Domeniche del tempo ordinario
anno A (2014)
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II Domenica Ordinaria
      III Domenica Ordinaria
      IV Domenica Ordinaria
      V Domenica Ordinaria
      VI Domenica Ordinaria
      VII Domenica Ordinaria
      VIII Domenica Ordinaria
      Santissima Trinità
      Santissimo Corpo e Sangue di Gesù
      Santi Pietro e Paolo
      XIV Domenica Ordinaria
      XV Domenica Ordinaria
      XVI Domenica Ordinaria
      XVII Domenica Ordinaria
      XVIII Domenica Ordinaria
      XIX Domenica Ordinaria
      XXI Domenica Ordinaria
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II Domenica del Tempo Ordinario
       Anno A
    
(Gv 1,29-34)
«Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo»
Il popolo eletto, non è solo  quello d’Israele, ma è tutti noi riuniti nella Chiesa di Cristo. Sei sicuro?  Dio si è rivelato come un bambino indifeso, suscitando in tutte le generazioni  di cristiani, non solo ammirazione, ma anche   affetto, non solo gratitudine ma anche amore, non solo  gioia ma anche adorazione. L’adorazione, che  dobbiamo manifestare in qualsiasi momento e non solo nel periodo dopo Natale,  la dobbiamo esprimere con le preghiere, i canti, con la partecipazione  frequente alla Messa, e - soprattutto – con e nell'Eucaristia.
      Questo ci fa comprendere la  vicinanza di Dio, fattosi uomo e debole Bambino. Ma nel  mondo spesso accade diversamente. Oggi San  Paolo, parlando ai Corinzi, e quindi, indirettamente a noi, ci rende  consapevoli della nostra vocazione alla santità e garantisce che il nostro  Signore Gesù Cristo sarà la nostra forza in cammino,  non sempre la  vocazione è sapientemente letta da altri uomini. A volte, la fiamma della  vocazione viene spenta da quelli che ci sono vicini. Non spegniamo la fiamma  della santità, non spegniamo il senso della vocazione. Questo mi sembra molto  importante e richiede la nostra profonda riflessione.
      Il Vangelo ci conduce alle rive  del Giordano, dove Giovanni Battista prepara la gente a incontrare Gesù, è qui  che  ha inizio il suo ministero pubblico.  Ciò che fa Giovanni, è  notato e  apprezzato da molti, ma ci sono anche alcuni che vogliono spegnere  e far  tacere questa voce. Giovanni è consapevole di tutto ciò e quando vede  Gesù,  comincia a gridare: "Ecco  l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!" . Riflettiamo  sul significato delle parole pronunciate da Giovanni, le parole misteriose,  potenti, sorprendenti. Per le persone che conoscevano il sacrificio  dell'agnello associato alla notte della partenza di Israele dalla schiavitù in  Egitto, queste parole sono state particolarmente ben comprese.
      Questo è un suggerimento per  noi, per tutti coloro che vogliono lottare per la santità, perché il nostro  obiettivo principale è la ricerca della santità, che è il compiere della  volontà di Dio. Questo richiede un duro lavoro, un lavoro solido,  sacrifici, fedele adempimento della legge di  Dio e degli insegnamenti del Vangelo. A coloro che seguono questa strada, Gesù  dona gioia e pace, la forza e il potere di superare le difficoltà.
      “Agnello di Dio che toglie i  peccati del mondo” – sentiamo queste parole quando ci avviciniamo a prendere  Gesù eucaristico. Questo ci permette di prendere la coscienza di Chi ci libera  da tutte le colpe e in quale nome riceviamo il perdono dei peccati. Proviamo  non solo a ricordare queste parole ma anche a capirne il senso profondo.
      Signore Gesù, Agnello di  Dio, accompagnaci sulla via della fede, della speranza e dell'amore, sulla via  della santità!
   
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 III Domenica del Tempo Ordinario
       Anno A
    
(Mt 4,12-23)
«Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini»
Quando Gesù camminava sulla terra di Palestina annunciando la Buona  Novella, dietro di lui c’erano le folle che con cuore aperto ascoltavano ogni  parola dei Suoi insegnamenti. Ma, tanti erano, anche quelli che non poterono  sperimentare direttamente l'incontro con il Signore, e non riuscirono a sentire  le sue parole. Invece Lui voleva che la verità del suo Vangelo arrivasse ad  ogni essere umano. Per questo, tra la folla che lo circondava, scelse i Dodici,  mandando loro dove Lui non era in grado di arrivare: nelle città e nei villaggi  della Palestina, perché nel suo nome chiamassero alla conversione, guarissero i  malati, scacciassero gli spiriti maligni, predicassero il Vangelo. Quando fu terminato  il tempo della predicazione terrena di Gesù, Lui mandò questi dodici in tutto  il mondo. Oggi, questa missione viene compiuta, non solo dai vescovi e dai  sacerdoti, ma dall’intera Chiesa predicando il Cristo Risorto e il Suo Vangelo.
      Il brano del Vangelo di oggi, preso  dal Libro di San Matteo, ci racconta la vocazione dei primi apostoli. Sembrerebbe,  che questo brano evangelico, si riferisce solo a coloro che sono chiamati a  proclamare la Parola di Dio, per così dire, dalla forza dell’ufficio, cioè i  vescovi, i sacerdoti, i religiosi ed i missionari. Ma è davvero così? Tu  giovane o adulto, uomo o donna, puoi dire tranquillamente che le parole appena  udite in alcun modo non ti riguardano? 
      Il Vangelo è  rivolto a tutti gli uomini senza eccezione e quindi anche a te. Anche tu, cara  sorella, caro fratello, sei chiamato a predicare il Vangelo. Quando Gesù disse  a Pietro: "Seguimi ...", questa parola era rivolta a tutti i suoi discepoli.  Questa parola non voleva essere solo un pio desiderio, una  piccola richiesta. Era un ordine esplicito:  "Seguimi ...".
      Che cosa vuol dire? Ognuno di noi è  stato chiamato da Dio principalmente per l'umanità e poi per il cristianesimo.  Il Signore Gesù ha nominato apostoli non i più degni, i più saggi o i più forti,  ma ha chiamato: Simone, che lo aveva rinnegato; Tommaso che non credeva;  Andrea, Giacomo e Giovanni, dei semplici pescatori; Matteo, che scandalizzava  gli altri con la sua professione; ed infine Giuda - il traditore. Gesù non  guardava la loro origine, ma soprattutto la loro umanità. Lui sempre rispetta  la dignità dell'uomo. Tuttavia, queste persone semplici sono diventate sante  (tranne Giuda), perché hanno perseverato sino alla fine nella vocazione a cui Gesù  li aveva chiamati. Nella vocazione, ciò che è più importante, è la perseveranza  e la fedeltà. Dio guarda la nostra umanità. Quindi, non c'è nulla da spiegare,  Dio non si è sbagliato a chiamarci ad essere buoni cristiani. Dobbiamo seguire  questa strada, che Lui ci ha indicato.
      Il Signore Gesù ha scelto le persone  semplici perché voleva che il Vangelo fosse predicato in modo semplice – si potrebbe  dire: senza  trucchi di marketing o  ricerca di plausi. Oggi, chiama anche noi -  persone semplici: più o meno istruiti, più o  meno ricchi.
      Dio ha bisogno di noi! 
      Egli ci ha dato  la fede e ora ci chiama a fare qualcosa. 
  "Seguimi..." Perciò anche noi non possiamo aspettare perché  la grande avventura spetta anche a noi, ci  sono tanti cuori che aspettano il Vangelo! 
      Concludiamo la nostra riflessione con il canto:
Lascia che il  mondo vada per la sua strada,
      lascia che  l’uomo ritorni alla sua casa,
      lascia che la  gente accumuli la sua fortuna.
      Ma tu, tu,  vieni e seguimi.  Tu, vieni e seguimi!
Lascia che la  barca in mare spieghi la vela,
      lascia che trovi  affetto chi segue il cuore,
      lascia che  dall’albero cadano i frutti maturi.
      Ma tu, tu,  vieni e seguimi. Tu, vieni e seguimi!
E sarai, luce per gli uomini 
      e sarai sale della terra 
      e nel mondo deserto 
      aprirai una strada nuova           (2v.)
      E per questa strada va, va  
      e non voltarti indietro mai.  
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IV Domenica del Tempo Ordinario
      Festa della Presentazione del Signore 
       Anno A
    
(Lc 2,22-40)
«I miei occhi hanno visto la tua salvezza»
La festa della Presentazione del Signore, che oggi  celebriamo,  è il ricordo della giornata,  di quando Maria ha compiuto il dovere imposto dalla legge ebraica per portare  il primogenito al tempio. Questo rito era un segno che il bambino non  appartiene ai genitori, ma è di proprietà di Dio. L'uomo moderno affascinato  dalle sue capacità, focalizzato sul successo e sull'egoismo spesso lo  dimentica. Vive nella convinzione che tutto ciò che ha, è solo merito suo. Oggi  l'uomo vuole rendersi padrone della vita e della morte. In nome della libertà,  male interpretata, pretende il diritto di essere un dio per se stesso e per gli  altri. Dimentica le parole scritte nella Lettera ai Romani,  tutte le cose e le persone appartengono al  Signore. 
      L’uomo di oggi, quando diventa genitore, non riesce a  donare  suo figlio a Dio, perché non  riconosce Dio come il vero Padre. Sorge allora la domanda, se non a Dio, allora  a chi e perché diamo i nostri figli? 
      Il peccato dei genitori sta nel fatto che  ignorano completamente lo spazio spirituale  dei loro figli riservato a Dio, e ancor più spesso in questo spazio portano  altri "idoli". Si potrebbe dire che invece a Dio, il bambino è  offerto ai successi della carriera, dello sport, dei diversi hobby, e… spesso  della strada. Quando un bambino non è la proprietà di Dio, allora verso di lui  tende le mani il male. E dopo, per anni, i genitori piangono per i propri  figli, senza ricordarsi che nel passato hanno trascurato il loro dovere di  genitori.
      Oggi la Chiesa accende le candele votive. Questa  candela è un segno di luce che Gesù ha portato sulla terra. Nello stesso tempo è  il presagio di luce che illuminerà la Veglia pasquale, per illuminare la notte,  seguita da un mattino di Pasqua. 
      La nostra candela è stata accesa durante il battesimo.  Dal quel momento l’uomo dovrebbe passare attraverso la vita guidato dalla luce  di Gesù. Questa fiamma dovrebbe illuminare il sentiero della vita di ognuno di  noi. 
      Dovrebbe essere non solo, una fonte di luce, ma anche  una fonte di calore, che continuamente riscalda i nostri cuori. Solo il cuore  riscaldato dall’amore di Dio è in grado di irradiare e comunicare questo calore  al prossimo. Attingendo da questa Luce, dobbiamo anche noi diventare la luce  per gli altri. In particolare, i genitori devono essere la luce per i loro  figli.
      Notiamo inoltre che la fiamma di una candela sempre  trema e sempre è rivolta verso l'alto. 
      Proviamo ancora oggi, nel  silenzio della nostra casa, ad accendere di nuovo le nostre candele benedette.  Guardiamo la fiamma tremante e proviamo a vedere in essa la luce di Dio nella  nostra vita quotidiana.
   
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V Domenica del Tempo Ordinario
       Anno A
    
(Mt 5,13-16)
«Voi siete la luce del mondo»
Vogliono persuaderci che da  cristiani dobbiamo vivere nascosti, senza sporgersi, senza ostentare la nostra  fede, le nostre convinzioni, la nostra pietà o   religiosità. Si vuole chiudere la fede e la religione nelle quattro mura  di una chiesa, costringerci al silenzio della casa, separare la nostra  vita  quotidiana da quella delle feste e  della 
domenica. L'intero mondo moderno sta cercando di dimostrare  che la fede è arretratezza, il medioevo,  l’oscurantismo, qualcosa di cui vergognarsi, ciò che non si dovrebbe mostrare  od ostentare. Qualcuno vuole dimostrare che lo stato, la società, la vita  quotidiana, la scuola, il lavoro, il tempo libero, l’intrattenimento, tutto ciò  che compone la nostra vita deve essere areligioso e laico. Esempio?  Dichiarazione del primo ministro francese alla Conferenza dell'Unione Europea  di Laeken che, parzialmente è entrata nella Costituzione Europea. Alla fine, il  significato, niente altro, che una condanna della religione all’esilio, come  prova che la religione è qualcosa di completamente personale e imbarazzante.  Questo è una dimostrazione che il credente appartiene alla seconda o  addirittura alla terza categoria sociale. 
      Ma la risposta di Cristo a  questi tentativi, la troviamo nel Vangelo di oggi: “Così risplenda la vostra  luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone” - e non belle  parole e marce roboanti e processioni, ma le tue buone azioni! 
      Non si tratta di bigottismo e  di fanatismo, né di fondamentalismo religioso, ma della luminosa e chiara testimonianza.  Non vergognatevi di essere credenti!!! La nostra vita non è e non deve essere  areligiosa – atea, priva di principi della morale, ma proprio impregnata,  satura di Cristo. Le nostra vita deve essere santa, buona e religiosa. Dobbiamo  essere il sale della terra, per quel mondo privato della religione, della  morale e dei sentimenti. Dobbiamo essere una luce che brilla e non come una  candela fumosa. Il sale che ha perso il suo sapore è adatto solo per lo  smaltimento. La candela, che non  dà la  luce non serve a nulla. 
  Come credere oggi per essere  veramente il sale di questo mondo?
  Come credere oggi per  essere la luce per il mondo che cammina verso l’oscurità? 
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VI Domenica del Tempo Ordinario
       Anno A
    
(Mt 5,17-37)
«Così fu detto agli antichi; ma io vi dico»
In alcuni  ambienti liberali si può sentire un ragionamento così: “Cristo ha sostituito i  comandamenti del Vecchio Testamento con l'unico comandamento dell'amore e allora  non siamo più obbligati a osservare i comandamenti”. Ma tale ragionamento porta  ad una comprensione molto lassista e liberale di trattare i comandamenti, e  quindi di tutta la moralità. In nome di quel presunto amore si giustifica tutto  e si vuole un’ “etica della situazione”. In nome di quello stesso ragionamento,  si vuole sostituire il senso e il concetto del peccato e della colpa, con  l'idea di debolezza e imperfezione o della fragilità umana. Perciò non c'è  bisogno di confessarsi, e né del sacramento della confessione. 
      Il risultato di  questo ragionamento è un concetto molto vago del peccato, del pentimento, della  penitenza, della necessità del miglioramento. Quindi, cosa migliorare, su cosa lavorare,  dal momento che non c'è peccato, nessuna colpa, nessun male. C'è solo una dichiarazione  vaga e quasi assolutiva: "Io non ho amato Dio e il prossimo." Naturalmente  con questo concetto di debolezze ed infermità, noi non abbiamo nessuna colpa né  alcuna responsabilità, perché è una "malattia quasi organica", come  l'influenza o il raffreddore.
      Nel Vangelo di  oggi Gesù contraddice tutti questi ragionamenti: «Non crediate che io sia venuto  ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno  compimento». E, quasi per sottolineare l'importanza ed evitare  malintesi, medita tutti i più dibattuti comandamenti del Vecchio Testamento:  non uccidere, non commettere adulterio, non giurare il falso. E per ciascuno di  essi utilizza la stessa struttura: “nella vecchia legge hanno detto ... e io  vi dico” , e con questo, in qualche modo, “alza il tiro”. La validità del  Vecchio Testamento, non solo è confermata, ma alzata ad un livello superiore.  Non solo l'omicidio è punibile, ma anche la maldicenza o il calunniare gli  altri. Non è solo l'adulterio un peccato, ma pensieri o sguardi lussuriosi. Non  solo lo spergiuro è un male, ma anche la loquacità e l'abuso di parole.
      Il fatto che le nostre chiese sono vuote, forse è anche  colpa  di alcuni sacerdoti. Ai fini della popolarità,  abbiamo introdotto la teologia di solo bontà, la morale e l’etica, senza comandamenti  e senza peccato: ora soffriamo le conseguenze. La gente non ha più bisogno dei  sacerdoti, della Chiesa, ma anche non ha più bisogno di Dio e si arrangia da se.  Ma, tutte queste persone, se non raggiungeranno la salvezza, sarà solo la nostra  colpa. "
      “Se vuoi  osservare i suoi comandamenti, essi ti custodiranno;
      se hai fiducia in lui, anche tu vivrai.
      Egli ti ha posto davanti fuoco e acqua:
      là dove vuoi tendi la tua mano.”
      (Siracide 15,15)
Basta non dire che il fuoco è l'acqua e non dimostrare che l'acqua è il fuoco!
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VII Domenica del Tempo Ordinario
       Anno A
    
(Mt 5,38-48)
«Amate i vostri nemici»
Il desiderio  umano di felicità  è il desiderio della  prosperità, dell'amore, il desiderio che qualcuno sia sempre con noi. Questo  desiderio  spesso consiste in un ricevere,  in un’ avere - come abbiamo sentito nella lettura di oggi dalla lettera di San  Paolo Apostolo ai Corinzi. 
      Questa  sapienza umana è  stoltezza presso Dio. 
      Ci chiediamo  perché? Perché Dio guarda il cuore umano, il cuore  è la fonte di amore, di gioia, di pace, ma  può anche essere una fonte di peccato, di lussuria, di sporcizia, di crimine.  Dio guarda il cuore umano attraverso il prisma del suo cuore, soprattutto  quando Gesù Cristo muore sulla croce,   perché ama ciascuno di noi.
      Oggi, Gesù nel  Vangelo ci chiama ad evitare il peccato, ma non solo questo, desidera   qualcosa di più. 
      Molto spesso  sentiamo dire ad alcune persone   che non  commettono peccato, perché non fanno niente di male: non rubano, non commettono  atti impuri, non uccidono, ma è da notare che queste persone nel loro cuore  sono spesso tristi, spenti, senza vigore, e penso che così spesso accade anche  per noi. Evitare il peccato è solo la metà del nostro cammino, Gesù ci  incoraggia a fare di più, ci incoraggia a fare del bene. Solo questo può darci  il diritto di chiamarci cristiani. "Amate i vostri nemici" - un  invito a qualcosa di più che evitare il peccato, è una chiamata a fare del  bene. E non si tratta di fare un grandissimo bene, un atto spettacolare e unico  al mondo, ma si tratta di fare il bene nelle piccole cose di tutti i giorni, si  tratta della fedeltà nel piccolo quotidiano.
      Proviamo a  fare un piccolo esame di coscienza:
      Quando è stata l'ultima volta che ho pregato per il  mio vicino di casa che ogni tanto sporca le scale del condominio? Sono riuscito  a sopportare il chiasso che fanno i bambini della famiglia accanto? Sono  riuscito a vedere con “buon occhio” il mendicante che ha bussato alla mia  porta? Questi atti fanno bene all’anima!
      Vediamo  qualcos'altro... Perché amiamo così tanto   Papa Francesco? Proprio per questi piccoli gesti d'amore: baciare o  abbracciare un bambino, un malato, sorridere a tutti coloro che gli tanno  intorno, dire una buona parola a tutti. Proprio questo è l'atteggiamento del  cristiano, questo dovrebbe fare ogni cristiano, ognuno di noi!.
      Che le Letture della Liturgia  di oggi aprano i nostri cuori, affinché possiamo vedere un altro uomo con gli  occhi di Dio.
   
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VIII Domenica del Tempo Ordinario
       Anno A
    
(Mt 6,24-34)
«Non preoccupatevi del domani»
Dio è impotente quando permette  i disastri, le catastrofi naturali nel mondo?
      Davvero Dio esiste se permette  agli uomini di creare la loro storia tragica?
      Dio esiste, c’è e ci sarà, indipendentemente  dalla volontà degli uomini. Tutti gli avvenimenti di questo mondo sono il  risultato di avvicinamento o di allontanamento dell’uomo dal suo Creatore.
      Dio è come la luce. Se siamo  vicini alla sorgente della luce possiamo sentire il suo calore e vedere il suo  bagliore. Quando siamo vicini a Dio ci sentiamo sicuri e tranquilli.
      Quando ci allontaniamo dal  Signore diventiamo ansiosi, nervosi, perdiamo la speranza, il senso e il  significato della vita. Sentiamo il peso dei problemi di questo mondo.
      All’inizio della Liturgia della  Parola di questa domenica, abbiamo sentito il   brano, da me preferito,  dal Libro  di Isaia. Lui ci ricorda la verità sorprendente: anche se mia madre si  dimenticherà di me, Dio sarà sempre al mio fianco, sempre si ricorderà della  mia esistenza!
      Solo Dio ha il diritto di  giudicarci, perché solo Lui conosce le intenzioni del nostro cuore. Se  decidiamo di seguire Dio nella nostra vita, allora dobbiamo ricordare che  questa decisione ci richiede  fedeltà e  coerenza: «Non potete servire Dio e la ricchezza». Non è possibile vivere solo  secondo le regole e le leggi del mondo e poi aspettarsi le ricompense celesti! 
      La nostra vita è, e deve  essere, il desiderio di raggiungere la vera felicità e non solo i surrogati o  le imitazioni.
      La nostra vita è troppo  preziosa per dipendere solo dai beni di questo mondo, dai suoi gingilli. Dio è  alla portata della nostra mano. È sempre pronto, a circondarci in ogni momento  il suo amore, e  a mantenere la sua  promessa, non solo in questa vita ma fino all’eternità! 
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(Gv 3,16-18)
Dio ha mandato il Figlio suo perché il mondo sia salvato per mezzo di lui
Dio è Unico! E  allo stesso tempo è Padre, Figlio e Spirito Santo. Questo è il mistero della  Santissima Trinità. Questa verità di fede sembra essere troppo difficile per la  mente umana. In più sembra completamente staccata dalla vita. Invece facendo il  segno della croce, ripetiamo: nel nome del Padre e del Figlio, e dello Spirito  Santo. Questa semplice confessione delle fede nella Santissima Trinità è anche  una preghiera. Parlare di Dio deve essere sempre collegato con parlare a Dio.  Altrimenti portiamo Dio al livello delle creature che l'uomo può liberamente  esplorare, misurare, descrivere. Invece Dio rimane sempre un mistero. Non si  può rinchiuderLo nei concetti, frasi, dogmi, non si può descriverLo una volta  per tutte.
      «Dio ha tanto amato il mondo da dare  il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia  la vita eterna» - ha detto lo stesso Gesù a Nicodemo. Se riusciamo a dire  qualcosa circa il mistero di Dio, è solo questo, che Lui ha rivelato di se  stesso a noi. Ha rivelato questo, non per soddisfare la nostra curiosità, ma  per fare amicizia con noi, per costruire legami che hanno il potere di salvare  dalla morte. 
      Il fatto che  Dio è un mistero, non vuol dire che si nasconde a noi. Al contrario, si fa  conoscere. La chiave per la Sua conoscenza è l'amore, il rapporto vivo con Lui.  Si può amare solo quello che è misterioso (proviamo a ricordare il racconto de’  Il Piccolo Principe). È un po' come imparare, conoscere e apprezzare un altro  uomo. Quanto tempo ci vuole, quanta pazienza, perseveranza, amore, per  conoscere un altro essere umano! Nel mio paese dicono che per conoscere una  persona bisogna prima mangiare un barile di sale! E quanto tempo ci vuole, quanta  pazienza, perseveranza e amore, per arrivare a conoscere Dio? 
      E come  importante è la verità della Santissima Trinità per l'uomo? Importantissima!  Dio è una comunità di persone unite dall'amore. Ciascuna di queste Persone è  unica e irrepetibile. Allo stesso tempo è se stessa grazie al rapporto con  l'altra persona. All'interno di Dio è costante lo scambio di vita, il dialogo, l’incontro.  Da questo amore è nato il mondo, te e io. Dal momento che l'uomo è creato a  immagine dell’amore delle Tre Persone Divine, è chiaro che si diventa uomo vero  quando si costruisce relazioni con gli altri, soprattutto quando si vive con  gli altri, per gli altri, e non contro gli altri. Ognuno di noi è unico,  eccezionale, ma l'unicità di ogni persona umana si rivela nell’incontro con  l'altro. Il centro della mia vita non è in me, è oltre di me. 
      Dal mistero  della Santissima Trinità viene un semplice messaggio: AMA! Costruisci i legami  con gli altri, pazientemente custodisci la comunione di persone nella famiglia,  nella società, nella Chiesa. Non credete all’ateo Sartr che ha detto che  l'inferno sono gli altri. Contando solo su se stesso, costruisci una fortezza  di solitudine e di egoismo distruttivo. 
      Come  festeggiare la Domenica della Santissima Trinità? Guarda in profondità negli  occhi di tua moglie, di tuo marito, della mamma, del papà, del fratello, della sorella,  dell’amico. Siediti insieme alla tavola, e sii solo per loro. Parla sinceramente.  Non ti vergognare di dire ti amo, mi manchi, mi dispiace, grazie. Pensa quanto devi  agli altri. 
      Ringrazia  a Dio Padre, a Dio Figlio, a Dio Spirito Santo.
   
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Santissimo Corpo e Sangue di Cristo 
       Anno A
    
(Gv 6,51-58)
«La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda»
Dopo  la moltiplicazione dei pani, la gente Lo voleva proclamare  re per ricevere costantemente il pane senza  pagarlo, Gesù parlava al pubblico nella sinagoga di Cafarnao. Dal pane comune  vuole indirizzare i pensieri degli ascoltatori sul pane, nella forma del quale  darà alla gente il Suo Corpo. Gesù è il pane disceso dal cielo e dà la vita.  Nel contesto della realtà divina il Corpo di Gesù è il vero pane e il Suo  Sangue vera bevanda. Gli i diretti ascoltatori dell’epoca, questo annuncio non  potevano capirlo, molti di loro lo abbandonarono, credendo che il Suo discorso  fosse troppo difficile da capire. Anche gli apostoli non  capirono molto, ma attraverso la bocca di  Pietro confessarono la loro fiducia nel Maestro e nelle sue parole.
      Neanche  noi riusciamo a penetrare fino in fondo il mistero del Corpo e del Sangue di  Cristo sotto le specie del pane e del vino. Questo è il grande mistero della  fede. La solennità di oggi vorrebbe fortificare, consolidare questa fiducia  dentro di noi. Questa è anche l'occasione per la professione pubblica del  nostro credo. Oggi Gesù nell'Eucaristia esce fuori dalle chiese, va per le  strade delle nostre città e dei nostri paesi, cammina sulle nostre strade  quotidiane e non risparmia la Sua benedizione. E noi, professiamo che tutto ciò  che si trova sulle nostre strade dovrebbe essere sottoposto a Lui: le nostre  famiglie, le scuole, i luoghi di lavoro, i negozi e gli ospedali. Tutto  dovrebbe essere soggetto a Lui, governato dalle Sue leggi. Tutti e tutto  dovrebbe essere riconosciuto come Signore.
      Ma  quanto male succede sulle strade dove oggi passerà la processione! Gesù va ad  ammonire ciò che è il male e benedice tutte le azioni che invece tendono verso  il bene. Tutti noi possiamo essere in grado, dopo la visita di Gesù e dopo le  Sue benedizioni, di vincere  il male con  il bene. Invitando Gesù sulle nostre strade, dichiariamo la nostra  disponibilità a farlo.
      San  Paolo in un breve brano della Prima Lettera ai Corinzi, che  oggi costituisce la seconda lettura  liturgica, descrivendo la celebrazione dell'Eucaristia nella chiesa primitiva,  parla della coppa benedetta e del pane spezzato. La conseguenza pratica della  partecipazione a questi misteri dovrebbe essere l'unità tra i cristiani. "Poiché  vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti  partecipiamo all’unico pane".
      La  partecipazione comune all'Eucaristia deve edificare il Corpo di Cristo che è la  Chiesa e rafforzare l'unità di tutti i credenti. Durante la Processione di oggi  si potrà avere l'occasione per pensare a come raggiungere l'unità del Corpo di  Cristo.
      Certo c'è ancora molto da  fare, ma non rinunciamo a questo compito.
   
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(Mt 16,13-19)
«Tu sei Pietro, a te darò le chiavi del regno dei cieli»
È bello che quest’anno la  Solennità dei Santi Pietro e Paolo venga celebrata nel giorno della  risurrezione, che è ogni Domenica. È bello perché entrambi gli apostoli sono  testimoni di Gesù Risorto. Ed entrambi hanno portato al mondo questa notizia -  ciascuno a suo modo. Anche oggi, abbiamo bisogno di questi stili di Pietro e di  Paolo, perché la Chiesa rimanga fedele al messaggio missionario lasciato da  Cristo. Ma in che cosa si differenziano “gli stili” di Pietro e di Paolo? 
      Pietro rappresenta quelli  che credono in un modo semplice, concreto, anche se non senza difetti. È andato  dai credenti ebrei per presentare a loro la continuità della fede da Abramo,  Mosé fino a Gesù che è morto e risorto per la nostra salvezza. Gesù personalmente  lo ha invitato nella cerchia dei suoi discepoli più stretti. Così Pietro è  diventato il lievito della Chiesa e, ancor di  più la guida della Chiesa di Cristo. 
      Invece, Paolo è stato invitato nel gruppo dei  discepoli dopo la risurrezione di Gesù e la Sua ascensione. Non ha incontrato  il Maestro di Nazaret durante la sua vita terrena, ma è stato chiamato da Lui e  Gesù gli ha fatto conoscere la potenza della sua grazia. Sulla base della sua  vasta erudizione, Paolo è diventato missionario dei pagani con i quali poteva  parlare di qualsiasi argomento. 
      Questi due apostoli, anche  se diversi per origine e per la loro professione, sono stati personalmente  chiamati da Cristo a predicare il Vangelo. Ognuno di loro aveva la propria vita  e Dio li aveva mandati là dove potevano svolgere meglio la loro missione.  Questo è un suggerimento per noi: Cristo Gesù ha bisogno costantemente dei predicatori  della Buona Novella, ha bisogno dei testimoni con diversi doni. La diversità  nella Chiesa non è un ostacolo, ma è la ricchezza dell’evangelizzazione.  Dio è un mistero, allora può utilizzare i  nostri talenti in un modo estremamente creativo. C'è solo una condizione  affrontata anche da entrambi gli apostoli: è la fiducia in Dio e la devozione a  Lui. 
      Per molti di noi questo è  inconcepibile e per questo continuiamo a perdere così tanto bene. Proviamo a  notare che le persone la cui fede ha portato all'eroismo della santità, avevano  i talenti che hanno arricchito la vita della Chiesa nel suo tempo e che ancora  oggi sono un modello da seguire. I Santi non sono tutti uguali - sono quelli  che erano nella vita, diversi tra di loro come i Santi di oggi che vengono ricordati:  Pietro e Paolo. Nonostante questa diversità sono stati “utilizzati” come gli Apostoli. 
      Oggi vale la pena chinare  il capo sul mistero della vocazione alla santità, quella santità, alla quale si  può arrivare da diversi percorsi. Non dimentichiamo, però, che non saranno mai le  strade facili e semplici, perché la vita del messaggero di Dio è sempre la fatica  e la sofferenza. Anche Cristo Gesù ha attraversato questa strada per entrare  nel Regno dei Cieli. 
      Camminiamo  allora sulle orme lasciate a noi da Dio e dai suoi santi. Camminiamo sulla via  della salvezza che Gesù ha tracciato per la sua Chiesa e sicuramente usciremo  vincitori: “tu sei  Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi  non prevarranno su di essa”.
   
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XIV Domenica del Tempo Ordinario 
       Anno A
    
(Mt 11,25-30)
«Io sono mite e umile di cuore»
Dio su un asino... Dio che lava i piedi degli uomini. 
      Allora chi è Dio? Dio o l'uomo? Umile e potente allo stesso tempo. 
      Dio prima di invitare i peccatori a partecipare alla sua umiltà e potenza,  si manifesta, si mostra quello che è. Questo è un motivo di grande gioia dal  profeta Zaccaria: «Esulta  grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene  il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro  figlio d’asina». La Figlia di Sion è la Chiesa, chiunque appartiene  ad essa, quindi ogni battezzato. Così siamo chiamati a una grande gioia, perché  solo un  Signore umile che  romperà gli archi della guerra, darà la vera  pace. 
               Gesù, umile e Potente Signore, ci invita: «Venite a me, voi tutti che siete  stanchi e oppressi e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e  imparate da me, che sono mite e umile di cuore, così troverete ristoro per la  vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero». Chi di noi non sente il peso del lavoro nella vita e chi di noi non si  sente stanco? Le vacanze possono rilassarci, ma non ci libereranno dalle  fatiche dell’oppressione quotidiana legata alla vita dei peccatori e non danno  le risposte a molte domande? 
               Ascoltiamo bene l’invito di Gesù. Dobbiamo andare da Lui con il giogo del lavoro,  con il carico della fatica quotidiana,   Lui non lo toglie, ma lo fa diventare dolce e leggero. Gesù ci propone  uno scambio unico e misterioso per il nostro bene. Egli conosce bene la natura  umana. Lui sa, che noi sempre serviamo "qualcuno" o "qualcosa"  e per questo che ci stanchiamo. Serviamo: noi stessi, il mondo, satana o Dio.  Quindi si tratta di mettersi al servizio di Colui che è il Signore Supremo. Se  qualcuno vuole costruire con la propria testa, se ha molti “signori”,   inevitabilmente va incontro al caos. Invece la sottomissione a Dio ci permette  di vedere gli effetti positivi di un tale servizio. 
      Gesù infatti non ci offre le "nuove manette", ma ci propone la  collaborazione nel portare il Suo peso, la Sua Croce per la salvezza del mondo!  Unito con il Padre, Gesù ci invita sotto il Suo giogo. 
      Gesù ci invita a smettere di contare solamente sulle nostre forze, sulle  nostre capacità. San Paolo consapevole del potere che il Signore ci dà scrive  ai Romani: “Se  qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene… se vivete secondo la  carne, morirete. Se, invece, mediante lo Spirito fate morire le opere del  corpo, vivrete”.
      Ecco l'invito di Gesù diventa  un grido. Questa è una chiamata a uscire da se stesso e  andare  all’incontro con Lui. Ci chiama per un completo abbandono in Lui, a una  dipendenza da Lui come Egli dipende da noi. Lui ci chiama ad amare come Egli lo  fa!
   
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XV Domenica del Tempo Ordinario 
       Anno A
    
(Mt 13,1-23)
«Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano»
Tutti siamo  chiacchieroni! Praticamente, solo pochi mesi dopo la nascita, cominciamo a  balbettare, e poi, col passare del tempo, parliamo sempre più correttamente.  Pronunciamo le parole, le frasi, cominciamo a raccontare le storie. Alcuni  riescono dalle sue parole fare una spada a doppio taglio, altri sono in grado  di creare un capolavoro letterario. Ci sono alcuni che usano le parole degli  altri, facendole loro e  altri le proprie  parole, le  mettono in bocca ad altri.  Quindi che cosa sono le nostre parole? Questo dipende solamente da noi stessi:  le parole pronunciate da noi possono essere espressione di amore, ma anche  possono essere un'arma letale. 
      Oggi,  tuttavia, parliamo  della Parola scritta con la “P” maiuscola, della  Parola di Dio che ci accompagna dalla nascita alla morte, dal battesimo al  funerale. Il profeta Isaia, ricordando un rapporto tra l’abbondanza del  raccolto e della pioggia, parla dell'efficacia della Parola del Signore: «... la mia parola  uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato  ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata». 
      Grazie alla  Parola acquistiamo non solo la conoscenza, ma e soprattutto siamo in grado di  comprendere il significato della fede, il nostro destino, perché “anche noi, che  possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione  a figli, la redenzione del nostro corpo”.
      Il vangelo di  oggi cattura perfettamente la natura delle parole destinate per noi. Gesù ci  racconta la parabola del seminatore. Storia conosciuta assume un tono diverso  nel contesto di tutta la liturgia della Parola di oggi. Il seme più importante  è quello che germoglierà nel nostro cuore. Il cuore è il terreno giusto e  fertile per il seme, che è la Parola di Dio. Significative sono le parole di  Gesù, «per  questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non  ascoltano e non comprendono. Così si compie per loro la profezia di Isaìa che  dice: “Udrete, sì, ma non comprenderete, guarderete, sì, ma non vedrete». Queste parole riguardano le persone che non danno importanza alla  comprensione della Parola, che però è necessaria per vivere nella fede. 
      Noi godiamoci  la possibilità di ascoltare e guardare   ciò che gli altri non sentono con le orecchie e non vedono con i loro  occhi. Godiamoci la fede, godiamoci l'amore, rallegriamoci nella speranza,  perché proprio a noi, Gesù rivolge le parole: «Beati invece i vostri occhi  perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano». 
      O Dio, se tale è la tua  volontà, apri le nostre orecchie e i nostri occhi, per sentire e comprendere la  Tua Parola - il nostro deposito della fede.
   
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XVI Domenica del Tempo Ordinario 
       Anno A
    
(Mt 13,24-43)
«Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura»
La  logica umana tende a purificare l'ambiente, ad eliminare i cattivi. La logica  di Dio, invece, chiama alla sapiente maturazione nella santità in prossimità  del cattivo. Questa è una delle forme della misericordia di Dio. I buoni  vengono costantemente testati dalla stretta presenza del male nei loro  ambienti. Invece i cattivi, vedendo la vita onesta degli altri, sono  costantemente chiamati al pentimento e alla conversione. Gli uni e gli altri  crescono e maturano nello stesso tempo nelle stesse condizioni, negli stessi  sistemi. Gli uni fanno gli scandali, gli altri danno un buon esempio. Così sarà  fino alla fine del mondo. La battaglia tra il male e il bene sembra essere  sempre più aspra. Il male vuole vincere, ma il bene cresce e porta frutto a  dispetto degli attacchi del male e del maligno.
      Il  nostro potere in questo è, lo Spirito Santo   dalla parte del bene. San Paolo ci ricorda: «Fratelli, lo Spirito viene  in aiuto alla nostra debolezza». Dio non c’è nell’azione del male. Nel male attuale  c’è un altro spirito – uno spirito forte, intelligente, pericoloso - Satana.
      L’erbaccia  di ogni male: l’aggressione, la violenza, la pornografia, la maledizione, la  droga, l’ubriachezza... La malerba dell’ingiustizia, dell'inganno, del  tradimento, dell'accidia, dell’avarizia... Di queste cose possono essere tante  in un piccolo cuore dell’essere umano. Molto di più possono essere nel  matrimonio, nella famiglia, nel quartiere, nella parrocchia, nello Stato o  nella Chiesa. La tentazione di sradicarli è molto forte. Invece Gesù dice  chiaramente: «Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura».  Lasciate!
      Cristo Gesù non permette di  sradicare le erbacce. Lui stesso affronterà e combatterà lo scandalo, alla fine  della storia. Questa è la sua logica. Egli ci dona lo Spirito Santo, perché con  il Suo potere possiamo vincere. Il discepolo di Cristo deve vivere la logica  del Maestro, non la sua!
   
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XVII Domenica del Tempo Ordinario 
       Anno A
    
(Mt 13,44-52)
«Vende tutti i suoi averi e compra quel campo»
Non c'è più  grande esperto per gli affari come Dio. Il Suo Figlio è venuto a noi per  insegnarci questa arte. Ha dato regole precise e ha mostrato come condurre il  business di Dio. Come prima cosa, questo richiede di riconoscere ciò che ha il  valore più alto. 
Questa diagnosi, questo discernimento, fa parte della sapienza  e della saggezza. La saggezza è sempre stata,   e sempre sarà apprezzata dalla scuola del business di Dio. Uno degli  studenti eccezionalmente dotati di questa scuola era Salomone. La sua preghiera  per la saggezza non dovrebbe mai sparire dal cuore del discepolo di Gesù.
      Il Signore  Gesù ci ha lasciato il metodo di padroneggiare l'arte del business di Dio: 
      La prima cosa  è quella di ottenere il dono della sapienza. È una fortuna, quando un uomo scopre  improvvisamente questo dono (il tesoro nascosto nel campo). 
  
La seconda -  il graduale cambiamento dei valori più piccoli per quelli più grandi (la perla  preziosa). 
      La terza – la  capacità della selezione quotidiana e la scelta del cibo buono e il rifiuto di  quello cattivo (pesce nella rete). 
      Per questo  business, Dio richiede un rischio coraggioso. Nei primi due casi dobbiamo  essere sempre pronti a vendere tutto ciò che abbiamo per poter acquistare il  terreno con un tesoro nascosto o la perla preziosa. Tuttavia, non si può  vendere nulla, prima di vedere, di possedere il tesoro della saggezza. È sempre  necessario sostituire ciò che è meno prezioso, con quello più prezioso.
      Dobbiamo  essere professionisti degli affari di Dio. Gesù vuole che noi diventiamo le  persone più felici e più ricche del mondo. La condizione è unica: bisogna  possedere saggezza.
  
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XVIII Domenica del Tempo Ordinario 
       Anno A
    
(Mt 14,13-21)
Tutti mangiarono e furono saziati
Quelli non erano i poveri, i senza soldi, non erano persone ai margini della società. Loro erano attenti ascoltatori, che così altamente apprezzavano la parola di Gesù, che si sono dimenticati il cibo. Più importante per loro, era la Sua saggezza che il pane. Gli Apostoli pensano ai loro stomaci vuoti e chiedono al Maestro di sciogliere l’assemblea e di mandare la gente a cercare il cibo. Infatti Gesù ha deciso di saziarli non solo della saggezza, ma anche di buon pane e di pesce. Lo ha fatto con la sua potenza. Ha moltiplicato quello che avevano e non hanno avuto tanto: solo cinque pani e due pesci. Gli affamati “erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini”. Quanto importante è vedere e
mantenere l'armonia tra il cibo per il corpo e per lo spirito. Lo spirito cresce, nutrendosi di saggezza. La Parola di Dio è l'alimento di base per lo spirito. Senza questo cibo lo spirito si indebolisce rapidamente e può morire. Questo banchetto spirituale al lago di Genesaret è durato molte ore. Invece la cena offerta da Gesù, anche se mangiata con gran gusto, forse un'ora ...
Solo chi apprezza il cibo per lo spirito, si sforza perché anche gli altri possano averlo in abbondanza. La misericordia sempre si collega con la soddisfazione della fame. Se qualcuno si limita esclusivamente a soddisfare la fame del corpo, dimenticando lo spirito, ha poco in comune con la carità evangelica. Questa è solo un'illusione. Nel Vangelo,  ogni fetta di pane data agli affamati, come  complemento indispensabile, dovrebbe avere un boccone di cibo spirituale. L’affamato, quasi incoscientemente, aspetta questo cibo spirituale anche quando professa a gran voce il suo ateismo e l'ostilità alla Chiesa. Egli attende da noi il sorriso di bontà, una buona parola, aspetta che riusciamo a notare la fame del suo corpo e del suo spirito, aspetta anche la nostra preghiera.
Quelli non  erano i poveri, i senza soldi, non erano persone ai margini della società. Loro  erano attenti ascoltatori, che così altamente apprezzavano la parola di Gesù,  che si sono dimenticati il cibo. Più importante per loro, era la Sua saggezza  che il pane. Gli Apostoli pensano ai loro stomaci vuoti e chiedono al Maestro  di sciogliere l’assemblea e di mandare la gente a cercare il cibo.Infatti Gesù ha deciso di saziarli non solo della saggezza, ma anche di buon pane e di pesce. Lo ha fatto con la sua potenza. Ha moltiplicato quello che avevano e non hanno avuto tanto: solo cinque pani e due pesci. Gli affamati “erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini”.
Quanto importante è vedere e mantenere l'armonia tra il cibo per il corpo e per lo spirito. Lo spirito cresce, nutrendosi di saggezza. La Parola di Dio è l'alimento di base per lo spirito. Senza questo cibo lo spirito si indebolisce rapidamente e può morire. Questo banchetto spirituale al lago di Genesaret è durato molte ore. Invece la cena offerta da Gesù, anche se mangiata con gran gusto, forse un'ora ...
Solo chi apprezza il cibo per lo spirito, si sforza perché anche gli altri possano averlo in abbondanza. La misericordia sempre si collega con la soddisfazione della fame. Se qualcuno si limita esclusivamente a soddisfare la fame del corpo, dimenticando lo spirito, ha poco in comune con la carità evangelica. Questa è solo un'illusione. Nel Vangelo, ogni fetta di pane data agli affamati, come complemento indispensabile, dovrebbe avere un boccone di cibo spirituale. L’affamato, quasi incoscientemente, aspetta questo cibo spirituale anche quando professa a gran voce il suo ateismo e l'ostilità alla Chiesa. Egli attende da noi il sorriso di bontà, una buona parola, aspetta che riusciamo a notare la fame del suo corpo e del suo spirito, aspetta anche la nostra preghiera.
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XIX Domenica del Tempo Ordinario 
   Anno A
(Mt 14,22-33)
"Comandami di venire verso di te sulle acque"
Un psicologo americano ha calcolato che la maggior  parte delle persone muoiono al mattino, tra le tre e le cinque. Anche le mamme  affermano che in queste ore si risvegliano i piccoli bambini. Forse questo  succede perché l'efficienza del corpo umano è più debole. È interessante notare  che, proprio in questi momenti, ha avuto luogo ciò che viene descritto nel  Vangelo di oggi, nel quale si racconta la prova di fede degli Apostoli.
  "La barca intanto  distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti  era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul  mare." Proprio gli esegeti affermano che Gesù è venuto  dagli Apostoli tra le tre e le cinque, camminando sulle onde. Non  meravigliamoci allora che loro fossero più terrorizzati che sorpresi. E Gesù si  rivolge a loro con le parole di incoraggiamento: «Coraggio, sono io, non abbiate  paura!».  Solo allora Pietro riesce a rivolgere le  parole al Maestro: «Signore,  se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». E Pietro scende dalla barca e comincia a camminare sulle acque. Già era  vicino a Gesù quando una raffica di vento lo ha spaventato e ha cominciato ad  affondare. Possiamo immaginare con quale tono di voce si è rivolto a Gesù: «Signore,  salvami!». E Gesù stese la mano e disse: «Uomo di poca fede, perché hai  dubitato?».
               Pietro ha sperimentato qualcosa di insolito. Ha vissuto la propria fede e ha  avuto la possibilità di vedere come era la sua fede. Si è convinto che era  fragile e debole. Quando aveva paura ha cominciato ad affondare, e  Gesù lo ha salvato - ha dato una mano. Pietro  vede che il suo cuore è lontano da una fede profonda e genuina, nonostante la  sua dichiarazione, che non  abbandonerà mai il Maestro, che crede in Gesù  come Messia. Nella sua fede è mancata la fiducia totale in Cristo nel momento  della prova. "La fede e la speranza – diceva san Giovanni Paolo II  - con l’amore sono il fondamento della vita cristiana, la pietra angolare  che è Gesù Cristo".
               Come ognuno di noi è simile a Pietro nella fede - "uomini di poca  fede". Desideriamo attraversare la vita con le strade facili, invece  troviamo quelle impervie, pieni di insidie e di tempeste. A volte sembra anche  a noi che Gesù ci ha lasciati. Non   sentiamo la Sua presenza. Ci perdiamo, stiamo annegando in un mare di  problemi, perché non abbiamo fiducia in Cristo. Notiamo bene che Pietro  camminava sulle acque, solo quando si fidava di Gesù e lo guardava negli occhi.  Quando ha  dubitato, ha cominciato ad affondare. 
  Su questo  esempio di Pietro, vediamo quanto sia importante il nostro rapporto con Gesù. E  questo rapporto deve essere rinnovato quotidianamente con la preghiera e i  sacramenti - in particolare con la Penitenza e l'Eucaristia.
  Preghiamo il Signore perché il  tempo delle vacanze, del divertimento e dello svago non allenti il nostro  rapporto con Gesù, che sempre tende la Sua mono per aiutarci!
   
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XXI Domenica del Tempo Ordinario 
   Anno A
(Mt 16,13-20)
"Tu sei Pietro, e a te darò le chiavi del regno dei cieli"
«A te darò le  chiavi del regno dei cieli»
  La Chiesa è  un'istituzione divino-umana, alla quale Cristo Gesù ha affidato il “potere  delle chiavi”. Queste chiavi ha messo nelle mani di Pietro e dei suoi  successori. Che cosa significa questo potere? Quale porta Pietro chiude e apre?
  Queste sono le  chiavi per il mondo della verità rivelata che consentono di entrare nella  ricchezza della Sacra Scrittura e della Tradizione. Di questo, parla molto  chiaramente San Paolo nella sua lettera ai Romani: “O profondità  della ricchezza, della sapienza e della conoscenza di Dio!” Queste chiavi che custodisce Pietro, sono nelle mani dei pastori della  chiesa e dei catechisti.
  Queste sono le  chiavi per il mondo del bene e del male. Con esse la Chiesa apre il mondo del  bene e della misericordia. Con esse la Chiesa chiude il mondo del male, quando  l'uomo convertito, lo lascia. Queste chiavi che custodisce Pietro sono messe  nelle mani degli educatori.
  Queste sono le  chiavi per il mondo della santità, con le quali la Chiesa apre il mondo della  grazia. Lo fa celebrando i sacramenti. Queste chiavi si trovano nelle mani del  sacerdote che consacra il pane e assolve nel confessionale. Tuttavia, anche di  queste chiavi è responsabile Pietro.
  Queste sono le  chiavi della disciplina ecclesiastica, cioè delle leggi riguardanti tutti i  battezzati. Chiudono le porte della Chiesa per coloro che sono indisciplinati e  le aprono a coloro che vogliono vivere queste norme. Queste chiavi sono messe  nelle mani dei vescovi responsabili della vita della comunità religiosa. Il  loro carattere paterno è stato rivelato dal Profeta Isaia:  “Sarà un padre  per gli abitanti di Gerusalemme”.
  Il discepolo di Cristo, un  membro della Chiesa, dovrebbe conoscere la potenza di queste chiavi e di sapere  come usarle. L'autorità nella Chiesa non può essere paragonata a nessun’ altra  sulla terra. Il potere nella Chiesa appartiene a Dio, e Lui alla fine del mondo  farà i conti con quelli che oggi dispongono di queste chiavi!
   
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