scrivendo a Timoteo: «Tu, uomo di Dio, evita queste cose; tendi invece alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza. Combatti la buona battaglia della fede, cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato e per la quale hai fatto la tua bella professione di fede davanti a molti testimoni».
In realtà, il tema principale del vangelo di oggi è la fede nei messaggi. Ciò che ci comunica la Sacra Scrittura unitamente al contenuto delle prediche svolte dai sacerdoti, poiché questo riguarda tutti noi, la nostra vita temporale ed eterna. Ascoltando le prediche, a volte, si ha l'impressione che le parole dette dal pulpito non ci riguardino. Ma, se queste parole le metabolizziamo e le accogliamo nel nostro cuore, ci rendiamo conto che ogni parola pronunciata durante la Liturgia della Parola diventa  per ciascuno di noi esclusiva  e molto personale. Alcune volte, queste parole svegliano in noi un azione immediata, altre volte bisogna aspettare un’occasione propizia affinché queste parole siano come un seme che possa germinare, poiché nessuna parola di Dio andrà perduta ma sempre porterà alla salvezza.
Gesù Cristo, aiutaci a vederTi in tutti noi. Donaci la grazia dello Spirito Santo per farci capire dove stiamo andando e come dobbiamo guardare e vedere i nostri fratelli .  

XXVIII Domenica del Tempo Ordinario
Anno C

(Lc 17,11-19)

«Non si è trovato nessuno che tornasse indietro
a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero
»

Il Vangelo di oggi ci presenta l’eterno problema della mancanza di gratitudine per la grazie ricevute e la mancanza della comprensione delle cose soprannaturali.
L’esempio dei dieci guariti, dei quali solo uno ringrazia per il dono ricevuto, ci mostra come è facile considerare i miracoli come  cose quotidiane. Ricordiamo che la guarigione, la salute, la prosperità o il successo nella vita non sono spontanee, ma in parte, dipendono da noi stessi e anche dalla nostra fede, perché Dio ascolta le nostre suppliche nella misura della fiducia che in Lui riponiamo.
Nel Vangelo odierno, si intrecciano le parole: grazia, gratitudine, fede e la vita nella fede. Non è la prima volta che sentiamo parlare dei miracoli e dei segni di Gesù  legati con la fede. Quando vedeva la fede – compiva il miracolo. Proviamo a richiamare alcune citazioni che confermano questa affermazione: «Non temere, soltanto abbi fede!» (Mc 5,36); «Tutto è possibile per chi crede» (Mc 9,23); «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va' in pace!» (Lc 8,48); così come anche le parole di oggi: «Àlzati e va'; la tua fede ti ha salvato!» (Lc 17,19).
Quindi,  la fede deve precedere il miracolo, è una condizione della sua realizzazione, ma nello stesso tempo, la fede è la conseguenza del miracolo, perché nasce nel cuore di quelli che lo hanno sperimentato e di chi è testimone. Allora la fede è la nostra risposta  alla Parola di Dio. Torniamo però ai lebbrosi del Vangelo di oggi, a il loro atteggiamento dopo che hanno sperimentato la grazia di Dio.
Da che parte siamo noi?
Dalla parte di questo uno o di quegli altri nove?
Dio ogni giorno ci bagna con le sue grazie. Tramite qualcuno ci sorride, attraverso un altro guarda la nostra salute perché possiamo ancora  fare qualcosa di buono. Altri ammirano la bellezza della natura, il potere delle montagne e dei mari e non riescono a vedere il Creatore. Ma tutto quello è comunque il dono di Dio a noi.
Ma noi invece siamo coscienti che tutto quello che riceviamo di buono è un dono di Dio? Vediamo solo il dono o anche il Donatore?
Maria santissima, insegnaci l’atteggiamento dell’umiltà e della gratitudine e  conduci noi attraverso la vita terrena alla vita eterna!  

XXIX Domenica del Tempo Ordinario
Anno C

(Lc 18,1-8)

«Dio farà giustizia ai suoi eletti che gridano verso di lui. »

Come rimanere nella fede? Molto semplice, basta credere che Dio, sempre e in qualsiasi momento, ci ama e vuole il nostro bene, la nostra salvezza. Basta  credere che la potenza di Dio attraverso lo Spirito Santo e Gesù Cristo ci fa vivere, vincere e aspettare ciò cui siamo destinati, la salvezza. I testi delle Scritture di oggi ci dicono quanto è importante  la fiducia e la certezza che Dio ci aiuterà.
Nella lettura presa dal Libro dell’Esodo abbiamo un esempio di fede nelle promesse di Dio, che aiuterà Israele a sconfiggere  Amalek. È la fede di Mosè e l’obbedienza a Dio che ha dato la vittoria al popolo israeliano. Le mani sollevate di Mosè mostrano che la vittoria del popolo di Israele dipende più dall'aiuto di Dio, piuttosto che alla forza d'animo.
L’esempio della vedova e del giudice è per noi una lezione, ci insegna, infatti, che Dio ascolta i gemiti di chi fa appello a lui con fiducia e perseveranza. Appellarsi a Dio significa parlare con lui, chiedere, ringraziare, e quindi, pregare e credere che Dio verrà in aiuto a chi si fida e con perseveranza chiede!
Gesù Cristo, con chiarezza ci dice che dobbiamo: "pregare sempre, senza mai stancarci". Una preghiera rivolta a Dio è la nostra conversazione con lui: o chiediamo un favore, o ringraziamo attraverso la preghiera, importante è rivolgere i nostri pensieri e le nostre parole a Dio, che solo attende  di essere unito a noi.
Unica cosa che preoccupa Gesù, e dovrebbe preoccupare anche noi, nel contesto dei nostri tempi, è ciò di cui si parla nell'ultima frase del Vangelo di oggi: " Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?"
La troverà?

Santa Maria, Madonna del Rosario, per la Tua intercessione, preghiamo il Tuo Figlio Gesù, perché in questi tempi così difficili si sappia dare la testimonianza della fede, in attesa della venuta del Signore. Per Cristo, con Cristo e in Cristo. Amen.  

XXX Domenica del Tempo Ordinario
Anno C

(Lc 18,9-14)

«Il pubblicano tornò a casa giustificato, a differenza del fariseo. »

Fariseo o esattore delle tasse?
Valutazione e autovalutazione – che problema difficile. Quali criteri di valutazione applichiamo agli altri e a noi stessi? Sono uguali? Guardando la propria vita e quella delle altre persone: eventi, attività, disgrazie e successi; ognuno di noi vede tutto questo  in modo diverso. Se dovessimo vestire di parole  quello che pensiamo,  ci sarebbero così tante versioni di abbigliamento inteso come valutazione, quanti siamo noi. Tuttavia, ora proviamo a concentrarsi esclusivamente sulla nostra vita e sulla nostra fede.
La parola, che leggiamo oggi nelle Scritture, dovrebbe arricchire le nostre riflessioni su come guardiamo  Dio, come Lo vediamo, come Lo trattiamo. L’uomo sano, spesso non riesce a capire i problemi delle persone malate, disabili, ma ognuno di noi, sano o malato, dovrebbe sentire la gioia che abbiamo il privilegio della fede, che ci permette di sentire l'amore, la speranza e la gioia del nostro unico Padre nei cieli.
Ma la fede, la nostra fede, non è esattamente la fede, che ha infuso in noi Gesù Cristo attraverso il battesimo, che ci ha dato lo Spirito Santo, che aspetta il nostro Dio Padre e Creatore. Spesso ci basiamo, per comodità, solo sulla nostra interpretazione della fede per  adattarla alle nostre esigenze.
Non è un caso, che proprio oggi nella liturgia della parola ascoltiamo le parole sulla bontà di Dio, sul sacrificio per lui e sulla fede profonda. Dio“ Non trascura la supplica dell’orfano, né della vedova quando si sfoga nel lamento. Chi la soccorre è accolto con benevolenza, la sua preghiera arriva fino alle nubi."
Anche San Paolo, alla fine della vita confessa: "Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione.” Vedendo l’unica via di salvezza, non esitò un attimo a proclamare il Vangelo di Dio, di Gesù, di fede e di amore.
Alla fine un esempio, due tipi di fede presentate da Gesù stesso, la fede di un fariseo e la fede di un esattore delle tasse.
Questa parabola ci insegna come custodire la fede ed evitare la falsa autostima. La remissione dei peccati, il perdono, non si fanno da se, ma li otteniamo da Dio, Uno e Trino.  Dio ci dà le guide, le persone reali prese dal popolo e per il popolo sono stati istituiti i sacerdoti che ci indicano la strada giusta.
Forse vale la pena di esaminare queste letture per far crescere la nostra fede e vedere dove siamo? E tutto ciò non per gli onori e la gloria terrena, ma per essere certi di essere accolti da Dio stesso nel paradiso, perché: «chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

Madonna del Rosario, dacci la giusta visione della fede e della Chiesa, affinché non perdiamo la strada che ci conduce al Tuo Figlio Gesù!

XXXI Domenica del Tempo Ordinario
Anno C

(Lc 19,1-10)

«Il Figlio dell’uomo era venuto a cercare e a salvare
ciò che era perduto.
»

Voleva vedere il Messia, ed è stato visto da lui.
I nostri desideri attirano  l'attenzione di Dio più che le nostre opere. Sugli alberi di solito si arrampicano i bambini, anche se a volte è l'unico modo per essere amati da Gesù, che era solito dire: “chi non diventa come un bambino, non entrerà nel regno dei cieli!”
Un uomo adulto arrampicato su un albero può sembrare ridicolo, infantile, ma per permettersi un tale atto,  deve rinunciare alla severità con se stesso, al suo prestigio per diventare ancora più piccolo di quanto non lo sia.
Zaccheo era “piccolo di statura”, ma il salire su un sicomoro probabilmente lo ha reso ancora più piccolo. E quando Gesù è andato a casa sua, il capo della dogana ancora di più ha ridotto il suo valore e prestigio, perché ha rinunciato alla gran parte della sua fortuna. Chi è più vicino a Dio, sempre sembra più piccolo agli occhi degli altri e sicuramente anche  ai propri. La santità, più facilmente, trova quelli che pensano di aver perso la strada verso Dio.
Zaccheo una volta sola nella vita ha incontrato Gesù e questo era sufficiente per cambiare tutta la sua vita e indirizzarla verso l'eternità.
Mi consola la parola di Gesù, che confessa, che Lui è venuto nel mondo per cercare quelli che si sono persi lungo la strada.
Quando leggo questo versetto, si rafforza in me la fiducia, che un giorno troverà anche me se, per caso, mi allontanassi dalla strada che Lui sempre amorevolmente mi indica!
Dio ama chi dona con gioia!  

XXXII Domenica del Tempo Ordinario
Anno C

(Lc 20,27-38)

«Dio non è dei morti, ma dei viventi

Come saremo dopo la morte e la risurrezione?

La maggior parte delle persone immaginano, come dopo la morte le nostre anime, balzando dai corpi, faranno un grido di sollievo: Meno male, sono libera! Quanti di noi pensano della vita eterna come di una vegetazione eterea? Ma questa immagine è un eco delle opinioni di Platone e non della Bibbia. Secondo queste idee, non l'uomo, ma solo la sua anima, un solo "elemento" risusciterebbe dai morti, lasciando il corpo nella tomba. E così dimentichiamo il CREDO che ogni domenica recitiamo: "Credo nella risurrezione della carne". Il corpo fisico diventerà una manifestazione materiale della natura spirituale dell'uomo. Il corpo fisico è un modo di esprimere nel mondo materiale la spiritualità dell'uomo, la propria maturità spirituale.
Ma chi saremo là? Ombre? Anime? Una parte di noi stessi? Ci assomiglieremo tutti? Manterremo il nostro genere, il nostro sesso? E se sì, a che cosa ci servirà, se Gesù dice che: “quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: perché sono uguali agli angeli”?
Per cominciare, diciamoci chiaramente che già qui sulla terra, con il trascorrere degli anni, anche il nostro corpo cambia, cambia il nostro aspetto, a volte è così tanto evidente che la gente che non abbiamo visto per diversi anni, stenta a  riconoscerci pur essendo le stesse persone.
Le stesse ma molto diverse! Non un solo grammo di materia non è lo stesso di 10 anni fa. E durante la vita cambiamo anche le nostre convinzioni, idee o anche la fede, così che non ci riconosciamo nella nostra trasformazione mentale.
Sempre qualcosa in noi muore e qualcosa resuscita, sia sul livello materiale che spirituale. Quindi non credo che la risurrezione sarà solo un movimento, un’animazione dei cimiteri. Questa visione mi sembra grottesca e ingenua. Significherebbe solo riesumare vecchi cadaveri, non la risurrezione ad una nuova qualità della vita.
Morte e resurrezione appaiono nella Bibbia piuttosto come qualcosa di drammatico, il balzo finale verso un CAMBIAMENTO FISSO, verso la qualità della vita interamente donata da Dio in Cristo Gesù.

XXXIII Domenica del Tempo Ordinario
Anno C

(Lc 21,5-19)

«Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita.»

Come immaginiamo il nostro futuro, non solo questo temporale, ma anche e soprattutto, quello dopo la nostra partenza, dopo la discesa, o se si vuole, dopo la nostra morte? Come vedono questo gli autori della Sacra Scrittura? Che cosa ci promette Gesù Cristo? Come presentano questo argomento, recentemente diventato di moda, l’apocalisse proclamata dai falsi profeti di oggi? Come noi viviamo questa verità?
Le Letture di questa domenica ci invitano a riflettere sulle verità delle cose ultime: la morte, il giudizio universale, il cielo, il purgatorio e l'inferno. La liturgia ci racconta il "Giorno del Signore", quando Cristo ritornerà "nella gloria per giudicare i vivi ei morti". Il giudizio di ogni singolo essere umano è alla fine del suo pellegrinaggio terreno. Allora, per noi morire, vuol dire poter sperimentare la fine del mondo? Perché vogliamo a tutti i costi salvare le nostre vite?
Restano tante domande e tante previsioni.
Si dà il caso, che noi cristiani, abbiamo a chi poter chiedere. Abbiamo testi e profezie sacre, che annunciano il nostro futuro, del quale purtroppo abbiamo paura.
In questo tema, ci introducono le lettura di oggi, che preannunciano ciò che deve avvenire, come dobbiamo comportarci, che cosa dobbiamo evitare, come prepararsi per questo avvenimento.
Sia il profeta Malachia, sia San Paolo, come anche il Vangelo ci danno le risposte  ai problemi e alle domande che ci affliggono per tutta la vita.
Le parole di Gesù dissipano tutti i dubbi su cosa, come e quando sarà;  allo stesso tempo spiegano come dobbiamo comportarci e cosa evitare. A coloro che credono in Lui, Cristo promette: " Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere"(Lc 21,14-15)
Oggi i mass-media, attraverso le cronache, tendono ad indirizzare, captare, canalizzare la nostra attenzione per le sensazioni che proviamo, basandosi quasi esclusivamente su queste e su di queste si basano e su queste anche guadagnano. Ma anche se, la grandezza e i tipi dei disastri sono importanti,  essenziale è, l’uomo e la sua conversione: ognuno di noi incontrerà il destino che con la sua vita terrena si è preparato, con le sue azioni e con la sua fedeltà a Cristo, nonostante le varie tempeste della vita.
Gesù Cristo, facci capire ogni tua parola, ogni parabola, ogni insegnamento, perché possiamo avvicinarci a Te e con grande fiducia aspettare la tua seconda venuta sulla terra. Per Cristo, con Cristo e in Cristo.  

XXXIV Domenica del Tempo Ordinario
Domenica di Gesù Cristo Re dell'Universo
Anno C

(Lc 23,35-43)

«Signore, ricordarti di me quando entrerai nel tuo regno.»

Anche se non ha mai portato una corona reale, non ha mai avuto lo scettro in mano e non si è mai seduto su di un trono regale, il titolo di Re, a Lui, completamente gli appartiene.
Lui regna nelle menti degli uomini, non a causa della profondità della mente o dell'estensione della sua conoscenza, ma perché Egli stesso è la Verità,  la gente da Lui dovrebbe attingere la verità e di buon grado accettarla.
Per tutto quello che ha detto e predicato, ha attirato e attira molte persone anche oggi. Praticamente da più di 2000 anni il Suo nome non scende dalla bocca, e quando si parla di Lui, si pronuncia il suo nome, spesso si piegano le ginocchia. Oggi sarebbe anche lo stesso come era allora - dubito che avrebbe cambiato qualcosa, forse solo utilizzerebbe di più le risorse e i mezzi di comunicazione. Ma anche questo non sarebbe necessario, perché le sue parole, i gesti e le azioni arriverebbero a tutti noi con la stessa chiarezza. Proprio questo è Gesù Cristo.
Ma noi, guardando oggi il Crocifisso, cosa pensiamo? Vediamo in Lui il nostro Signore, che nella promessa della nostra salvezza ci abbraccia con il suo amore? O Lo guardiamo solo storicamente, sentendo dolore e dispiacere, ma non vediamo in Lui il Re, Dio, il Supremo autore e donatore di ogni bene?
Il Vangelo di oggi ci ricorda gli ultimi momenti di Gesù Cristo sull'Albero della Morte, la risposta ai problemi e alle domande con le quali  nutriamo la nostra vita.
Gli scherni dei farisei e dei soldati dovevano ridicolizzare l’attività e la vita di Cristo Gesù. Invece hanno evidenziato di più la verità che viviamo, che in realtà Gesù Cristo è il Re, non solo - come è scritto sulla croce – degli Ebrei, ma anche il nostro e di tutti i cristiani, di tutti i credenti, di tutto l’Universo.
Le parole rivolte al buon ladrone tolgono ogni dubbio su cosa, come e quando.
Possiamo accettare queste parole come rivolte a ciascuno di noi - credi e starai con me!
Gesù, permettici di credere in ogni tua parola ed essere sempre più vicino a Te aspettando con fiducia la Tua seconda venuta sulla terra.
Per Cristo, con Cristo e in Cristo.

 

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