Domeniche del Tempo Ordinario
Anno Liturgico B

 

I domenica del Tempo Ordinario

Mc 1,7-11p

Battesimo di Gesù

"Tu sei il Figlio mio prediletto,
in te mi sono compiaciuto"

Nel Vangelo di oggi dobbiamo notare tre avvenimenti. Il primo – la presentazione di Gesù come quello che battezzerà con lo Spirito Santo. Il secondo – la chiarissima rivelazione di Dio nella Santissima Trinità. Quando Gesù usciva dall’acqua “si sentì una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto»”. E sopra di Lui si vide un segno dello Spirito Santo – la colomba. Abbiamo allora tre Persone: la voce del Padre, il segno dello Spirito Santo e Cristo stesso che riceve il battesimo.

Ma forse ci interessa di più un'altra domanda: perché Gesù ha voluto battezzarsi? Sappiamo che da Giovanni Battista venivano i peccatori chiedendo la purificazione. Perché allora Cristo, Dio-Uomo libero da ogni peccato è stato battezzato? Purtroppo, Gesù non era libero dai peccati. Bisogna ricordare che Lui ha preso su di sé i peccati di tutti gli uomini di tutti i tempi. In questa situazione Gesù è diventato il più grande peccatore, ma non per causa dei propri peccati ma dei nostri.

Non so, se riusciamo pienamente a comprendere questo fatto e che cosa significava per Gesù? Sentirsi colpevole di tutte le guerre, di tutti i delitti, anche di quelli di cui noi siamo testimoni? E forse proprio per questo nei Vangeli non è scritto da nessuna parte che Cristo rideva durante la Sua vita.

Abbiamo su che cosa pensare oggi. Cristo anche per colpa mia è stato considerato il più grande peccatore. Lui ha preso su di sé anche i miei peccati.

II Domenica del Tempo Ordinario

Gv 1, 35-42

"Rabbì, dove abiti?"
"Venite e vedrete"

Il Vangelo di oggi ci racconta in che modo Dio ha chiamato i primi Apostoli. Una cosa è caratteristica, queste chiamate erano indirette – tramite qualcuno. Prima Giovanni Battista ha indicato Cristo a Giovanni e Andrea e loro sono andati dietro a Lui. Dopo Andrea ha condotto suo fratello Simone al quale Gesù ha cambiato il nome – Cefa, Pietro. Naturalmente dopo Gesù chiamava gli Apostoli direttamente. Per esempio al pubblicano che è diventato l’Apostolo con il nome Matteo, Gesù stesso ha detto “Seguimi!” e quello ha lasciato il tavolo delle imposte ed è andato con Cristo.

Quale insegnamento per noi? Penso che sia molto semplice. Ognuno di noi, come cristiano, dovrebbe sapere indicare la strada a quelli che cercano la verità, il senso della vita, la propria vocazione e anche Cristo stesso. Purtroppo, tanti di noi non sanno fare questo, e ancora la cosa più triste è che non siamo interessati a questi problemi. Tutto ciò non dà una buona testimonianza della nostra fede. Dobbiamo però ricordare che nell’ultimo giorno, giorno del bilancio della vita, Cristo può domandarci della gente che abbiamo incontrato occasionalmente, dei nostri amici, conoscenti, vicini. Dove sono loro? Perché non abbiamo indicato loro Cristo, fratello, amico, Quello che dà senso a tutto e insaporisce la vita?

 

III Domenica del Tempo Ordinario

Mc 1, 14-20

"... convertitevi e credete al vangelo."

Nella chiamata che Gesù rivolge a noi nel vangelo odierno ci sono due cose: la conversione e la fede in tutto ciò che è contenuto nella Bibbia. Cristo vuole che convertendoci cominciamo a vivere secondo le esigenze del Vangelo, che smettiamo di essere solo cristiani delle grandi feste. I cattolici di oggi provano a trattare il Vangelo in modo selettivo. Prendono dall’insegnamento di Gesù solo ciò che fa loro comodo - il resto lo scartano senza aver nessun rimorso. Per esempio, Gesù ha detto che bisogna amare anche i nemici, mantenere la purezza del corpo e dello spirito, occuparsi dei poveri e dei deboli, e… i cattolici di oggi dicono che questo non è reale, è un'utopia.Cristo ha proibito i divorzi, e i giovani cattolici già stabiliscono prima di sposarsi: “Se qualcosa non andrà bene tra di noi, ci lasceremo”.

Ecco il Vangelo è tutto intero da prendere e da realizzare. Non possiamo correggere Dio. Questo hanno provato nella storia diversi e sappiamo che tutto è finito con le tragedie. Provano a fare questo anche oggi alcuni personaggi che spesso vediamo in televisione (specialmente nei programmi per i giovani che accettano tutto senza grandi riflessioni). Penso che vale la pena ascoltare sul serio Gesù e nonostante le nostre debolezze cominciare a vivere secondo l’insegnamento del Vangelo.

IV Domenica del Tempo Ordinario

Mc 1, 21-28

"Che è mai questo?
Una dottrina nuova insegnata con autorità"

Dall'esperienza sappiamo come insegnano gli insegnanti e come parlano i predicatori. Sappiamo anche che i profeti dell'Antico Testamento sempre parlavano nel nome di Dio Jahve. Cristo Signore insegna in modo completamente diverso. Non proclama l’insegnamento di altrui, non richiama Jahve, ma parla nel nome proprio e spesso usa l’espressione: “E io vi dico…” Proprio questo Suo modo di insegnare suscitava la meraviglia degli ascoltatori: “Lui insegna come uno che ha autorità!”.

Ma questo ancora è poco. Il Suo insegnamento ha suscitato il timore degli spiriti immondi, che per mezzo dell’indemoniato hanno capito chi è Gesù: “Io so chi tu sei: il santo di Dio”. Da qui nasce una riflessione molto importante. L’uomo che combatte il male, che cerca Dio, più facilmente udirà la voce di Dio e otterrà l’aiuto da Dio stesso di quello che cerca i compromessi. L’esempio di questo abbiamo nel Vangelo di oggi.

Gesù in modo breve ma molto deciso ha concluso la faccenda con il maligno: “Taci! Esci da quell’uomo” ha ordinato. E lo spirito immondo ha abbandonato l’uomo tormentato.

La conclusione di questa riflessione viene da sola. In modo deciso bisogna combattere il male, il peccato, la debolezza umana, allora più facilmente udiremo la voce di Dio e otterremo l’aiuto necessario.

V Domenica del Tempo Ordinario

Mc 1, 29-30

"Al mattino si alzò quando ancora era buio e,
uscito di casa,
si ritirò in un luogo deserto e là pregava

Nel Vangelo abbiamo tante descrizioni delle guarigioni fatte da Gesù. Il brano odierno ci ha raccontato, che insieme con la guarigione della suocera di Pietro, Cristo ha sanato tanti malati ed indemoniati. Sicuramente, se Gesù restasse più tempo nella casa di Pietro, gente avrebbe condotto ancora più malati da Lui. Però Cristo di notte si è allontanato da quel paese.

Possiamo domandarci: perché? Non poteva guarire di più e alleviare la miseria umana? Poteva. Ma lo scopo della Sua venuta sulla terra era diverso. Lui doveva guarire tutta l’umanità dalla malattia spirituale, nella quale si è trovata dopo il peccato dei primi uomini. Per questo Cristo guariva solamente nell’occasione della predicazione, per far vedere agli ascoltatori, che Lui poteva fare tutto. Se si dedicasse più alle guarigioni, dovrebbe cambiare lo scopo della Sua missione. In più, Cristo voleva far conoscere la Sua dottrina alla più gente e per questo che passava dal paese al paese.

In questo momento ci vengono due conclusioni. La prima - quella che nessuno di noi tenti di “costringere” Dio a fare le cose solo terrene, anche se molto nobili, perché: “Le vie di Dio non sono come le vie dell’uomo”. Noi alcune volte ci ribelliamo e diciamo, che Dio non ascolta le nostre preghiere – ma… forse preghiamo male e bisognerebbe cambiare la nostra preghiera.

La seconda conclusione: è il nostro dovere di seguire Cristo nella Sua missione evangelica. Possiamo fare ciò con le parole, con le opere e soprattutto con l’esempio. Penso che questo dobbiamo a Cristo e anche alla Chiesa.

VI Domenica del Tempo Ordinario

Mc 1, 40-45

"Se vuoi, puoi guarirmi!"

Il brano del Vangelo di oggi vuole ricordarci una grande cosa. Non è tanto importante quello che ha fatto Gesù, perché per Dio sanare o creare, e anche fare del bene, questo è una cosa normale, semplice. La cosa straordinaria invece è il comportamento del lebbroso. Non ha dato ascolto a Gesù, non si è recato al sacerdote per fare l’offerta per la purificazione, secondo la prescrizione di Mose. Perché non ha fatto tutto ciò?

Da quello che è stato scritto nel Vangelo, lui semplicemente è diventato pazzo di gioia. Ha cominciato a raccontare e proclamare che cosa gli ha fatto Gesù. Ma questo è ancora una cosa normale. Anche oggi, gli uomini molto malati, quando riescono a combattere la malattia, lodano i medici e le medicine. Allora che cosa di straordinario è nella guarigione del lebbroso?

La rilevanza del Vangelo odierno consiste nel ricordarci che la malattia del corpo e legate con essa le sofferenze paralizzano lo spirito umano. Lo legano e costringono a pensare solo alle cose della salute. Il lebbroso ha chiesto Gesù solamente la guarigione. Un momento dopo, però, si è rivelato quanta energia spirituale e quanta bontà erano in lui.

Questo brano del Vangelo ci dice anche che l’uomo è una grande unione. Quando soffre il corpo anche lo spirito indebolisce. E in quel momento qualcuno può domandare: la forza dello spirito può superare la debolezza del corpo? In alcuni casi sì, ma quando si tratta di una malattia grave e di grande sofferenza, questo succede raramente. La malattia e la sofferenza fisica prevalgono sullo spirito umano. Ma sempre?>

E qui arriviamo a una cosa molto importante. Succede che alcuni molto malati riescono a fare tantissimo. Uno di questi uomini, malati per tutta la vita, era San Massimiliano Kolbe, ma non solo lui. Sappiamo che durante la guerra alcuni soldati feriti e sofferenti sono riusciti a fare le azioni eroiche.

Nell’uomo ci sono diversi misteri e uno di questi è lo scontro di grande sofferenza con la forza dello spirito. Queste due forze sono diventate l’oggetto delle analisi psicologiche e l’ispirazione per i poeti e gli scrittori.

  • Rispetto il mio corpo e non espongo al pericolo la mia salute nelle diverse situazione della vita quotidiana?

VII Domenica del Tempo Ordinario

Mc 2, 1-12

"Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?"

Cristo si avvicina alla vita umana con quello che ad un uomo concreto è attualmente più necessario. Qualche volta viene con la Sua pace, soprattutto a quelli che sono interiormente lacerati e pieni di paure. Un'altra volta viene con il Suo dramma, quando vede che alcuni sono troppo sicuri di sé e delle sue convinzioni. Un'altra volta viene con la Sua potenza, quando vede la debolezza e l’incapacità dell’uomo. A quelli che sono stanchi di vivere assicura che ancora non tutto è perso, che Lui è la speranza se loro vogliono accettarLo. A quelli che hanno sbagliato la strada, ricorda che Lui è la Luce che illumina il mondo e ogni uomo. Cristo è così. Lui sempre va all’uomo per aiutarlo.

Il Vangelo di oggi ci parla di Gesù che viene all’uomo con la Sua potenza. All’uomo che chiede l’intervento di Dio e degli uomini. Il paralitico nella sua disgrazia aveva una grande fortuna perché ha incontrato alcuni, che malgrado tante difficoltà, lo hanno portato davanti a Gesù.

Una cosa molto caratteristica: Cristo nel primo momento dell’incontro con il malato, non si preoccupa, non si interessa del suo lato fisico ma spirituale, e dice: “Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati”. La reazione degli altri non era favorevole. Alcuni degli scribi pensavano in cuor loro: “Bestemmia! Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?”

Tutti aspettavano il miracolo straordinario del Maestro, e Quello neanche dà peso alla malattia ma solo parla della remissione dei peccati. Ma proprio in questo si trova la sapienza di Cristo, il Quale vede l’uomo in tutta la sua prospettiva – dalla nascita fino alla vita dopo la morte. Per Gesù la cosa più importante era la salute dell’anima, la quale condiziona la felicità eterna, piuttosto che la salute del corpo. Gli uomini che stavano intorno, e forse anche il malato stesso, non capivano questo. Cristo voleva dare più di quello che loro chiedevano. Prima ha dato la grazia per l’eternità e solo dopo la salute del corpo.

Cristo era ed è così. È venuto con la Sua potenza e l’ha usata per il bene dell’uomo per oggi e per domani. Purtroppo, noi spesso sbagliamo l’ordine e vogliamo canalizzare la potenza di Dio verso questo mondo e verso la felicità solo sulla terra. Non pensiamo a ciò che è più importante, cioè – la vita eterna. Proprio da qui nascono incomprensioni tra l’uomo e Dio. Gli uomini aspettano il miracolo e Gesù propone l’approfondimento della fede e la remissione dei peccati. Impazienti e delusi si allontanano. Peccato, perché questo è un grandissimo sbaglio. Dio vede più lontano e più ampiamente. Per questo sempre bisogna aver fiducia in Lui, nonostante le nostre convinzioni.

  • Che cosa chiedo Dio più spesso?
  • Il mio sviluppo spirituale non paralizza i peccati?

VIII Domenica del Tempo Ordinario

Mc 2, 18-22

"Possono forse digiunare gli invitati a nozze
quando lo sposo è con loro?"

Gli Ebrei del Vecchio Testamento si preoccupavano di proteggere le norme della fede e della vita dalle deformazioni. Creavano continuamente le nuove norme giuridiche per mantenere la purezza della fede. Ma le loro buone intenzioni non hanno retto nel tempo. In un certo momento, anche difficile da definire, si è rivelato che la legge è morta e lo spirito è svanito. Si sono accumulati così tanti regolamenti particolari che la gente ha smesso di valutare il significato di essi, ma si preoccupavano solamente di non trasgredire qualche divieto o ordine.

Dalla legge che doveva servire allo spirito è rimasta solo la lettera che complicava la vita dell’uomo e non lo aiutava nello sviluppo spirituale. Ancora una volta gli uomini si sono convinti come errato può essere il loro pensiero.

Lo spirito di ogni legge è la giustizia. Le norme sono necessarie perché la legge possa essere applicata. Ma noi tutti sappiamo come nella giungla delle norme si perde lo spirito della legge, cioè la giustizia. Nello stesso modo si può uccidere la misericordia, il senso della fraternità e la carità fraterna.

Quando si arriva al conflitto tra “lo spirito” e “la lettera”, sempre bisogna ricordare di mettersi dalla parte dello spirito. Lo spirito sempre rimane se stesso, invece la lettera senza spirito muore, comincia a essere superflua, anzi, non serve più.

I farisei hanno contestato i discepoli di Gesù che trasgrediscono la legge che loro rispettano in modo scrupoloso. Questo riguardava la legge del digiuno. E Gesù ha spiegato loro che essi non digiunano perché Lui è con loro. Per loro questo è il tempo della gioia. Ma verrà il tempo quando Lui non ci sarà più ed allora digiuneranno.

Cristo non aboliva le norme degli Ebrei ma voleva correggerli. Già nel libro di Qoèlet è stato scritto che nella vita dell’uomo tutto ha il suo tempo. È il tempo di semina e il tempo di mietitura, è il tempo di tristezza e il tempo di gioia… È necessario il tempo di digiuno ma non si può digiunare durante le nozze. Se lo spirito deve essere vivo, le norme devono cedere il posto. Non l’uomo è per la legge ma la legge per l’uomo. Lo spirito è più importante dalla lettera della legge. Anzi, lo spirito sempre ha ragione, la lettera solo quando serve allo spirito.

La conclusione del problema sollevato dai farisei Gesù ha racchiuso nell’affermazione che non si può attaccare la topa con la stoffa nuova all’abito vecchio, e che non si può versare vino nuovo negli otri vecchi. Questo provocherebbe la perdita dell’abito e degli otri.

In altre parole Gesù ha detto che questa nuova stoffa e il nuovo vino è il Suo insegnamento, la Sua dottrina che non può essere racchiusa nelle norme della vecchia Legge. Nel Suo insegnamento il più importante è l'uomo e la legge deve servire a lui.

  • Quale posto nella mia vita ha la lettera della legge e quale lo spirito?

IX Domenica del Tempo Ordinario

Mc 2,23-3,6

"Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato!"

Il Vangelo odierno, come la domenica scorsa, tratta il ruolo della legge nella vita dell’uomo. Gesù polemizzando con i farisei, sottolinea con grande forza, che in alcune situazioni della vita la legge deve cedere il posto alle esigenze superiori del momento. Come esempio ricorda Davide, che insieme con i suoi compagni, è entrato nel tempio e ha preso i pani del sacrificio per colmare la fame. Lui non poteva fare ciò, ma lo ha fatto, perché il momento era straordinario: la scelta di vita o di morte. E Dio non lo ha punito per questo gesto. Similmente i discepoli di Gesù, sentendo la fame, strappavano le spighe del grano di sabato e mangiavano i chicchi. I farisei erano scandalizzati di questo. Cristo li ha interrogati: «È lecito in giorno di sabato fare il bene o il male, salvare una vita o toglierla?». E quando loro tacevano ha detto all’uomo con la mano inaridita: «Stendi la mano!». E la sua mano fu risanata. Gesù con grande tristezza ha guardato i farisei che nel nome della legge stabilita da loro non volevano di sabato aiutare un uomo.

Per noi, educati nella cultura cristiana, lo scontro tra la legge e il comandamento d’amore, cioè con la situazione straordinaria, non crea un problema tanto grande. Ogni tanto ci muoviamo anche troppo lontano, fino a trasgredire le norme fondamentali come quelli dell’indissolubilità del matrimonio o rispetto della vita nel grembo materno.

La legge ebraica del sabato, però, aveva un certo pregio che non possiamo dimenticare. Questo si chiama la legge dell’equilibrio. Il divieto di qualsiasi attività di sabato ricordava agli israeliti che quest’unico giorno nella settimana apparteneva esclusivamente a Dio. Per tutta la settimana l’uomo è occupato con diversi interessi, qualche volta così tanto, che può dimenticare Dio. Ecco il sabato doveva ricordare agli ebrei credenti che Dio è sopra tutto e doveva aiutare nel mantenimento dell’equilibrio tra le cose divine e quelle umane nella vita dell’uomo. Cristo non ha abolito la legge del sabato ma lo ha aggiustata insegnando che non l’uomo è stato fatto per il sabato ma il sabato per l’uomo.

  • Come considero i comandamenti di Dio e i precetti della Chiesa?
  • La domenica è per me il giorno del Signore?

Santissima Trinità

Mt 28, 16-20

"Io sono con voi tutti i giorni"

Il Vangelo di oggi, anche se molto breve, tocca alcune importanti cose della fede cristiana.

La prima ci fa ricordare che Gesù ha il potere supremo sia in terra sia nel cielo. Gesù esprime ciò con le seguenti parole: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra». Dopo questa proclamazione Cristo manda gli Apostoli per insegnare e per battezzare tutti quelli che crederanno in Lui.

La seconda cosa importante è la rivelazione del mistero di Dio. L’uomo sempre ha domandato: Chi è Dio? Il Vangelo di oggi risponde a questa domanda dicendo che Dio è unico ma in tre persone. Esprimono questa verità le parole del rito del battesimo: Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, allora bisogna battezzare nel nome della Santissima Trinità.

C’è un'altra verità rivelata dal Vangelo odierno: Cristo rimane con noi fino alla fine del mondo. Questa verità è la più gioiosa e la più necessaria per noi. Questa fa sì che il cristiano mai rimanga da solo, anche se tutti gli altri lo abbandoneranno. Sempre può contare su Gesù che è. Perché Cristo è sempre il Grande Presente e il Grande che aspetta. Sarebbe bello se anche noi Lo aspettassimo.

  • Credo che Dio è Unico e in Tre Persone?
  • Non contesto le verità cristiane che non riesco a capire?
  • Ricordo che il comando di Cristo: «Andate e ammaestrate» riguarda anche me?

XIII Domenica del Tempo Ordinario

Mc 5, 21-43

"Non temere, continua solo ad aver fede!"

La morte è inevitabile. Abbiamo paura e non tanto volentieri pensiamo a questa. Non vogliamo che i vecchi e i malati muoiano nelle nostre case. I cimiteri li costruiamo fuori dalle città o dai paesi.

In questi nostri atteggiamenti c'e una ragione giustificabile, perché la morte è una violenza alla vita, è una negazione della vita. Ma c’è qualcosa che dimentichiamo avendo davanti agli occhi le facce dei morti, le bare, le tombe. Ecco, dietro ogni morto, dietro ogni sepolcro c’è la risurrezione che non finisce la vita. L’uomo non tutto muore.

Il vangelo odierno ci ricorda questo fatto nel modo molto semplice. Questo brano è un messaggio della liberazione dalla morte. Gesù ha preso la mano della figlia di Giairo e ha detto: «Fanciulla, io ti dico, alzati!». E la bambina morta ha cominciato a camminare. Che cosa significa quest’avvenimento? Il potere di Cristo sulla morte? Non solo questo. Questo ci assicura che dobbiamo credere a Cristo il Quale ha attraversato la morte ed è risorto. Anche noi risusciteremo dopo la morte. Allora non dobbiamo eccessivamente aver paura della morte, perché essa è solo l’inizio della nuova vita.

  • Io penso alla morte?
  • Ho tanta paura di essa?
  • Ricordo che sono stato chiamato alla vita eterna?

XIV Domenica del Tempo Ordinario

Mc 6, 1-6

"Un profeta non è disprezzato che nella sua patria"

Cristo a Nazaret. Qui giocava come bambino, qui cresceva e dopo lavorava. Quando aveva trent’anni di vita è sparito dal paese. Dopo un po’ di tempo da Nazaret sono giunte  le notizie straordinarie e incredibili sulla sua persona. Alcuni dicevano che insegnava una strana dottrina, altri, che sanava i malati o addirittura risuscitava i morti. I nazaretani scuotevano le teste dicendo: Ma questo è impossibile. Noi lo conosciamo bene. Noi sappiamo chi è.

E così è successo, così è cominciato.

Un giorno Gesù si è presentato a Nazaret. Intorno a Lui c’erano degli uomini sconosciuti. Alcuni guardavano Lui con amore e rispetto, altri con rabbia ed inimicizia. Sabato è andato in sinagoga ed ha cominciato a insegnare. Quando lo hanno ascoltato, i suoi concittadini hanno dato il verdetto: questa è una follia. Un semplice falegname può dire queste cose? E subito rispondevano - No! E Cristo parlava, affinché credessero e accettassero la dottrina che proclamava. Si sono arrabbiati, scandalizzati, con compaesano che ha voluto essere superiore a loro e in più osava richiamarsi alla Legge.

Cristo ascoltando il loro mormorio con grande rammarico ha detto: «Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua».

Purtroppo così succede spesso. Ascoltiamo sempre tutti eccetto quelli che conosciamo. Accettiamo come verità qualcosa che viene da lontano, solamente non vogliamo accettare le realtà, le verità che sono vicino a noi.

Il Vangelo di oggi ci dà tanto da pensare. Ed io devo rispondere a una domanda: Per me, chi è la più grande autorità? E forse ancora una domanda devo fare: Signore Gesù, che cosa vuoi dirmi?

XV domenica ordinaria

E partiti, predicavano che la gente si convertisse,
scacciavano molti demoni, ungevano di olio molti infermi e li guarivano.

Che cosa bisogna fare, perché l’uomo possa accettare l’insegnamento di Cristo? La risposta a questa domanda è contenuta nel Vangelo di oggi. Bisogna convertirsi.

Che cosa significa convertirsi? Semplicemente bisogna ristabilire le proporzioni tra quello che è umano e quello Divino. Molto spesso queste proporzioni sono intaccate. Troppo forte siamo legati con la terra dimenticando quella seconda - spirituale dimensione della nostra vita, della nostra esistenza. Pensiamo, quanto tempo dedichiamo alla nostra vita religiosa, come si presenta il nostro contatto con Dio? Quello non ha solo il carattere formale? Facciamo la preghiera ma nello stesso tempo pensiamo di tutto solo non di Dio. Siamo alla Messa, ma la partecipiamo? Forse sono venuto qui per osservare, per incontrare i conoscenti che non ho visto da una settimana? E come si dimostra tutta la mia vita cristiana?

Cristo ci richiama alla conversione, a dare "a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio".

Il rapporto di Gesù verso quelli che non prendono a cuore la Sua chiamata al cambiamento della vita è molto rigoroso. "Se in qualche luogo non vi riceveranno e non vi ascolteranno - diceva agli Apostoli - andandovene, scuotete la polvere di sotto ai vostri piedi, a testimonianza per loro". In queste parole si racchiude un monito della condanna eterna. Allora non si può disprezzare la chiamata di Cristo alla conversione e non si può rimandare la conversione a più tardi.

Concludendo la mia riflessione di oggi, devo farmi qualche domanda:

  • Quanto tempo al giorno dedico al contatto con Dio?
  • Questo incontro non ha niente di formale?
  • La mia preghiera è un incontro con Dio come persona o con qualcuno che è lontano dalla mia vita?

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XVII domenica ordinaria

«Dove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?»

"Fateli sedere"

Queste parole ha detto Cristo agli Apostoli. Gli uomini si sono messi seduti. Erano circa cinquemila. Invece dei pani erano solo cinque e due pesci. Tutti furono saziati. Cristo davanti agli occhi di tutti ha compiuto il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Ma non era questo il più grande miracolo in questa descrizione evangelica. Per Dio creare e annientare i mondi è una cosa piccola, e in più moltiplicare i pani. Il più grande miracolo era questo, che sulla sua parola cinquemila uomini hanno creduto, che Lui può sfamarli. Per questo tutti si sono messi seduti prima che Lui facesse il miracolo della moltiplicazione. E proprio questo è il fatto più importante in questa faccenda. Ecco, gli uomini liberi hanno creduto, che Lui può sfamare tutti. Questo era il miracolo della fede in Cristo.

La moltiplicazione dei pani sul deserto era solo il preludio all’altro Pane, che Cristo voleva dare ai propri seguaci. Si tratta dell’Eucaristia e del tutto quello che è legato con essa. Gli ascoltatori di Cristo erano molto contenti che Lui gli ha sfamati. Volevano addirittura proclamarLo re.

In questo momento nasce una domanda: dentro di noi c’è almeno una briciola di gratitudine e di entusiasmo dal fatto dell’istituzione dell’Eucaristia? A questa domanda ognuno di noi deve rispondere da solo.

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XVIII domenica ordinaria

«Io sono il pane della vita;
chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete»

Una volta un sacerdote-scrittore polacco ha scritto, che l’uomo è uno scrigno dei desideri non realizzati. Chi non ha bevuto vorrebbe bere. Chi ha bevuto, ancora avrà sete. Anche la fame ritorna sempre. I bambini desiderano essere più grandi. Gli anziani invece, che il tramonto della loro vita non si avvicinasse così presto. Gli ammalati desiderano la salute, i sofferenti almeno un momento libero dal dolore. I poveri vogliono avere di più, i tristi chiedono una briciola di gioia, i non amati hanno desiderio dell’amore, ecc... Il mondo è pieno dell’insoddisfazione. Perché? La risposta è sola una. L’uomo è una creatura limitata e sempre desidererà il suo complemento. E in più, i desideri sembrano indicare un qualcosa, che non si può racchiudere nelle dimensioni terrene, umane.

È possibile la situazione dove l’uomo non desidera niente? L’esperienza ci insegna che uno stato così non è possibile. I desideri appartengono al nostro essere. La fede ci dà un qualcosa, che ci introduce in un’altra dimensione della vita e dà la possibilità della realizzazione dei nostri desideri: una parte già qui sulla terra e la pienezza nell’eternità. Ciò ci dice ultima frase del vangelo di oggi: "Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete".

  • E quali sono le mie nostalgie ed i miei sogni?
  • Questi hanno un carattere spirituale, religioso o solo terreno?
  • Più spesso, dove vanno i miei pensieri?

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XIX domenica ordinaria

«Io sono il pane disceso dal cielo»

Cristo nel suo insegnamento sempre di più indica la Sua dimensione soprannaturale. Nel Vangelo di oggi dice: "Io sono il pane disceso dal cielo". Gli Ebrei che lo hanno ascoltato hanno cominciato a mormorare: Ma che cosa dice quest’uomo. Noi conosciamo il suo padre, la sua madre, e lui dice che è disceso dal cielo. Qualcosa non quadra con lui.

Qui stiamo toccando una cosa molto importante dal punto di vista religioso. Ecco, similmente come gli Ebrei contemporanei a Cristo, molto spesso vogliamo misurare il mistero di Dio con il proprio pensiero. E quando qualcosa non capiamo, diciamo che questo è irrazionale, illogico, che non ha senso. Ma l’uomo della fede non può, neanche per un momento, dimenticare che la fede ha le proprie regole e la propria logica che si chiama logica della fede.

Alla sostanza della fede appartiene anche quello, che senza la grazia del Signore l’uomo in se stesso non può fare nulla nell’ambito religioso, e prima di tutto non può credere. Di questo parla oggi Gesù nel Vangelo, quando dice, che nessuno può venire da lui se non otterrà la grazia del Padre. Purtroppo noi, razionalisti, spesso non vogliamo accettare questa verità, e proprio questo è il nostro sbaglio. Crediamo più al nostro cervello, al nostro pensiero che alla parola di Cristo.

  • Che cosa penso delle verità religiose e delle esigenze morali nel cristianesimo?
  • Non li aggiusto alla misura del mio pensiero?

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XX domenica ordinaria

«... Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno
e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo...»

Il frammento del Vangelo di Giovanni oggi ci racconta, che Cristo per l'ennesima volta ha stupito gli ascoltatori ebrei con i suoi insegnamenti. Dicevano loro: "Come può costui darci la sua carne da mangiare?". Non volevo, però, far notare la perturbazione degli Ebrei ma le parole di Gesù, che anche noi stessi tante volte non vogliamo accattare. "Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita".

Ancora poco, Cristo va avanti e dice: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno".

In altre parole: se non facciamo la santa comunione come cristiani veri, non avremo in noi la vita di Dio. Ancora peggio, la nostra vita eterna sarà in pericolo. Pensiamo di questo e traiamo le conclusioni.

  • Quale il mio rapporto con la santa Comunione?
  • Sono consapevole, che la vita divina svilupperà in me solamente, quando avrò frequento contatto con Gesù Eucaristico?

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XXI domenica ordinaria

«Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?»

Nella vita ci sono diverse prove. Una di questi è avvenuta per i discepoli di Gesù, quando Lui ha cominciato ha introdurli nelle profondità della sua divinità. Questa era una gran prova. Tante cose, delle quali ha parlato erano contrastanti con le loro convinzioni naturali. Per questo dicevano tra loro: "Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?". E tanti di loro si sono allontanati.

Il Vangelo di oggi è sempre molto attuale. Tanta gente sostiene che alcune pratiche religiose, o addirittura i comandamenti, sono in contrasto con la vita e per questo abbandonano la fede, come hanno fatto allora alcuni dei discepoli. Ma questo è un grande sbaglio.

Questa gente dimentica che ha da fare con Dio stesso, che rifiutando i suoi comandamenti e le verità della fede, tentano correggere Dio.

Cristo guardando questi che si allontanavano, con gran tristezza ha domandato gli Apostoli: "Forse anche voi volete andarvene?". E allora Pietro nel nome dei Dodici ha risposto: Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio".

Proprio la risposta così dovrebbe essere nei momenti delle difficoltà nella vita degli uomini credenti.

  • Quale il mio rapporto con le difficili verità della fede?
  • Appartengo alla gente che accetta solo questo che capisce?
  • Non contesto i comandamenti di Dio affermando che oggi non è possibile rispettarli?

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XXV domenica ordinaria

"Essi però non comprendevano queste parole..."

Il Vangelo di oggi con il suo dissidio tra i discepoli - chi di loro è il più importante - è molto umana. Come siamo tutti attenti, perché qualcun altro tra di noi non crescesse un centimetro più di noi, non possedesse più che noi possediamo. Quando succede così, ci sentiamo umiliati, e molto spesso arrabbiati.

Chi di noi è più grande, chi più importante? - litigavano gli apostoli sulla strada per Cafarnao. Quando sono arrivati nelle città, quando si sono messi a tavola, Cristo gli ha detto chiaramente: ""Se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti". E preso un bambino, lo pose in mezzo e abbracciandolo disse loro: "Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me"". E bisogna ricordare, che un bambino nei tempi di Gesù non aveva nessun diritto come uno schiavo. Uno schiavo si poteva vendere e anche uccidere, il servo faceva i lavori più umili, insieme con la lavanda dei piedi degli altri. Ed ecco, Cristo ai suoi prescelti dice, che nel Suo Regno, ognuno che vuol essere il primo deve diventare l’ultimo, cioè deve diventare servo e schiavo di tutti.

Penso, che l’insegnamento di Gesù è molto attuale, perché anche tra di noi - cristiani - ci sono troppe ambizioni, invidie, gelosie. Troppe esaltazioni di noi stessi e nello stesso tempo troppe umiliazioni degli altri.

Ma, io sono consapevole, che tutto il Vangelo - anche quello citato oggi - riguarda anche me? Io non invidio nessuno, non sono malato di rabbia, perché gli altri stanno meglio?

Oggi, adesso, durante un momento di silenzio, nella luce del Vangelo, devo fare un breve esame di coscienza, una revisione del mio rapporto con gli altri.

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XXVI domenica ordinaria

«Se la tua mano ti scandalizza, tagliala...»

Noi possiamo scandalizzare sia gli adulti sia i bambini. Come nel primo, così nel secondo caso, Cristo minaccia coloro che portano lo scandalo con la più grande pena: "Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, sarebbe meglio per lui che gli passassero al collo una mola da asino e lo buttassero in mare". Minaccia anche con l’inferno: "dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue".

Purtroppo, noi, spesso nel nostro comportamento non prendiamo in considerazione il bene degli altri e neanche le minacce di Cristo.

Ci si droga, o s'ubriaca, distrugge la sua salute e i suoi beni, e nello stesso tempo invitano a fare lo stesso gli altri. Gli uomini seducendo le donne, e le donne civettando con gli uomini, si scandalizzano reciprocamente. Gli spacciatori delle droghe attirano i giovani, ma anche gli adulti, nell’inferno della fame dei narcotici.

Il più grande scandalo, purtroppo, si dà sempre ai bambini. Penso, che Cristo aveva in mente loro, quando ha parlato dello scandalo dei piccoli. Non scandalizzano i bambini le continue liti tra i genitori? Proprio da loro imparano le parolacce e le bestemmie, imparano il disprezzo dei comandamenti di Dio e degli uomini. Non scandalizzano i genitori i propri bambini saltando la Santa Messa domenicale?, quando rifiutano l’aiuto per i poveri?, quando parlano male dei propri vicini, conoscenti o gli insegnanti e educatori?

Si potrebbe fare un lungo elenco di questi scandali. Penso, che sarebbe tanto meglio nel mondo, se non ci fossero gli scandali nelle famiglie. Si potrebbe più presto sanare i rapporti sociali, se nelle nostre famiglie fosse lo spirito dell’amicizia e della cordialità.

Gli scandali erano sempre, ma in modo particolare oggi sono tanti, perciò dobbiamo stare attenti, per non scandalizzare specialmente i bambini ed i giovani. Le parole di Gesù: "Guai al mondo per gli scandali" consideriamo come un avvertimento, quando ci verrà la tentazione di portare qualcuno sulla strada sbagliata.

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XXVII domenica ordinaria

«L'uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto»

Il Vangelo di oggi tocca il grande e molto attuale tema del divorzio. Ci sono sempre di più. Divorziano non solo non credenti, ma anche i cristiani cattolici, dimenticando quello che ha detto Cristo: "L’uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto".

Il problema dell’indissolubilità del matrimonio – questo è una delle cose più dolorose. La Chiesa da ani pensa su quello, che cosa fare con i coniugi separati, soprattutto con quelli che hanno formato una nuova, non sacramentale coppia? Come trattarli?

La risposta a queste domande ha dato Giovanni Paolo II nel documento "Familiaris consortio". Il Santo Padre ha mantenuto la tradizionale pratica della Chiesa di non permettere ai separati la confessione e la comunione. Dall’altra parte ha ordinato ai sacerdoti, perché si prendessero cura pastorale di loro. Questi uomini – insegna il Papa – ancora sono i figli di Dio e della Chiesa, hanno la fede – qualche volta anche grande, hanno figli che battezzano, sono disponibili verso gli altri e si sforzano di vivere in modo cristiano, con l’eccezione che non possono usufruire il Sacramento della Penitenza e dell’Eucaristia.

Una parte di loro si è risposata civilmente per la necessità. Alcune donne, non avendo la casa e altri mezzi per vivere, hanno deciso anche contro la loro volontà, il matrimonio non sacramentale. Per questo non si può condannarle. Naturalmente, in modo diverso bisogna trattare quelli, che in modo irresponsabile, hanno fatto male alla propria famiglia, ai figli, da quelli che hanno subito il danno. Dobbiamo ricordare, che l’insegnamento del Papa non è una legalizzazione dei matrimoni non sacramentali e neanche una giustificazione del divorzio. È solo il compimento dell’obbligo pastorale verso quelli che hanno sbagliato nella vita.

  • Quale il mio rapporto con quelli che vivono nel concubinato?
  • Comportandomi in modo spensierato non rischio di distruggere la mia famiglia o quella degli altri?

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XXVIII domenica ordinaria

«Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze
entreranno nel regno di Dio!»...

"Che cosa devo fare per salvarmi?" – ha domandato un giovane.

"Osserva i comandamenti" – ha risposto Cristo.

"Ma io gli osservo dalla mia giovinezza" – ha replicato uomo.

"Se hai fatto così" – continua Cristo – "allora va, vendi tutto quello che possiedi, dallo ai poveri e poi vieni e cammina insieme con me".

In quel momento è finito il dialogo così ben cominciato.

Il giovane si è rattristato e con la faccia buia si è allontanato, perché, come giudica l’evangelista, aveva tanti beni. Cristo vedendo il suo comportamento ha aggiunto: "Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel regno di Dio!".

Ascoltando questo brano del Vangelo, spesso traiamo le conclusioni sbagliate, che Cristo ha condannato l’abbondanza dei beni materiali. Gesù non ha fatto questo, solamente voleva far notare, che nella vita dell’uomo ci sono i momenti quando deve scegliere: o beni materiali o Cristo. E così è successo. Il giovane ricco non è riuscito a decidere di andare dietro Gesù, perché era troppo legato ai beni materiali. Era legato così forte, che ha fatto una cosa che neanche lui voleva – si è allontanato da Cristo.

Quale conclusione, quale lezione per noi? Non possiamo cadere nella schiavitù delle cose, perché le conseguenze potrebbero essere pesanti. Il gioco sussiste in questo, di poter sapere rinunciare i beni materiali quando viene il momento della scelta, e ancora in più di poter dividere i miei beni con quelli che aspettano il mio aiuto.

  • Non sono troppo legato ai miei beni?
  • Riesco dividerne con gli altri?
  • Nel mio budget conterò anche le necessità dei poveri.

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XXIX domenica ordinaria

« ...Concedici di sedere nella tua gloria
uno alla tua destra e uno alla tua sinistra»

Gesù ha detto agli Apostoli: "Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. Fra voi però non è così"…

Purtroppo, noi cristiani troppo spesso dimentichiamo questo. Dimenticano i laici e gli uomini della chiesa, anche quelli che hanno poco potere. Ci piace quando si sottolinea la nostra importanza. Andiamo fieri dei titoli di direttori, presidenti, capi, canonici ecc. Alcuni apprezzano tanto prima del cognome le due lettere "dr", che le mettono in ogni occasione. E ancora peggio: agli altri facciamo sentire la nostra presunta importanza.

Invece Cristo insegna : "… chi di voi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo fra voi sarà il servo di tutti. Il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire …".

Penso, che è venuta l’ora, per fare l’esame di coscienza dell’istinto del potere e voglia di essere importante. E dopo? Dopo cominciamo a seguire Cristo che è venuto per servire e non essere servito.

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XXX domenica ordinaria

«Figlio di Davide, abbi pietà di me!»

"Che vuoi che io ti faccia?" - ha domandato Cristo al cieco. Questi ha risposto: "Rabbunì, che io riabbia la vista!".

Come attuale è questa supplica e non solo perché sul mondo sono tanti non vedenti, ma anche e soprattutto, perché gli uomini si sono resi conto, che accanto alla cecità degli occhi c’è anche quella dello spirito. Non sempre riusciamo a discernere che cosa è più importante e che cosa di meno. Che cosa è bene e che cosa è male. Non siamo sicuri delle strade che scegliamo e neanche lo scopo al quale tendiamo, e per questo che commettiamo tanti sbagli. Il nostro conoscere è limitato al cerchio della realtà materiale e in conseguenza perdiamo la sensibilità al "sacrum".

In tutto questo, la cosa più triste è, che non gridiamo come quell’evangelico cieco. Dimentichiamo che senza la grazia divina non siamo in grado di discernere e di capire che nella vita ci sono tante strade, ma solo una è vera e senza errori. Perciò bisogna pregare per la luce agli occhi dell’anima. Solo grazie a questa luce l’uomo riuscirà a vedere lo scopo e la fine del suo pellegrinaggio; capire, perché battono i cuori umani. Solo allora l’uomo capirà il senso delle difficoltà della vita ed eviterà la ribellione contro di essa. E ancora di più, nella luce di Dio può nascere la vera visione della vita e la pace, che ci permetterà camminare con il passo sicuro sulla strada che ci porterà alla nostra meta – a Dio.

  • Ma io non soffro la cecità dell’anima?
  • Il mio conoscere della realtà è sufficiente per comportarmi secondo i comandamenti di Dio?
  • Pregherò il Signore, perché le mie scelte si basino sul riconoscere: che cosa è il bene o male, che cosa è giusto, e che cosa devo evitare.

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XXXI domenica ordinaria

«Il Signore Dio nostro è l'unico Signore»

«Il Signore Dio nostro è l’unico Signore»

Questa affermazione di Gesù dal Vangelo di oggi per noi è ovvia. È comprensibile anche la seconda parte della frase che ci impone amare Dio con la mente, con il cuore e con tutta la forza. Esprimendo ciò con una parola: l’uomo dovrebbe amare Dio con tutto se stesso. Peggio invece è, quando domandiamo, come dovrebbe esprimersi quest’amore? Nelle parole, nei sentimenti, nei gesti, nella preghiera, nella partecipazione alla Santa Messa? E proprio qui che cominciamo a perderci. La mente non riesce a comprendere la grandezza di Dio, nei sentimenti spesso c’è una siccità, la volontà si indebolisce. E allora ci domandiamo non solo dell’amore di Dio ma anche della nostra fede. Ci sembra che l’abbiamo persa o la perdiamo.

Infatti, il nostro rapporto con Dio non si basa troppo spesso sulle emozioni, e nella testa girano diversi dubbi e domande.

Per la nostra fortuna, in un altro brano del Vangelo Gesù ha detto chiaramente, che l’amore di Dio sussiste soprattutto nel rispetto dei Suoi comandamenti. Se siamo fedeli ad essi, allora possiamo essere tranquilli del nostro amore fondamentale per Dio. Ma questo non significa che siamo dispensati dal nostro rapporto personale con Dio: Lui e io. Dio è la persona e l’uomo è la persona e per questo tra l’uomo e Dio deve essere la relazione interpersonale. Perciò dobbiamo preoccuparci, perché il nostro rapporto sia caratterizzato con tutto quello che è legato con l’uomo come persona.

  • In che cosa si esprime il mio amore per Dio?

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XXXII domenica ordinaria

«Questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri»

Lo spicciolo della vedova, cioè lo spicciolo della miseria.

Si dice che solo i poveri riescono veramente a dividere con gli altri. E penso che qualcosa c’è in questo detto. Bisogna avere un grande cuore per dividere l'ultimo tozzo del pane, gli ultimi soldi o accogliere qualcuno nella casa, quando le proprie condizioni sono precarie.

Conoscevo una famiglia che abitava in una piccola casa ma non esitava ad accogliere un'altra, quando quella si è trovata senza abitazione. Gli uomini poveri materialmente tante volte hanno uno spirito e cuore grandissimo. Sembra che capiscono meglio la necessità del sacrificio per uno scopo buono e riescono a condividere i propri beni con gli altri. Da qui viene la lode di Gesù verso la povera vedova.

Ma che cosa è con i ricchi? Cristo non li ha condannati. Per Lui era ovvio che i più ricchi dovrebbero condividere le proprie risorse con quelli che sono in necessità. Lui solo ha sottolineato, evidenziato il grande cuore della vedova, che ha rinunciato al suo ultimo spicciolo.

Ma si trattava solo di questo? Penso di no! Lodando la povera vedova, voleva, così penso, dirci che bisogna sempre condividere con gli altri, quando si trovano nelle situazioni difficili. E non è importante quanto possediamo. Importane è l’atteggiamento della prontezza di aiutare gli altri e un'opera concreta quando viene la  necessità.

Penso che tutti siamo consapevoli, che questo problema è sempre attuale. Sempre c'erano e   ci sono gli uomini che necessitano il nostro appoggio materiale. Ci sono anche diverse iniziative: religiose, sociali, culturali, che richiedono il nostro sacrificio ed aiuto. Non perdiamo mai questo dalla nostra vista.

  • Possiedo in me la prontezza di condividere i miei beni?

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XXXIII Domenica del tempo ordinario

"Quanto poi a quel giorno o a quell'ora,
nessuno li conosce, neanche gli angeli nel cielo,
e neppure il Figlio, ma solo il Padre".

La prima lettura e il Vangelo di oggi parlano delle cose future, delle cose che devono succedere. Ma sempre quando parliamo del futuro abbiamo una grande dose dei dubbi. Perciò Gesù parla prima delle cose che succederanno in futuro prossimo e poi di quelle del lontano, quasi come per dire: è successo questo siate sicuri che succederà anche quell'altro.

Oggi anche la scienza parla della fine del mondo: il mondo ha un'età. Ha avuto un inizio e avrà una fine. Noi non sappiamo solo quando avverrà.

Gesù però dice: non vi preoccupate di quando avverranno queste cose. Preoccupatevi di come ci si deve preparare all'incontro con Dio.

Il "quando avverrà" non c'è risposta nelle parole di Gesù. E diciamo con molta onestà: nessuno, neppure la Chiesa sa quando avviene la fine del mondo, una cosa sappiamo, dobbiamo aspettare con vigilanza. Ci sono i gruppi religiosi che di questa attesa, periodicamente aggiornata, fanno il centro del proprio messaggio. É un mezzo potente di presa sulla fantasia di gente incline al fanatismo (avventisti, testimoni di Geova). Alcuni di questi girano anche tra noi di casa in casa, incutendo timore con l'annuncio dell'imminente fine del mondo.

Invece Gesù chiaramente ha detto nell'ultima frase del brano di oggi: "Quanto poi a quel giorno o a quell'ora, nessuno li conosce, neanche gli angeli nel cielo, e neppure il Figlio, ma solo il Padre".

Allora chi dice di sapere quando finirà il mondo non attinge più al Vangelo, ma alla propria fantasia o forse alle proprie riserve di menzogne.

"Vigilate" è l'unico modo di attendere il Signore. Cioè: preoccupatevi di impegnare tutto il tempo che Dio vi dona trasformandolo in opere di bene, perché sono queste che conducono alla salvezza.

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XXXIV Domenica ordinaria

Solennità di Cristo Re dell’Universo

"Tu sei il re dei Giudei?" ha domandato Pilato a Cristo. Sì, io sono il Re – ha risposto Gesù, ma subito ha aggiunto: "Il mio regno non è di questo mondo…"

Queste domande e risposte sono state fatte nel pretorio davanti all’ufficiale romano. Qui è stato dato anche il verdetto della morte di Cristo.

Leggendo questi testi evangelici, spesso traiamo conclusioni sbagliate. Pensiamo, che Pilato e il Sinedrio abbiano condannato Gesù a morte. Ma quando guardiamo meglio i fatti, ci accorgiamo che Gesù è stato condannato durante il plebiscito popolare. Proprio la folla ha gridato: a morte, a morte! Crocifiggilo! Questo fatto ha una grande espressione e anche una continuazione nella storia.

Eppure noi, battezzati, non vogliamo accettare le Sue leggi e le Sue verità. Proprio noi neghiamo le Sue principali esigenze. Basta guardare la questione del rispetto della vita. Uccidiamo i colpevoli ma anche gli innocenti. Uccidiamo anche i bambini che ancora non sono nati affermando che ciò è una libertà della donna. Abbiamo inventato diversi modi di uccidere gli uomini dicendo, che questo è un aiuto nell’accorciare le sofferenze. Anche nelle altre cose rifiutiamo l’insegnamento di Gesù proclamando le proprie teorie, molto spesso tragiche nelle conseguenze.

Penso che oggi nella Solennità di Cristo Re dell’Universo, dobbiamo guardare onestamente la nostra vita e rispondere alle domande:

  • Davvero Cristo Gesù è il Re della mia vita?
  • Rispetto le Sue leggi?
  • Riesco a notare, che il Suo Regno è il Regno della verità, dell’amore e della giustizia, e Lui stesso è il più grande testimone della verità?
  • Sono consapevole, che io sono uno di quelli che Lo hanno condannato?

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