Triduo Pasquale
Anno Liturgico A - 2014

Indice:

Giovedì Santo
Venerdì santo
Veglia Pasquale

Giovedì Santo

Il Cenacolo, per noi cristiani, è uno dei luoghi più sacri. Questo è la prima Messa, il primo tabernacolo, la prima comunione, la prima ordinazione sacerdotale. Cristo Gesù nel Cenacolo ci insegna ad amare non solo lavando i piedi agli Apostoli, ma anche con le parole e con le opere che ha fatto.
1. Chi ama, desidera di essere presente. L'amore genera il desiderio di comunione. Questo è ben compreso dagli innamorati che vogliono stare insieme per sempre. Chi ama, vuole essere vicino, vuole toccare, scambiare uno sguardo, parlare. Quelli che si amano hanno così tanto da dire che sempre  manca loro il tempo. Forse agli occhi di qualcuno, sembrano che sono ridicoli, quasi un comportamento da bambini.
Gesù disse sul pane: «Questo è il mio corpo», e i discepoli non subito hanno capito queste parole. Sentivano di partecipare al mistero che li trascendeva. Ma ancora non si rendevano conto che con quelle parole, loro avrebbero costruito la Chiesa. Non percepivano il potere enorme  dell'amore, che in quel momento sperimentavano. Ma Lui è rimasto con noi fino alla fine del mondo - nelle parole, e specialmente nell'Eucaristia. La forza del suo amore è la nostra ogni volta che mangiamo il Suo Corpo e beviamo il Suo Sangue.
2. Chi ama, vuole la comunione, l’unità. Gli innamorati a volte dicono: ti amo così tanto che potrei mangiarti. Sorprendente! Ma veniamo a noi per un attimo. Cristo nel Cenacolo non solo voleva farlo ma ha fatto realmente quando ha detto: "Prendete e mangiate, questo è il mio corpo", "Prendete e bevete, questo è il mio sangue dell’eterna alleanza." Gesù vuole che mangiamo il Suo corpo perché questo è la più forte unione, la vera comunione. Si può dare qualcosa di più?
Ma Gesù non ha detto soltanto: "Prendete e mangiate", perché questo sarebbe solo la partecipazione di quelli presenti durante l'Ultima Cena, perciò ha aggiunto: "Fate questo in memoria di me". Questo stabilisce il suo sacerdozio per tutti i tempi e i luoghi. L'Ultima Cena rivela la straordinaria generosità di Gesù. Ha dato a noi tutta la Sua vita terrena, tutte le parole, tutti i miracoli, tutta la sofferenza sulla croce e la Sua Risurrezione. Nulla ha lasciato per se stesso, neanche il corpo, perché lo ha dato a noi come pane.
3. Amare – questo significa anche diventare un dono. Chi ama davvero, è pronto a rinunciare a tutto e prendere le sofferenze della persona amata per alleviare i suoi dolori. Cristo ha preso su di sé i nostri peccati e ha espiato per noi. Ha dato tutto: la sofferenza e la morte. Non ci ha liberati dalla morte e dalla sofferenza, ma l’ha condiviso con noi come pane, perché noi così possiamo risorgere.
4. Amare – questo significa anche servire. San Giovanni raccontando l’Ultima Cena ci dice: "Gesù si alzò da tavola, depose le sue vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse. Poi mise dell'acqua in una bacinella, e cominciò a lavare i piedi ai discepoli e ad asciugarli con l'asciugatoio del quale si era cinto”. Il Signore, il Maestro, più - il Figlio di Dio si china ai piedi dell'uomo. La lavanda dei piedi ci spiega la realtà che esprime l'Eucaristia. "Vi ho dato un esempio, affinché anche voi facciate come vi ho fatto io." Il gesto di lavare i piedi e queste parole sono segni di umiltà e d’immenso servizio della carità. Gesù scuote la logica umana per mostrare la logica di Dio che è la logica dell'amore sino alla fine. Questo dovrebbe essere il nostro atteggiamento e l'atteggiamento di tutta la Chiesa.

"Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi", questo è il suo comandamento. Questo amore non può, tuttavia, limitarsi ai gesti singolari di carità, ma dovrebbe essere presente nella vita cristiana di ogni giorno. Immaginazione della misericordia e dell’amore dirà a noi dove, come, quando e a chi dobbiamo "lavare i piedi". La forza, per questo grande servizio, ci sarà data dall’Eucaristia, perché l’Eucaristia non è "solo un mistero per consacrare, per ricevere, per contemplare e adorare, ma è anche un mistero da imitare e seguire."

Venerdì Santo

Partecipiamo alla liturgia del Venerdì Santo. In quel giorno la Chiesa non celebra l'Eucaristia, cioè, non ripete in modo sacramentale il sacrificio del Salvatore. Ma tutta la liturgia di oggi si basa sullo schema della liturgia della Santa Messa.
Come rito penitenziale è un momento di silenzio, durante il quale il celebrante si trova prostrato davanti all'altare. Questo atteggiamento, questo gesto, significa il rispetto e la penitenza. Un uomo con la faccia a terra davanti a Dio esprime la verità su se stesso. Esprime la sua piccolezza e la peccaminosità.
Poi abbiamo partecipato alle letture della liturgia della Sacra Scrittura. Essa ci ha portato fino alla cima del Calvario. L'evangelista Giovanni ci ha aiutato a ricordare il grande amore che il Figlio di Dio ha rivelato Venerdì Santo con la sua obbedienza al Padre e a noi ha dato la redenzione.
Davanti a noi è una parte liturgica che ci ricorda l'offertorio. Questa volta, invece del pane e del vino la chiesa sulla patena pone le richieste dirette al Dio misericordioso. Queste richieste comprendono le questioni più importanti dei credenti e dei non credenti, della Chiesa e del mondo, dei vivi e dei morti.
Dopo questa meravigliosa preghiera ci sarà l’elevazione. Al posto del pane santo e del calice riempito con il sangue di Cristo sacerdote per tre volte alzerà e rivelerà la croce di Cristo. Ci inginocchieremo davanti a Lui e Gli renderemo gloria. Proprio come facciamo durante l'elevazione in ogni Santa Messa.
Dopo questo rito inizierà l'adorazione della Croce, durante la quale ci avvicineremo personalmente a sottomettersi a Lui baciando la Croce. Si tratta di una professione di fede della nostra salvezza; espressione di rispetto e gratitudine a Gesù, che ha pagato il caro prezzo per la nostra liberazione dal peccato e dalla morte eterna.
Dopo l'adorazione della Croce avrà luogo il rito di comunione. Sarà preceduto dalla recita della Preghiera del Signore.

Al posto della benedizione finale saremo invitati all'adorazione del Santissimo Sacramento che deporremo nella simbolica tomba. La nostra adorazione continuerà fino alla solenne Messa di Risurrezione di Gesù nella Notte di Pasqua.

Veglia Pasquale

Le sofferenze fisiche e spirituali del Signore si sono spente nel momento della morte sulla croce Venerdì Santo. È arrivato intervallo nell'ingiustizia, nella crudeltà degli uomini, nel desiderio del sangue e nell'odio. Tutti quelli che stavano più vicino a Gesù, che Lo amavano di più, sentono il dolore. Non si può facilmente passare alla ordinaria amministrazione dopo la tragedia che costa la vita umana.
Le donne vivono uno shock e pazientemente aspettano il giorno nel quale potranno soddisfare la loro interiore nostalgia di vedere ancora una volta il Corpo di Gesù. Non possono alleviare le sofferenze subite ma vogliono esprimere la loro venerazione al Maestro morto. Aspettando così, senza fare nulla, nella stanza chiusa riempita con odore del balsamo, non riescono a prevedere che ancora vivranno qualcosa di grande nell'alba del nuovo giorno. Con l'amore doloroso si recano al sepolcro. Probabilmente passano accanto al Golgota e meditano le ore della crocifissione e della morte di Gesù.
La vista del sepolcro aperto non le riempie di meraviglia ma di impotenza. Sono ancora più tristi di prima perché non trovano il Corpo di Gesù. Non sanno ancora che il sepolcro vuoto dal segno dell'ultimo posto di riposo è diventato il segno della vittoria sulla morte. Non sanno che proprio loro sono nella cerchia dei primi annunciatori della Risurrezione, che la notte del Venerdì Santo e del Sabato già sono il passato ed è venuto il Nuovo Tempo.
Anche se il Nuovo Tempo per l'umanità è cominciato nel Presepe portando il messaggio dell'amore e della pace, però solo adesso comincia una grande svolta di questo tempo, che aspetta ogni uomo dopo la fine della strada terrena della vita.
La Risurrezione di Gesù ci mostra dove è indirizzata la nostra vita. Non è destinata alla morte ma alla vita nella piena libertà. La libertà della vita eterna si esprime tra l'altro nell'illimitato, che nella vita terrena è immaginabile.
La Risurrezione di Gesù Cristo ci mostra il pensiero eterno di Dio che riguarda l'uomo: la vita senza sofferenza e senza morte. Nella Risurrezione di Gesù scopriamo di nuovo immortalità dell'uomo e il nuovo valore della vita eterna.
La vita eterna comincia con la nostra nascita. Con la vita eterna viviamo adesso e non solo dopo la morte. Siamo solo sulla strada alla nostra meta, a Dio, che sconfigge totalmente la morte che esiste sulla base del peccato.
E così possiamo con più grande gioia cantare "Alleluia" non solo durante le feste di Pasqua ma ogni giorno. Possiamo, come le donne al sepolcro vuoto di Gesù, essere felici e fiduciosi, perché sappiamo che cosa sarà con il nostro futuro: svaniscono i nostri problemi e le sofferenze, e quelle sono un niente in paragone con la felicità che si manifesterà in noi.

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