Le riflessioni delle domeniche dell'Avvento dell'anno liturgico "C"

Indice:

I Domenica di Avvento
II Domenica di Avvento
III Domenica di Avvento
IV Domenica di Avvento

 

I Domenica di Avvento

«Vegliate e pregate in ogni momento,
perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che deve accadere,
e di comparire davanti al Figlio dell'uomo...»

Il Cristianesimo è la religione dell’attesa. Ciò significa che la nostra vita non si compierà totalmente qui e adesso, e la terra non è la nostra patria ma solo una tappa sulla strada. Per questo non dovremmo legarci troppo alle persone o alle cose.

Che cosa aspetta un cristiano? Aspetta la grazia che gli serve per condurre la vita religiosa. Aspetta il perdono quando ha fatto un peccato; vuole sperimentare la vicinanza di Dio e ancora tante altre cose. Soprattutto, però, aspetta il giorno finale del quale parla il Vangelo di oggi.

Questa attesa è un elemento molto importante della nostra vita. Proprio questo ci tiene nello stato permanente di vigilanza e ci mostra una prospettiva particolare che chiamiamo: eternità. In quest’attesa possiamo trovare il senso profondo del mondo, la tristezza umana del momento fugace, ma anche la coscienza del ritrovo finale e della speranza.

Che cosa succederà in quel giorno? La Sacra Scrittura dice che questo sarà un giorno tremendo. Ma questo sarà anche il giorno della sorpresa quando sarà rivelata la miseria dei grandi di questo mondo e la bellezza di quelli, che consideravamo  persone comunissime. Alloratutte le ricchezze materiali perderanno il senso. Soprattutto quel giorno sarà il giorno della verità. Nella verità vedremo non solo gli altri ma noi stessi. Speriamo, che questa verità non sarà tragica per noi.

L'ultimo giorno sarà nello stesso momento il primo e ci incontreremo faccia a faccia con il Figlio dell’Uomo e cominceremo una nuova vita.

Quando verrà questo giorno? Nessuno degli uomini lo sa. Sappiamo solamente che verrà di sicuro.

 

 

Ritorno all'Indice

II Domenica di Avvento

Lc 3,1-6

«Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
radrizzate i suoi sentieri!
Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!»

Nel Vangelo di oggi ci richiama alla conversione San Giovanni Battista. La chiamata semplice, e un mare di problemi. Da che cosa dobbiamo convertirci? Forse dal fatto che abbiamo offeso Dio? Forse dobbiamo scendere dall’albero della "curiosità" come Zaccheo e rimborsare tutti quelli che abbiamo frodato? Forse dobbiamo rinunciare all'odio e a tanti altri peccati?

Non solo questo! Oggi la conversione significa ritrovare se stesso. L’uomo si è perso nella matassa dei diversi legami. Ha rinunciato al pensare autonomo e alle proprie convinzioni a favore di tutto quello che trasmette la radio, la televisione o scrivono i giornali. Ha perso la propria spiritualità. Ha permesso, che gli altri decidano per lui. Ha smesso di essere artefice ed è diventato solamente un esecutore. Ha abbandonato il proprio intimo e ha cominciato a vivere fuori di sé. La sua immagine di Dio è diventata un ammasso di quello che dicono su di lui i giornali, la radio e la televisione. Non è Dio rivelato sulle pagine della Rivelazione e nella preghiera. Non è Dio vero. Spesso è solamente una cosa fatta dagli uomini. Per questo è debole, impotente, e ognuno riesce a chiudergli la bocca.

Per tanti Dio è un Dio muto, che non è in grado di smuovere le coscienze – non è Dio vivo, sensibile, misericordioso e giusto.

La Chiesa oggi è spesso un argomento per la discussione. E noi non ci sentiamo le sue membra anche se… una volta ogni tanto andiamo alla Santa Messa.

Prima di cominciare a parlare della conversione, dobbiamo riflettere sulle domande fatte all’inizio, le domande dure, e dobbiamo precisare il posto dove ci troviamo. Solamente così possiamo scoprire la verità su noi stessi che comincerà a liberarci e piano piano ci condurrà a Dio Creatore e Salvatore; e Lui diventerà la nostra forza e la nostra speranza.

 

Ritorno all'Indice

III Domenica di Avvento

Lc 3,10-18p

«Che cosa dobbiamo fare?»
Rispondeva...
Con molte altre esortazioni annunziava
al popolo la buona novella.p

Giovanni Battista del quale parla il Vangelo di oggi era davvero un profeta adirato quando vedeva l’illegalità umana oppure quelli che erano venuti ad ascoltarlo solamente per curiosità, senza proposito di cambiare la vita. (Quanti di noi vengono con questo spirito in chiesa?). Per questo diceva: "Razza di vipere, chi vi ha insegnato a sfuggire all’ira imminente? …la scure è già posta alla radice degli alberi; ogni albero che non porta frutto, sarà tagliato e buttato nel fuoco".

Era anche molto concreto e, possiamo dire, molto attuale. Non esigeva le cose impossibili, ma la profonda lealtà e onestà umana. Alla domanda: "Che cosa dobbiamo fare?" rispondeva: se hai qualcosa per dividere con gli altri – fallo. Agli esecutori delle tasse raccomandava comportarsi secondo la legge, senza richiedere nient’altro, ai soldati – di non opprimere nessuno e soddisfarsi della propria paga.

Giovanni non esigeva solamente dagli altri ma anche da se stesso. Lui sapeva bene che fosse solo il precursore di Quello che doveva venire e sempre era attento alla Sua Voce. Conduceva la vita da eremita. Sapeva bene che le sue dure parole devono essere confermate con la vita dura.

Quando la gente faceva le speculazioni, che lui poteva essere il Messia, ha detto chiaramente, che sta solo preparando la strada per Uno che sta per venire. Così ha capito la sua vocazione, e così la compiva.

Quando guardiamo l’atteggiamento di Giovanni Battista e proviamo paragonarlo con gli attivisti d’oggi, anche quelli religiosi, allora vengono pensieri tanto tristi. La Chiesa, la Patria, troppo spesso sono solamente un paravento per le ambizioni esagerate.

Ritorno all'Indice

IV Domenica di Avvento

Lc 1,39-48a

«Benedetta tu fra le donne,
e benedetto il frutto del tuo grembo!»
«L'anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore...»

Elisabetta, la madre di Giovanni Battista e Maria, la Madre del Salvatore. Si sono incontrate ancora prima della nascita di Giovanni e di Gesù. Quando Maria è entrata nella casa di Zaccaria, come racconta il vangelo di oggi, Elisabetta ha pronunciato le parole che da sola non poteva pronunciare o neanche inventare, perché era una ebrea molto fedele. Per gli Ebrei Dio è uno, non comprensibile e non immaginabile. Non poteva esserlo neanche un uomo magnifico . Ed ecco, questa fedele ebrea saluta la ragazza incinta con le parole: "La Madre del mio Signore". Dal punto di vista giudaico questa era una bestemmia. Tuttavia Elisabetta pronunciò queste parole.

Che cosa significano? Una cosa semplice e nello stesso tempo straordinaria. Questa era la professione della verità sull’Incarnazione. Ma dove l’ha conosciuto? No, non l’ha conosciuto per niente! Nel momento in cui Maria è entrata nella sua casa, l’ha riempita lo Spirito Santo e ha ricevuto una rivelazione: la sua lontana cugina sarà la Madre del Salvatore. Da parte di Dio, questo era un altro gesto dell’alleanza e della vicinanza dell’uomo.

Per Maria invece questo era un ricordare tutto quello che era successo nel momento dell’annunciazione. Lei non doveva dire niente, non doveva spiegare niente. Lei sapeva, che dentro di Lei Dio si è fatto Uomo e Lei è Sua Madre. La Madre del Figlio di Dio. L'unica cosa che fece fu un inno di ringraziamento: "L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore…".

Negli ultimi giorni di avvento proverò di più ad entrare nel mistero della visitazione e proverò anche a ricordarmi dell’antico saluto cristiano: "Pace a quella casa! E a tutti coloro che vi entrano!"

Ritorno all'Indice

Ritorno alla pagina principale