Le riflessioni delle domeniche dell'Avvento dell'anno liturgico "C"
(Anno civile 2009)

Indice:

I Domenica di Avvento
II Domenica di Avvento
III Domenica di Avvento
IV Domenica di Avvento

 

I Domenica d'Avvento

Lc 3, 1-6

"La voce che grida nel deserto!"

Ogni anno, in questi giorni, noi Lo attendiamo: solo Lui può liberarci.
Qualcuno Lo attende e già Lo conosce. La Bibbia parla di Lui. Altri Lo conoscono vagamente. Qualcuno non ha mai sentito parlare di Lui.
Eppure, tutti quelli che sono prigionieri del male (chi può dire di non esserlo mai stati?) lo aspettano, coscientemente o incoscientemente.
Avvento vuol dire: viene il Signore, noi lo attendiamo. Ci porta la liberazione dal male, ci salva! È venuto nella carne duemila anni fa!
Viene ogni giorno nell’Eucaristia. Lo puoi ricevere dentro di te. Viene col suo corpo e col suo sangue. Il sacerdote te lo dona: “È il corpo di Cristo!” Tu dice: “Amen”, è vero, ci credo!
Verrà alla fine dei tempi, con grande potenza e splendore. “Non vi impigrite – ci ammonisce il Vangelo – altrimenti vi dimenticherete di quel giorno e vi piombi addosso improvvisamente…”
“Quel giorno…”
Che importa se sarà tra miliardi di anni!
È un giorno ben fissato, già determinato.
Ogni ora, ogni minuto che scorre è un passo verso “quel giorno”.
Verrà per tutti, nessuno escluso. Ci saranno tutti e, finalmente, trionferà la giustizia.
Sarà la vittoria definitiva del bene sul male. Lo afferma chiaramente la Bibbia con le parole di San Paolo: “Poi Cristo distruggerà ogni dominio, autorità e potenza, e consegnerà il regno a Dio Padre: allora sarà la fine…” (1Cor 15, 24

 

II Domenica d'Avvento

Lc 21,25-28.34-36

"Rallegrati, il Signore è vicino"

L’Avvento – questo non è solo il tempo della nostalgia e attesa, della vigilanza e della fede. Questo è anche il tempo della speranza. In questo spirito della speranza gli Israeliti aspettavano la venuta del Messia. Lo stesso spirito li illuminava lungo la strada alla Terra Promessa e nel tempo della schiavitù. Le parole del profeta Baruc, che hanno incoraggiato il popolo eletto alla fiducia, sono espressione di questo atteggiamento.
La speranza e la fiducia erano i motivi dominanti dell’attività del predicatore dell’Avvento – San Giovanni Battista. Quell’atteggiamento troviamo anche nella lettera di San Paolo ai Filippesi. Benché si trovasse in prigione – ha mandato le parole di incoraggiamento ai fedeli: “È sono persuaso che colui che ha iniziato in voi quest’opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù”.
Lo spirito di speranza più di una volta ci ha aiutato a sopravvivere i momenti duri della nostra vita. Esso si sveglia e si scuote in modo più profondo prima del Natale. Eppure l’avvento è il ricordo della triplice venuta di Cristo: la venuta storica della Sua nascita; l’altra venuta alla fine del mondo e la venuta attuale di oggi ai singoli cuori ed a tutta l’umanità. La speranza cristiana riguarda proprio questa triplice venuta del Salvatore.
Allora, la domenica di oggi vuol dirci: “Abbiate fiducia!” Abbiate fiducia nella vita quotidiana e in quella spirituale. Di fronte a Dio e di fronte agli uomini. Nella gioia e nella tristezza. Nella vita e vicino la morte. Eppure siamo i Suoi figli. Eppure tutti siamo fratelli. Eppure Lui è il nostro Salvatore. Lui è Gesù! E Gesù – significa più di un fratello o una sorella, più di un amico, più del padre o della madre. Lui è tutto!

III Domenica d'Avvento

Lc 3, 10-18

"Che cosa dobbiamo fare?"

Una vecchia leggenda racconta che Eva, lasciando il paradiso ha preso con sé una brocca di gioia. Ma alla vista dell’Angelo con la spada di fuoco vicino la porta del paradiso si è spaventata e ha rotto quella brocca. Sono rimasti solamente i cocci.
Questa è una leggenda. Osservando però, la storia dell’umanità sembra che quella contiene un po’ di verità. In realtà tutti siamo diventati i collezionisti dei cocci della gioia. La cerchiamo dappertutto. Cerchiamo la gioia nei libri e nella televisione, nel divertimento o nei viaggi; ci attira una nuova macchina o la casa più comoda. Cerchiamo la gioia, benché spesso questa se ne va e fugge lasciandoci la tristezza e il rancore, l’amarezza e lo scoraggiamento alla vita.
Però, tutti siamo chiamati alla gioia. Già il popolo eletto era chiamato alla gioia. Il profeta Sofonia incoraggiava il popolo con gli inni di gioia: “Gioisci, figlia di Sion, esulta Israele, e rallegrati con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme”.
San Paolo pur essendo in prigione, chiama fedeli alla gioia: “Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi. Il Signore è vicino!”.
Probabilmente la tristezza e la malinconia erano non solo nell’uomo dei nostri tempi, ma anche avvelenavano il clima delle prime comunità cristiane. Forse pensavano che il cristiano fosse un essere privo di gioia. Forse non si sono ricordati delle parole del messaggio di Gesù: “Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli”.
Dobbiamo, però, sapere che la gioia non viene dal possesso della bellissima casa o della vita comoda. Non la danno i soldi o la posizione alta nella società. La gioia viene dalla coscienza pura, e si sviluppa e cresce nel clima dell’amore e della bontà. Dobbiamo ricordare questo in modo particolare prima delle feste di Natale, perché queste sono un’esplosione di gioia.
La tristezza paralizza la vita – la gioia l’aumenta; la malinconia imprigiona l’uomo – la gioia dà la libertà; la tristezza porta le malattie del corpo e dell’anima – la gioia guarisce; la tristezza acceca l’uomo – la gioia lo illumina.
Concludiamo la nostra riflessione con una breve preghiera basata sulla preghiera semplice di San Francesco:

Signore, fà di me uno strumento di gioia.
Fa che io non pensi solo a me stesso ma anche agli altri;
che io versi la bontà – dove domina cattiveria;
l’amore – dov’è l’odio;
la fede – dov’è il dubbio;
la consolazione – dov’è la tristezza;
che io viva la Tua nascita in me e negli altri. Amen!

IV Domenica d'Avvento

Lc 1, 39-45

"E beata colei che ha creduto nell’adempimento
di ciò che il Signore le ha detto"

L’Avvento è l’annuncio della felicità, poiché la fede e la nostalgia, la speranza e la gioia già creano la felicità. La felicità invece è la bontà perfetta che appaga il più grande desiderio. Questa bontà è Dio. Perciò ogni avvicinamento a Lui è l’annuncio e la strada alla felicità. Su questa strada nasce la felicità.
Non è strano, che il profeta Michea, già otto secoli prima di Cristo invocava felicemente: “E tu, Betlemme di Efrata, così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda, da te mi uscirà colui che deve essere il dominatore in Israele… e tale sarà la pace”. Sentendo questa notizia gioiosa, si è sentito felice non solo il profeta ma anche tutto il popolo. Si sono sentiti felici gli abitanti di Betlemme.
Però tanto più felice è stata Maria che “ha trovato grazia presso Dio” e subito dopo la concezione di Gesù si è recata dalla sua cugina Elisabetta. Alla vista di Maria anche nel cuore di Elisabetta nacque la felicità, e “il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?”
Anche noi dobbiamo sentirci felici, perché viviamo nel mondo redento da Cristo. L’espressione di questa felicità sono le feste di Natale che viviamo ogni anno. Lo spirito della felicità dovrebbe animare il nostro avvento liturgico e quello della vita. Perché noi siamo “condannati” alla felicità.
È vero che la felicità non si trova in negozio, non si può comprarla, ma anche è vero che si può trovarla dappertutto. Basta aprire bene gli occhi. La felicità – è il solo che sorge la mattina, il giorno pieno di fatica o la notte stellata. La felicità si può vedere negli uccelli che cantano o nel vento o nella pioggia. La felicità – è amore.
La fede e la consapevolezza che Dio ci ha amati e che noi Lo amiamo – questo è il senso fondamentale della felicità dell’Avvento e l’annuncio della gioia futura.

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