Domeniche del tempo ordinario

anno A (2014)

Indice:

II Domenica Ordinaria
III Domenica Ordinaria
IV Domenica Ordinaria
V Domenica Ordinaria
VI Domenica Ordinaria
VII Domenica Ordinaria
VIII Domenica Ordinaria
Santissima Trinità
Santissimo Corpo e Sangue di Gesù
Santi Pietro e Paolo
XIV Domenica Ordinaria
XV Domenica Ordinaria
XVI Domenica Ordinaria
XVII Domenica Ordinaria
XVIII Domenica Ordinaria
XIX Domenica Ordinaria
XXI Domenica Ordinaria

II Domenica del Tempo Ordinario
Anno A

(Gv 1,29-34)

«Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo»

Il popolo eletto, non è solo quello d’Israele, ma è tutti noi riuniti nella Chiesa di Cristo. Sei sicuro? Dio si è rivelato come un bambino indifeso, suscitando in tutte le generazioni di cristiani, non solo ammirazione, ma anche  affetto, non solo gratitudine ma anche amore, non solo  gioia ma anche adorazione. L’adorazione, che dobbiamo manifestare in qualsiasi momento e non solo nel periodo dopo Natale, la dobbiamo esprimere con le preghiere, i canti, con la partecipazione frequente alla Messa, e - soprattutto – con e nell'Eucaristia.
Questo ci fa comprendere la vicinanza di Dio, fattosi uomo e debole Bambino. Ma nel  mondo spesso accade diversamente. Oggi San Paolo, parlando ai Corinzi, e quindi, indirettamente a noi, ci rende consapevoli della nostra vocazione alla santità e garantisce che il nostro Signore Gesù Cristo sarà la nostra forza in cammino,  non sempre la vocazione è sapientemente letta da altri uomini. A volte, la fiamma della vocazione viene spenta da quelli che ci sono vicini. Non spegniamo la fiamma della santità, non spegniamo il senso della vocazione. Questo mi sembra molto importante e richiede la nostra profonda riflessione.
Il Vangelo ci conduce alle rive del Giordano, dove Giovanni Battista prepara la gente a incontrare Gesù, è qui che  ha inizio il suo ministero pubblico. Ciò che fa Giovanni, è  notato e apprezzato da molti, ma ci sono anche alcuni che vogliono spegnere  e far tacere questa voce. Giovanni è consapevole di tutto ciò e quando vede Gesù,  comincia a gridare: "Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!" . Riflettiamo sul significato delle parole pronunciate da Giovanni, le parole misteriose, potenti, sorprendenti. Per le persone che conoscevano il sacrificio dell'agnello associato alla notte della partenza di Israele dalla schiavitù in Egitto, queste parole sono state particolarmente ben comprese.
Questo è un suggerimento per noi, per tutti coloro che vogliono lottare per la santità, perché il nostro obiettivo principale è la ricerca della santità, che è il compiere della volontà di Dio. Questo richiede un duro lavoro, un lavoro solido,  sacrifici, fedele adempimento della legge di Dio e degli insegnamenti del Vangelo. A coloro che seguono questa strada, Gesù dona gioia e pace, la forza e il potere di superare le difficoltà.
“Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo” – sentiamo queste parole quando ci avviciniamo a prendere Gesù eucaristico. Questo ci permette di prendere la coscienza di Chi ci libera da tutte le colpe e in quale nome riceviamo il perdono dei peccati. Proviamo non solo a ricordare queste parole ma anche a capirne il senso profondo.
Signore Gesù, Agnello di Dio, accompagnaci sulla via della fede, della speranza e dell'amore, sulla via della santità!  

III Domenica del Tempo Ordinario
Anno A

(Mt 4,12-23)

«Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini»

Quando Gesù camminava sulla terra di Palestina annunciando la Buona Novella, dietro di lui c’erano le folle che con cuore aperto ascoltavano ogni parola dei Suoi insegnamenti. Ma, tanti erano, anche quelli che non poterono sperimentare direttamente l'incontro con il Signore, e non riuscirono a sentire le sue parole. Invece Lui voleva che la verità del suo Vangelo arrivasse ad ogni essere umano. Per questo, tra la folla che lo circondava, scelse i Dodici, mandando loro dove Lui non era in grado di arrivare: nelle città e nei villaggi della Palestina, perché nel suo nome chiamassero alla conversione, guarissero i malati, scacciassero gli spiriti maligni, predicassero il Vangelo. Quando fu terminato il tempo della predicazione terrena di Gesù, Lui mandò questi dodici in tutto il mondo. Oggi, questa missione viene compiuta, non solo dai vescovi e dai sacerdoti, ma dall’intera Chiesa predicando il Cristo Risorto e il Suo Vangelo.
Il brano del Vangelo di oggi, preso dal Libro di San Matteo, ci racconta la vocazione dei primi apostoli. Sembrerebbe, che questo brano evangelico, si riferisce solo a coloro che sono chiamati a proclamare la Parola di Dio, per così dire, dalla forza dell’ufficio, cioè i vescovi, i sacerdoti, i religiosi ed i missionari. Ma è davvero così? Tu giovane o adulto, uomo o donna, puoi dire tranquillamente che le parole appena udite in alcun modo non ti riguardano?
Il Vangelo è rivolto a tutti gli uomini senza eccezione e quindi anche a te. Anche tu, cara sorella, caro fratello, sei chiamato a predicare il Vangelo. Quando Gesù disse a Pietro: "Seguimi ...", questa parola era rivolta a tutti i suoi discepoli. Questa parola non voleva essere solo un pio desiderio, una  piccola richiesta. Era un ordine esplicito: "Seguimi ...".
Che cosa vuol dire? Ognuno di noi è stato chiamato da Dio principalmente per l'umanità e poi per il cristianesimo. Il Signore Gesù ha nominato apostoli non i più degni, i più saggi o i più forti, ma ha chiamato: Simone, che lo aveva rinnegato; Tommaso che non credeva; Andrea, Giacomo e Giovanni, dei semplici pescatori; Matteo, che scandalizzava gli altri con la sua professione; ed infine Giuda - il traditore. Gesù non guardava la loro origine, ma soprattutto la loro umanità. Lui sempre rispetta la dignità dell'uomo. Tuttavia, queste persone semplici sono diventate sante (tranne Giuda), perché hanno perseverato sino alla fine nella vocazione a cui Gesù li aveva chiamati. Nella vocazione, ciò che è più importante, è la perseveranza e la fedeltà. Dio guarda la nostra umanità. Quindi, non c'è nulla da spiegare, Dio non si è sbagliato a chiamarci ad essere buoni cristiani. Dobbiamo seguire questa strada, che Lui ci ha indicato.
Il Signore Gesù ha scelto le persone semplici perché voleva che il Vangelo fosse predicato in modo semplice – si potrebbe dire: senza  trucchi di marketing o  ricerca di plausi. Oggi, chiama anche noi -  persone semplici: più o meno istruiti, più o meno ricchi.
Dio ha bisogno di noi!
Egli ci ha dato la fede e ora ci chiama a fare qualcosa.
"Seguimi..." Perciò anche noi non possiamo aspettare perché  la grande avventura spetta anche a noi, ci sono tanti cuori che aspettano il Vangelo!
Concludiamo la nostra riflessione con il canto:

Lascia che il mondo vada per la sua strada,
lascia che l’uomo ritorni alla sua casa,
lascia che la gente accumuli la sua fortuna.
Ma tu, tu, vieni e seguimi.  Tu, vieni e seguimi!

Lascia che la barca in mare spieghi la vela,
lascia che trovi affetto chi segue il cuore,
lascia che dall’albero cadano i frutti maturi.
Ma tu, tu, vieni e seguimi. Tu, vieni e seguimi!

E sarai, luce per gli uomini
e sarai sale della terra
e nel mondo deserto
aprirai una strada nuova           (2v.)
E per questa strada va, va 
e non voltarti indietro mai.  

IV Domenica del Tempo Ordinario
Festa della Presentazione del Signore
Anno A

(Lc 2,22-40)

«I miei occhi hanno visto la tua salvezza»

La festa della Presentazione del Signore, che oggi celebriamo,  è il ricordo della giornata, di quando Maria ha compiuto il dovere imposto dalla legge ebraica per portare il primogenito al tempio. Questo rito era un segno che il bambino non appartiene ai genitori, ma è di proprietà di Dio. L'uomo moderno affascinato dalle sue capacità, focalizzato sul successo e sull'egoismo spesso lo dimentica. Vive nella convinzione che tutto ciò che ha, è solo merito suo. Oggi l'uomo vuole rendersi padrone della vita e della morte. In nome della libertà, male interpretata, pretende il diritto di essere un dio per se stesso e per gli altri. Dimentica le parole scritte nella Lettera ai Romani,  tutte le cose e le persone appartengono al Signore.
L’uomo di oggi, quando diventa genitore, non riesce a donare  suo figlio a Dio, perché non riconosce Dio come il vero Padre. Sorge allora la domanda, se non a Dio, allora a chi e perché diamo i nostri figli?
Il peccato dei genitori sta nel fatto che  ignorano completamente lo spazio spirituale dei loro figli riservato a Dio, e ancor più spesso in questo spazio portano altri "idoli". Si potrebbe dire che invece a Dio, il bambino è offerto ai successi della carriera, dello sport, dei diversi hobby, e… spesso della strada. Quando un bambino non è la proprietà di Dio, allora verso di lui tende le mani il male. E dopo, per anni, i genitori piangono per i propri figli, senza ricordarsi che nel passato hanno trascurato il loro dovere di genitori.
Oggi la Chiesa accende le candele votive. Questa candela è un segno di luce che Gesù ha portato sulla terra. Nello stesso tempo è il presagio di luce che illuminerà la Veglia pasquale, per illuminare la notte, seguita da un mattino di Pasqua.
La nostra candela è stata accesa durante il battesimo. Dal quel momento l’uomo dovrebbe passare attraverso la vita guidato dalla luce di Gesù. Questa fiamma dovrebbe illuminare il sentiero della vita di ognuno di noi.
Dovrebbe essere non solo, una fonte di luce, ma anche una fonte di calore, che continuamente riscalda i nostri cuori. Solo il cuore riscaldato dall’amore di Dio è in grado di irradiare e comunicare questo calore al prossimo. Attingendo da questa Luce, dobbiamo anche noi diventare la luce per gli altri. In particolare, i genitori devono essere la luce per i loro figli.
Notiamo inoltre che la fiamma di una candela sempre trema e sempre è rivolta verso l'alto.
Proviamo ancora oggi, nel silenzio della nostra casa, ad accendere di nuovo le nostre candele benedette. Guardiamo la fiamma tremante e proviamo a vedere in essa la luce di Dio nella nostra vita quotidiana.  

V Domenica del Tempo Ordinario
Anno A

(Mt 5,13-16)

«Voi siete la luce del mondo»

Vogliono persuaderci che da cristiani dobbiamo vivere nascosti, senza sporgersi, senza ostentare la nostra fede, le nostre convinzioni, la nostra pietà o  religiosità. Si vuole chiudere la fede e la religione nelle quattro mura di una chiesa, costringerci al silenzio della casa, separare la nostra vita  quotidiana da quella delle feste e della domenica. L'intero mondo moderno sta cercando di dimostrare  che la fede è arretratezza, il medioevo, l’oscurantismo, qualcosa di cui vergognarsi, ciò che non si dovrebbe mostrare od ostentare. Qualcuno vuole dimostrare che lo stato, la società, la vita quotidiana, la scuola, il lavoro, il tempo libero, l’intrattenimento, tutto ciò che compone la nostra vita deve essere areligioso e laico. Esempio? Dichiarazione del primo ministro francese alla Conferenza dell'Unione Europea di Laeken che, parzialmente è entrata nella Costituzione Europea. Alla fine, il significato, niente altro, che una condanna della religione all’esilio, come prova che la religione è qualcosa di completamente personale e imbarazzante. Questo è una dimostrazione che il credente appartiene alla seconda o addirittura alla terza categoria sociale.
Ma la risposta di Cristo a questi tentativi, la troviamo nel Vangelo di oggi: “Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone” - e non belle parole e marce roboanti e processioni, ma le tue buone azioni!
Non si tratta di bigottismo e di fanatismo, né di fondamentalismo religioso, ma della luminosa e chiara testimonianza. Non vergognatevi di essere credenti!!! La nostra vita non è e non deve essere areligiosa – atea, priva di principi della morale, ma proprio impregnata, satura di Cristo. Le nostra vita deve essere santa, buona e religiosa. Dobbiamo essere il sale della terra, per quel mondo privato della religione, della morale e dei sentimenti. Dobbiamo essere una luce che brilla e non come una candela fumosa. Il sale che ha perso il suo sapore è adatto solo per lo smaltimento. La candela, che non  dà la luce non serve a nulla.
Come credere oggi per essere veramente il sale di questo mondo?
Come credere oggi per essere la luce per il mondo che cammina verso l’oscurità?

VI Domenica del Tempo Ordinario
Anno A

(Mt 5,17-37)

«Così fu detto agli antichi; ma io vi dico»

In alcuni ambienti liberali si può sentire un ragionamento così: “Cristo ha sostituito i comandamenti del Vecchio Testamento con l'unico comandamento dell'amore e allora non siamo più obbligati a osservare i comandamenti”. Ma tale ragionamento porta ad una comprensione molto lassista e liberale di trattare i comandamenti, e quindi di tutta la moralità. In nome di quel presunto amore si giustifica tutto e si vuole un’ “etica della situazione”. In nome di quello stesso ragionamento, si vuole sostituire il senso e il concetto del peccato e della colpa, con l'idea di debolezza e imperfezione o della fragilità umana. Perciò non c'è bisogno di confessarsi, e né del sacramento della confessione.
Il risultato di questo ragionamento è un concetto molto vago del peccato, del pentimento, della penitenza, della necessità del miglioramento. Quindi, cosa migliorare, su cosa lavorare, dal momento che non c'è peccato, nessuna colpa, nessun male. C'è solo una dichiarazione vaga e quasi assolutiva: "Io non ho amato Dio e il prossimo." Naturalmente con questo concetto di debolezze ed infermità, noi non abbiamo nessuna colpa né alcuna responsabilità, perché è una "malattia quasi organica", come l'influenza o il raffreddore.
Nel Vangelo di oggi Gesù contraddice tutti questi ragionamenti: «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento». E, quasi per sottolineare l'importanza ed evitare malintesi, medita tutti i più dibattuti comandamenti del Vecchio Testamento: non uccidere, non commettere adulterio, non giurare il falso. E per ciascuno di essi utilizza la stessa struttura: “nella vecchia legge hanno detto ... e io vi dico” , e con questo, in qualche modo, “alza il tiro”. La validità del Vecchio Testamento, non solo è confermata, ma alzata ad un livello superiore. Non solo l'omicidio è punibile, ma anche la maldicenza o il calunniare gli altri. Non è solo l'adulterio un peccato, ma pensieri o sguardi lussuriosi. Non solo lo spergiuro è un male, ma anche la loquacità e l'abuso di parole.
Il fatto che le nostre chiese sono vuote, forse è anche  colpa  di alcuni sacerdoti. Ai fini della popolarità, abbiamo introdotto la teologia di solo bontà, la morale e l’etica, senza comandamenti e senza peccato: ora soffriamo le conseguenze. La gente non ha più bisogno dei sacerdoti, della Chiesa, ma anche non ha più bisogno di Dio e si arrangia da se. Ma, tutte queste persone, se non raggiungeranno la salvezza, sarà solo la nostra colpa. "
“Se vuoi osservare i suoi comandamenti, essi ti custodiranno;
se hai fiducia in lui, anche tu vivrai.
Egli ti ha posto davanti fuoco e acqua:
là dove vuoi tendi la tua mano.”
(Siracide 15,15)

Basta non dire che il fuoco è l'acqua e non dimostrare che l'acqua è il fuoco!  

 

VII Domenica del Tempo Ordinario
Anno A

(Mt 5,38-48)

«Amate i vostri nemici»

Il desiderio umano di felicità  è il desiderio della prosperità, dell'amore, il desiderio che qualcuno sia sempre con noi. Questo desiderio  spesso consiste in un ricevere, in un’ avere - come abbiamo sentito nella lettura di oggi dalla lettera di San Paolo Apostolo ai Corinzi.
Questa sapienza umana è  stoltezza presso Dio.
Ci chiediamo perché? Perché Dio guarda il cuore umano, il cuore  è la fonte di amore, di gioia, di pace, ma può anche essere una fonte di peccato, di lussuria, di sporcizia, di crimine. Dio guarda il cuore umano attraverso il prisma del suo cuore, soprattutto quando Gesù Cristo muore sulla croce,  perché ama ciascuno di noi.
Oggi, Gesù nel Vangelo ci chiama ad evitare il peccato, ma non solo questo, desidera  qualcosa di più.
Molto spesso sentiamo dire ad alcune persone   che non commettono peccato, perché non fanno niente di male: non rubano, non commettono atti impuri, non uccidono, ma è da notare che queste persone nel loro cuore sono spesso tristi, spenti, senza vigore, e penso che così spesso accade anche per noi. Evitare il peccato è solo la metà del nostro cammino, Gesù ci incoraggia a fare di più, ci incoraggia a fare del bene. Solo questo può darci il diritto di chiamarci cristiani. "Amate i vostri nemici" - un invito a qualcosa di più che evitare il peccato, è una chiamata a fare del bene. E non si tratta di fare un grandissimo bene, un atto spettacolare e unico al mondo, ma si tratta di fare il bene nelle piccole cose di tutti i giorni, si tratta della fedeltà nel piccolo quotidiano.
Proviamo a fare un piccolo esame di coscienza:
Quando è stata l'ultima volta che ho pregato per il mio vicino di casa che ogni tanto sporca le scale del condominio? Sono riuscito a sopportare il chiasso che fanno i bambini della famiglia accanto? Sono riuscito a vedere con “buon occhio” il mendicante che ha bussato alla mia porta? Questi atti fanno bene all’anima!
Vediamo qualcos'altro... Perché amiamo così tanto  Papa Francesco? Proprio per questi piccoli gesti d'amore: baciare o abbracciare un bambino, un malato, sorridere a tutti coloro che gli tanno intorno, dire una buona parola a tutti. Proprio questo è l'atteggiamento del cristiano, questo dovrebbe fare ogni cristiano, ognuno di noi!.
Che le Letture della Liturgia di oggi aprano i nostri cuori, affinché possiamo vedere un altro uomo con gli occhi di Dio.  

VIII Domenica del Tempo Ordinario
Anno A

(Mt 6,24-34)

«Non preoccupatevi del domani»

Dio è impotente quando permette i disastri, le catastrofi naturali nel mondo?
Davvero Dio esiste se permette agli uomini di creare la loro storia tragica?
Dio esiste, c’è e ci sarà, indipendentemente dalla volontà degli uomini. Tutti gli avvenimenti di questo mondo sono il risultato di avvicinamento o di allontanamento dell’uomo dal suo Creatore.
Dio è come la luce. Se siamo vicini alla sorgente della luce possiamo sentire il suo calore e vedere il suo bagliore. Quando siamo vicini a Dio ci sentiamo sicuri e tranquilli.
Quando ci allontaniamo dal Signore diventiamo ansiosi, nervosi, perdiamo la speranza, il senso e il significato della vita. Sentiamo il peso dei problemi di questo mondo.
All’inizio della Liturgia della Parola di questa domenica, abbiamo sentito il  brano, da me preferito,  dal Libro di Isaia. Lui ci ricorda la verità sorprendente: anche se mia madre si dimenticherà di me, Dio sarà sempre al mio fianco, sempre si ricorderà della mia esistenza!
Solo Dio ha il diritto di giudicarci, perché solo Lui conosce le intenzioni del nostro cuore. Se decidiamo di seguire Dio nella nostra vita, allora dobbiamo ricordare che questa decisione ci richiede  fedeltà e coerenza: «Non potete servire Dio e la ricchezza». Non è possibile vivere solo secondo le regole e le leggi del mondo e poi aspettarsi le ricompense celesti!
La nostra vita è, e deve essere, il desiderio di raggiungere la vera felicità e non solo i surrogati o le imitazioni.
La nostra vita è troppo preziosa per dipendere solo dai beni di questo mondo, dai suoi gingilli. Dio è alla portata della nostra mano. È sempre pronto, a circondarci in ogni momento il suo amore, e  a mantenere la sua promessa, non solo in questa vita ma fino all’eternità!

Santissima Trinità
Anno A

(Gv 3,16-18)

Dio ha mandato il Figlio suo perché il mondo sia salvato per mezzo di lui

Dio è Unico! E allo stesso tempo è Padre, Figlio e Spirito Santo. Questo è il mistero della Santissima Trinità. Questa verità di fede sembra essere troppo difficile per la mente umana. In più sembra completamente staccata dalla vita. Invece facendo il segno della croce, ripetiamo: nel nome del Padre e del Figlio, e dello Spirito Santo. Questa semplice confessione delle fede nella Santissima Trinità è anche una preghiera. Parlare di Dio deve essere sempre collegato con parlare a Dio. Altrimenti portiamo Dio al livello delle creature che l'uomo può liberamente esplorare, misurare, descrivere. Invece Dio rimane sempre un mistero. Non si può rinchiuderLo nei concetti, frasi, dogmi, non si può descriverLo una volta per tutte.
«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» - ha detto lo stesso Gesù a Nicodemo. Se riusciamo a dire qualcosa circa il mistero di Dio, è solo questo, che Lui ha rivelato di se stesso a noi. Ha rivelato questo, non per soddisfare la nostra curiosità, ma per fare amicizia con noi, per costruire legami che hanno il potere di salvare dalla morte.
Il fatto che Dio è un mistero, non vuol dire che si nasconde a noi. Al contrario, si fa conoscere. La chiave per la Sua conoscenza è l'amore, il rapporto vivo con Lui. Si può amare solo quello che è misterioso (proviamo a ricordare il racconto de’ Il Piccolo Principe). È un po' come imparare, conoscere e apprezzare un altro uomo. Quanto tempo ci vuole, quanta pazienza, perseveranza, amore, per conoscere un altro essere umano! Nel mio paese dicono che per conoscere una persona bisogna prima mangiare un barile di sale! E quanto tempo ci vuole, quanta pazienza, perseveranza e amore, per arrivare a conoscere Dio?
E come importante è la verità della Santissima Trinità per l'uomo? Importantissima! Dio è una comunità di persone unite dall'amore. Ciascuna di queste Persone è unica e irrepetibile. Allo stesso tempo è se stessa grazie al rapporto con l'altra persona. All'interno di Dio è costante lo scambio di vita, il dialogo, l’incontro. Da questo amore è nato il mondo, te e io. Dal momento che l'uomo è creato a immagine dell’amore delle Tre Persone Divine, è chiaro che si diventa uomo vero quando si costruisce relazioni con gli altri, soprattutto quando si vive con gli altri, per gli altri, e non contro gli altri. Ognuno di noi è unico, eccezionale, ma l'unicità di ogni persona umana si rivela nell’incontro con l'altro. Il centro della mia vita non è in me, è oltre di me.
Dal mistero della Santissima Trinità viene un semplice messaggio: AMA! Costruisci i legami con gli altri, pazientemente custodisci la comunione di persone nella famiglia, nella società, nella Chiesa. Non credete all’ateo Sartr che ha detto che l'inferno sono gli altri. Contando solo su se stesso, costruisci una fortezza di solitudine e di egoismo distruttivo.
Come festeggiare la Domenica della Santissima Trinità? Guarda in profondità negli occhi di tua moglie, di tuo marito, della mamma, del papà, del fratello, della sorella, dell’amico. Siediti insieme alla tavola, e sii solo per loro. Parla sinceramente. Non ti vergognare di dire ti amo, mi manchi, mi dispiace, grazie. Pensa quanto devi agli altri.
Ringrazia a Dio Padre, a Dio Figlio, a Dio Spirito Santo.  

Santissimo Corpo e Sangue di Cristo
Anno A

(Gv 6,51-58)

«La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda»

Dopo la moltiplicazione dei pani, la gente Lo voleva proclamare  re per ricevere costantemente il pane senza pagarlo, Gesù parlava al pubblico nella sinagoga di Cafarnao. Dal pane comune vuole indirizzare i pensieri degli ascoltatori sul pane, nella forma del quale darà alla gente il Suo Corpo. Gesù è il pane disceso dal cielo e dà la vita. Nel contesto della realtà divina il Corpo di Gesù è il vero pane e il Suo Sangue vera bevanda. Gli i diretti ascoltatori dell’epoca, questo annuncio non potevano capirlo, molti di loro lo abbandonarono, credendo che il Suo discorso fosse troppo difficile da capire. Anche gli apostoli non  capirono molto, ma attraverso la bocca di Pietro confessarono la loro fiducia nel Maestro e nelle sue parole.
Neanche noi riusciamo a penetrare fino in fondo il mistero del Corpo e del Sangue di Cristo sotto le specie del pane e del vino. Questo è il grande mistero della fede. La solennità di oggi vorrebbe fortificare, consolidare questa fiducia dentro di noi. Questa è anche l'occasione per la professione pubblica del nostro credo. Oggi Gesù nell'Eucaristia esce fuori dalle chiese, va per le strade delle nostre città e dei nostri paesi, cammina sulle nostre strade quotidiane e non risparmia la Sua benedizione. E noi, professiamo che tutto ciò che si trova sulle nostre strade dovrebbe essere sottoposto a Lui: le nostre famiglie, le scuole, i luoghi di lavoro, i negozi e gli ospedali. Tutto dovrebbe essere soggetto a Lui, governato dalle Sue leggi. Tutti e tutto dovrebbe essere riconosciuto come Signore.
Ma quanto male succede sulle strade dove oggi passerà la processione! Gesù va ad ammonire ciò che è il male e benedice tutte le azioni che invece tendono verso il bene. Tutti noi possiamo essere in grado, dopo la visita di Gesù e dopo le Sue benedizioni, di vincere  il male con il bene. Invitando Gesù sulle nostre strade, dichiariamo la nostra disponibilità a farlo.
San Paolo in un breve brano della Prima Lettera ai Corinzi, che  oggi costituisce la seconda lettura liturgica, descrivendo la celebrazione dell'Eucaristia nella chiesa primitiva, parla della coppa benedetta e del pane spezzato. La conseguenza pratica della partecipazione a questi misteri dovrebbe essere l'unità tra i cristiani. "Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane".
La partecipazione comune all'Eucaristia deve edificare il Corpo di Cristo che è la Chiesa e rafforzare l'unità di tutti i credenti. Durante la Processione di oggi si potrà avere l'occasione per pensare a come raggiungere l'unità del Corpo di Cristo.
Certo c'è ancora molto da fare, ma non rinunciamo a questo compito.  

Santi Pietro e Paolo
Anno A

(Mt 16,13-19)

«Tu sei Pietro, a te darò le chiavi del regno dei cieli»

È bello che quest’anno la Solennità dei Santi Pietro e Paolo venga celebrata nel giorno della risurrezione, che è ogni Domenica. È bello perché entrambi gli apostoli sono testimoni di Gesù Risorto. Ed entrambi hanno portato al mondo questa notizia - ciascuno a suo modo. Anche oggi, abbiamo bisogno di questi stili di Pietro e di Paolo, perché la Chiesa rimanga fedele al messaggio missionario lasciato da Cristo. Ma in che cosa si differenziano “gli stili” di Pietro e di Paolo?
Pietro rappresenta quelli che credono in un modo semplice, concreto, anche se non senza difetti. È andato dai credenti ebrei per presentare a loro la continuità della fede da Abramo, Mosé fino a Gesù che è morto e risorto per la nostra salvezza. Gesù personalmente lo ha invitato nella cerchia dei suoi discepoli più stretti. Così Pietro è diventato il lievito della Chiesa e, ancor di  più la guida della Chiesa di Cristo.
Invece, Paolo è stato invitato nel gruppo dei discepoli dopo la risurrezione di Gesù e la Sua ascensione. Non ha incontrato il Maestro di Nazaret durante la sua vita terrena, ma è stato chiamato da Lui e Gesù gli ha fatto conoscere la potenza della sua grazia. Sulla base della sua vasta erudizione, Paolo è diventato missionario dei pagani con i quali poteva parlare di qualsiasi argomento.
Questi due apostoli, anche se diversi per origine e per la loro professione, sono stati personalmente chiamati da Cristo a predicare il Vangelo. Ognuno di loro aveva la propria vita e Dio li aveva mandati là dove potevano svolgere meglio la loro missione. Questo è un suggerimento per noi: Cristo Gesù ha bisogno costantemente dei predicatori della Buona Novella, ha bisogno dei testimoni con diversi doni. La diversità nella Chiesa non è un ostacolo, ma è la ricchezza dell’evangelizzazione.  Dio è un mistero, allora può utilizzare i nostri talenti in un modo estremamente creativo. C'è solo una condizione affrontata anche da entrambi gli apostoli: è la fiducia in Dio e la devozione a Lui.
Per molti di noi questo è inconcepibile e per questo continuiamo a perdere così tanto bene. Proviamo a notare che le persone la cui fede ha portato all'eroismo della santità, avevano i talenti che hanno arricchito la vita della Chiesa nel suo tempo e che ancora oggi sono un modello da seguire. I Santi non sono tutti uguali - sono quelli che erano nella vita, diversi tra di loro come i Santi di oggi che vengono ricordati: Pietro e Paolo. Nonostante questa diversità sono stati “utilizzati” come gli Apostoli.
Oggi vale la pena chinare il capo sul mistero della vocazione alla santità, quella santità, alla quale si può arrivare da diversi percorsi. Non dimentichiamo, però, che non saranno mai le strade facili e semplici, perché la vita del messaggero di Dio è sempre la fatica e la sofferenza. Anche Cristo Gesù ha attraversato questa strada per entrare nel Regno dei Cieli.
Camminiamo allora sulle orme lasciate a noi da Dio e dai suoi santi. Camminiamo sulla via della salvezza che Gesù ha tracciato per la sua Chiesa e sicuramente usciremo vincitori: “tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa”.  

XIV Domenica del Tempo Ordinario
Anno A

(Mt 11,25-30)

«Io sono mite e umile di cuore»

Dio su un asino... Dio che lava i piedi degli uomini.
Allora chi è Dio? Dio o l'uomo? Umile e potente allo stesso tempo.
Dio prima di invitare i peccatori a partecipare alla sua umiltà e potenza, si manifesta, si mostra quello che è. Questo è un motivo di grande gioia dal profeta Zaccaria: «Esulta grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d’asina». La Figlia di Sion è la Chiesa, chiunque appartiene ad essa, quindi ogni battezzato. Così siamo chiamati a una grande gioia, perché solo un  Signore umile che  romperà gli archi della guerra, darà la vera pace. 
            Gesù, umile e Potente Signore, ci invita: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, così troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero». Chi di noi non sente il peso del lavoro nella vita e chi di noi non si sente stanco? Le vacanze possono rilassarci, ma non ci libereranno dalle fatiche dell’oppressione quotidiana legata alla vita dei peccatori e non danno le risposte a molte domande?
            Ascoltiamo bene l’invito di Gesù. Dobbiamo andare da Lui con il giogo del lavoro, con il carico della fatica quotidiana,  Lui non lo toglie, ma lo fa diventare dolce e leggero. Gesù ci propone uno scambio unico e misterioso per il nostro bene. Egli conosce bene la natura umana. Lui sa, che noi sempre serviamo "qualcuno" o "qualcosa" e per questo che ci stanchiamo. Serviamo: noi stessi, il mondo, satana o Dio. Quindi si tratta di mettersi al servizio di Colui che è il Signore Supremo. Se qualcuno vuole costruire con la propria testa, se ha molti “signori”,  inevitabilmente va incontro al caos. Invece la sottomissione a Dio ci permette di vedere gli effetti positivi di un tale servizio.
Gesù infatti non ci offre le "nuove manette", ma ci propone la collaborazione nel portare il Suo peso, la Sua Croce per la salvezza del mondo! Unito con il Padre, Gesù ci invita sotto il Suo giogo.
Gesù ci invita a smettere di contare solamente sulle nostre forze, sulle nostre capacità. San Paolo consapevole del potere che il Signore ci dà scrive ai Romani: “Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene… se vivete secondo la carne, morirete. Se, invece, mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete”.
Ecco l'invito di Gesù diventa un grido. Questa è una chiamata a uscire da se stesso e  andare all’incontro con Lui. Ci chiama per un completo abbandono in Lui, a una dipendenza da Lui come Egli dipende da noi. Lui ci chiama ad amare come Egli lo fa!  

XV Domenica del Tempo Ordinario
Anno A

(Mt 13,1-23)

«Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano»

Tutti siamo chiacchieroni! Praticamente, solo pochi mesi dopo la nascita, cominciamo a balbettare, e poi, col passare del tempo, parliamo sempre più correttamente. Pronunciamo le parole, le frasi, cominciamo a raccontare le storie. Alcuni riescono dalle sue parole fare una spada a doppio taglio, altri sono in grado di creare un capolavoro letterario. Ci sono alcuni che usano le parole degli altri, facendole loro e  altri le proprie parole, le  mettono in bocca ad altri. Quindi che cosa sono le nostre parole? Questo dipende solamente da noi stessi: le parole pronunciate da noi possono essere espressione di amore, ma anche possono essere un'arma letale. 
Oggi, tuttavia, parliamo  della Parola scritta con la “P” maiuscola, della Parola di Dio che ci accompagna dalla nascita alla morte, dal battesimo al funerale. Il profeta Isaia, ricordando un rapporto tra l’abbondanza del raccolto e della pioggia, parla dell'efficacia della Parola del Signore: «... la mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata».
Grazie alla Parola acquistiamo non solo la conoscenza, ma e soprattutto siamo in grado di comprendere il significato della fede, il nostro destino, perché “anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo”.
Il vangelo di oggi cattura perfettamente la natura delle parole destinate per noi. Gesù ci racconta la parabola del seminatore. Storia conosciuta assume un tono diverso nel contesto di tutta la liturgia della Parola di oggi. Il seme più importante è quello che germoglierà nel nostro cuore. Il cuore è il terreno giusto e fertile per il seme, che è la Parola di Dio. Significative sono le parole di Gesù, «per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice: “Udrete, sì, ma non comprenderete, guarderete, sì, ma non vedrete». Queste parole riguardano le persone che non danno importanza alla comprensione della Parola, che però è necessaria per vivere nella fede.
Noi godiamoci la possibilità di ascoltare e guardare  ciò che gli altri non sentono con le orecchie e non vedono con i loro occhi. Godiamoci la fede, godiamoci l'amore, rallegriamoci nella speranza, perché proprio a noi, Gesù rivolge le parole: «Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano».
O Dio, se tale è la tua volontà, apri le nostre orecchie e i nostri occhi, per sentire e comprendere la Tua Parola - il nostro deposito della fede.  

XVI Domenica del Tempo Ordinario
Anno A

(Mt 13,24-43)

«Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura»

La logica umana tende a purificare l'ambiente, ad eliminare i cattivi. La logica di Dio, invece, chiama alla sapiente maturazione nella santità in prossimità del cattivo. Questa è una delle forme della misericordia di Dio. I buoni vengono costantemente testati dalla stretta presenza del male nei loro ambienti. Invece i cattivi, vedendo la vita onesta degli altri, sono costantemente chiamati al pentimento e alla conversione. Gli uni e gli altri crescono e maturano nello stesso tempo nelle stesse condizioni, negli stessi sistemi. Gli uni fanno gli scandali, gli altri danno un buon esempio. Così sarà fino alla fine del mondo. La battaglia tra il male e il bene sembra essere sempre più aspra. Il male vuole vincere, ma il bene cresce e porta frutto a dispetto degli attacchi del male e del maligno.
Il nostro potere in questo è, lo Spirito Santo  dalla parte del bene. San Paolo ci ricorda: «Fratelli, lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza». Dio non c’è nell’azione del male. Nel male attuale c’è un altro spirito – uno spirito forte, intelligente, pericoloso - Satana.
L’erbaccia di ogni male: l’aggressione, la violenza, la pornografia, la maledizione, la droga, l’ubriachezza... La malerba dell’ingiustizia, dell'inganno, del tradimento, dell'accidia, dell’avarizia... Di queste cose possono essere tante in un piccolo cuore dell’essere umano. Molto di più possono essere nel matrimonio, nella famiglia, nel quartiere, nella parrocchia, nello Stato o nella Chiesa. La tentazione di sradicarli è molto forte. Invece Gesù dice chiaramente: «Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura». Lasciate!
Cristo Gesù non permette di sradicare le erbacce. Lui stesso affronterà e combatterà lo scandalo, alla fine della storia. Questa è la sua logica. Egli ci dona lo Spirito Santo, perché con il Suo potere possiamo vincere. Il discepolo di Cristo deve vivere la logica del Maestro, non la sua!  

XVII Domenica del Tempo Ordinario
Anno A

(Mt 13,44-52)

«Vende tutti i suoi averi e compra quel campo»

Non c'è più grande esperto per gli affari come Dio. Il Suo Figlio è venuto a noi per insegnarci questa arte. Ha dato regole precise e ha mostrato come condurre il business di Dio. Come prima cosa, questo richiede di riconoscere ciò che ha il valore più alto. Questa diagnosi, questo discernimento, fa parte della sapienza e della saggezza. La saggezza è sempre stata,  e sempre sarà apprezzata dalla scuola del business di Dio. Uno degli studenti eccezionalmente dotati di questa scuola era Salomone. La sua preghiera per la saggezza non dovrebbe mai sparire dal cuore del discepolo di Gesù.
Il Signore Gesù ci ha lasciato il metodo di padroneggiare l'arte del business di Dio:
La prima cosa è quella di ottenere il dono della sapienza. È una fortuna, quando un uomo scopre improvvisamente questo dono (il tesoro nascosto nel campo).
La seconda - il graduale cambiamento dei valori più piccoli per quelli più grandi (la perla preziosa).
La terza – la capacità della selezione quotidiana e la scelta del cibo buono e il rifiuto di quello cattivo (pesce nella rete).
Per questo business, Dio richiede un rischio coraggioso. Nei primi due casi dobbiamo essere sempre pronti a vendere tutto ciò che abbiamo per poter acquistare il terreno con un tesoro nascosto o la perla preziosa. Tuttavia, non si può vendere nulla, prima di vedere, di possedere il tesoro della saggezza. È sempre necessario sostituire ciò che è meno prezioso, con quello più prezioso.
Dobbiamo essere professionisti degli affari di Dio. Gesù vuole che noi diventiamo le persone più felici e più ricche del mondo. La condizione è unica: bisogna possedere saggezza. Nel giudizio finale Dio dimostrerà la felicità dei sapienti, ma anche il dolore degli imprenditori di Dio falliti, che hanno perso il presente e l’eternità. L'inferno questo è la vergogna eterna per il loro fallimento.  

XVIII Domenica del Tempo Ordinario
Anno A

(Mt 14,13-21)

Tutti mangiarono e furono saziati

Quelli non erano i poveri, i senza soldi, non erano persone ai margini della società. Loro erano attenti ascoltatori, che così altamente apprezzavano la parola di Gesù, che si sono dimenticati il cibo. Più importante per loro, era la Sua saggezza che il pane. Gli Apostoli pensano ai loro stomaci vuoti e chiedono al Maestro di sciogliere l’assemblea e di mandare la gente a cercare il cibo. Infatti Gesù ha deciso di saziarli non solo della saggezza, ma anche di buon pane e di pesce. Lo ha fatto con la sua potenza. Ha moltiplicato quello che avevano e non hanno avuto tanto: solo cinque pani e due pesci. Gli affamati “erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini”. Quanto importante è vedere e mantenere l'armonia tra il cibo per il corpo e per lo spirito. Lo spirito cresce, nutrendosi di saggezza. La Parola di Dio è l'alimento di base per lo spirito. Senza questo cibo lo spirito si indebolisce rapidamente e può morire. Questo banchetto spirituale al lago di Genesaret è durato molte ore. Invece la cena offerta da Gesù, anche se mangiata con gran gusto, forse un'ora ... Solo chi apprezza il cibo per lo spirito, si sforza perché anche gli altri possano averlo in abbondanza. La misericordia sempre si collega con la soddisfazione della fame. Se qualcuno si limita esclusivamente a soddisfare la fame del corpo, dimenticando lo spirito, ha poco in comune con la carità evangelica. Questa è solo un'illusione. Nel Vangelo, ogni fetta di pane data agli affamati, come complemento indispensabile, dovrebbe avere un boccone di cibo spirituale. L’affamato, quasi incoscientemente, aspetta questo cibo spirituale anche quando professa a gran voce il suo ateismo e l'ostilità alla Chiesa. Egli attende da noi il sorriso di bontà, una buona parola, aspetta che riusciamo a notare la fame del suo corpo e del suo spirito, aspetta anche la nostra preghiera. Quelli non erano i poveri, i senza soldi, non erano persone ai margini della società. Loro erano attenti ascoltatori, che così altamente apprezzavano la parola di Gesù, che si sono dimenticati il cibo. Più importante per loro, era la Sua saggezza che il pane. Gli Apostoli pensano ai loro stomaci vuoti e chiedono al Maestro di sciogliere l’assemblea e di mandare la gente a cercare il cibo.
Infatti Gesù ha deciso di saziarli non solo della saggezza, ma anche di buon pane e di pesce. Lo ha fatto con la sua potenza. Ha moltiplicato quello che avevano e non hanno avuto tanto: solo cinque pani e due pesci. Gli affamati “erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini”.
Quanto importante è vedere e mantenere l'armonia tra il cibo per il corpo e per lo spirito. Lo spirito cresce, nutrendosi di saggezza. La Parola di Dio è l'alimento di base per lo spirito. Senza questo cibo lo spirito si indebolisce rapidamente e può morire. Questo banchetto spirituale al lago di Genesaret è durato molte ore. Invece la cena offerta da Gesù, anche se mangiata con gran gusto, forse un'ora ...
Solo chi apprezza il cibo per lo spirito, si sforza perché anche gli altri possano averlo in abbondanza. La misericordia sempre si collega con la soddisfazione della fame. Se qualcuno si limita esclusivamente a soddisfare la fame del corpo, dimenticando lo spirito, ha poco in comune con la carità evangelica. Questa è solo un'illusione. Nel Vangelo,  ogni fetta di pane data agli affamati, come  complemento indispensabile, dovrebbe avere un boccone di cibo spirituale. L’affamato, quasi incoscientemente, aspetta questo cibo spirituale anche quando professa a gran voce il suo ateismo e l'ostilità alla Chiesa. Egli attende da noi il sorriso di bontà, una buona parola, aspetta che riusciamo a notare la fame del suo corpo e del suo spirito, aspetta anche la nostra preghiera.

 

XIX Domenica del Tempo Ordinario
Anno A

(Mt 14,22-33)

"Comandami di venire verso di te sulle acque"

Un psicologo americano ha calcolato che la maggior parte delle persone muoiono al mattino, tra le tre e le cinque. Anche le mamme affermano che in queste ore si risvegliano i piccoli bambini. Forse questo succede perché l'efficienza del corpo umano è più debole. È interessante notare che, proprio in questi momenti, ha avuto luogo ciò che viene descritto nel Vangelo di oggi, nel quale si racconta la prova di fede degli Apostoli.
"La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare." Proprio gli esegeti affermano che Gesù è venuto dagli Apostoli tra le tre e le cinque, camminando sulle onde. Non meravigliamoci allora che loro fossero più terrorizzati che sorpresi. E Gesù si rivolge a loro con le parole di incoraggiamento: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!».  Solo allora Pietro riesce a rivolgere le parole al Maestro: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». E Pietro scende dalla barca e comincia a camminare sulle acque. Già era vicino a Gesù quando una raffica di vento lo ha spaventato e ha cominciato ad affondare. Possiamo immaginare con quale tono di voce si è rivolto a Gesù: «Signore, salvami!». E Gesù stese la mano e disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?».
            Pietro ha sperimentato qualcosa di insolito. Ha vissuto la propria fede e ha avuto la possibilità di vedere come era la sua fede. Si è convinto che era fragile e debole. Quando aveva paura ha cominciato ad affondare, e  Gesù lo ha salvato - ha dato una mano. Pietro vede che il suo cuore è lontano da una fede profonda e genuina, nonostante la sua dichiarazione, che non  abbandonerà mai il Maestro, che crede in Gesù come Messia. Nella sua fede è mancata la fiducia totale in Cristo nel momento della prova. "La fede e la speranza – diceva san Giovanni Paolo II - con l’amore sono il fondamento della vita cristiana, la pietra angolare che è Gesù Cristo".
            Come ognuno di noi è simile a Pietro nella fede - "uomini di poca fede". Desideriamo attraversare la vita con le strade facili, invece troviamo quelle impervie, pieni di insidie e di tempeste. A volte sembra anche a noi che Gesù ci ha lasciati. Non  sentiamo la Sua presenza. Ci perdiamo, stiamo annegando in un mare di problemi, perché non abbiamo fiducia in Cristo. Notiamo bene che Pietro camminava sulle acque, solo quando si fidava di Gesù e lo guardava negli occhi. Quando ha  dubitato, ha cominciato ad affondare.
Su questo esempio di Pietro, vediamo quanto sia importante il nostro rapporto con Gesù. E questo rapporto deve essere rinnovato quotidianamente con la preghiera e i sacramenti - in particolare con la Penitenza e l'Eucaristia.
Preghiamo il Signore perché il tempo delle vacanze, del divertimento e dello svago non allenti il nostro rapporto con Gesù, che sempre tende la Sua mono per aiutarci!  

XXI Domenica del Tempo Ordinario
Anno A

(Mt 16,13-20)

"Tu sei Pietro, e a te darò le chiavi del regno dei cieli"

«A te darò le chiavi del regno dei cieli»
La Chiesa è un'istituzione divino-umana, alla quale Cristo Gesù ha affidato il “potere delle chiavi”. Queste chiavi ha messo nelle mani di Pietro e dei suoi successori. Che cosa significa questo potere? Quale porta Pietro chiude e apre?
Queste sono le chiavi per il mondo della verità rivelata che consentono di entrare nella ricchezza della Sacra Scrittura e della Tradizione. Di questo, parla molto chiaramente San Paolo nella sua lettera ai Romani: “O profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza di Dio!” Queste chiavi che custodisce Pietro, sono nelle mani dei pastori della chiesa e dei catechisti.
Queste sono le chiavi per il mondo del bene e del male. Con esse la Chiesa apre il mondo del bene e della misericordia. Con esse la Chiesa chiude il mondo del male, quando l'uomo convertito, lo lascia. Queste chiavi che custodisce Pietro sono messe nelle mani degli educatori.
Queste sono le chiavi per il mondo della santità, con le quali la Chiesa apre il mondo della grazia. Lo fa celebrando i sacramenti. Queste chiavi si trovano nelle mani del sacerdote che consacra il pane e assolve nel confessionale. Tuttavia, anche di queste chiavi è responsabile Pietro.
Queste sono le chiavi della disciplina ecclesiastica, cioè delle leggi riguardanti tutti i battezzati. Chiudono le porte della Chiesa per coloro che sono indisciplinati e le aprono a coloro che vogliono vivere queste norme. Queste chiavi sono messe nelle mani dei vescovi responsabili della vita della comunità religiosa. Il loro carattere paterno è stato rivelato dal Profeta Isaia:  “Sarà un padre per gli abitanti di Gerusalemme”.
Il discepolo di Cristo, un membro della Chiesa, dovrebbe conoscere la potenza di queste chiavi e di sapere come usarle. L'autorità nella Chiesa non può essere paragonata a nessun’ altra sulla terra. Il potere nella Chiesa appartiene a Dio, e Lui alla fine del mondo farà i conti con quelli che oggi dispongono di queste chiavi!  

 

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