Domeniche di Pasqua
Anno Liturgico B - 2012

Indice:

Domenica di Rissurezione
II Domenica di Pasqua
III Domenica di Pasqua
IV Domenica di Pasqua
V Domenica di Pasqua
VI Domenica di Pasqua
Ascensione del Signore

Domenica della Risurrezione

Gv 20, 1-9

"...non avevano ancora compreso la Scrittura,
che cioè egli doveva risorgere dai morti"

Il Vangelo di oggi finisce con la testimonianza: Lui qui, nel sepolcro non c’è. Diceva che risusciterà perché ha il potere di dare la vita e di riprenderla quando vuole. Ha dato le prove che è il Signore della vita quando risuscitava gli altri, ma quello che doveva riguardare la sua vita terrena, questo ancora è incomprensibile.
Il lettore del Vangelo può sentire il sentimento della gelosia. Oh Dio, se si potesse vedere che la tomba è solo un passaggio ad un'altra vita. Se si potesse toccare la mano dei nostri cari che abbiamo accompagnato al cimitero così come poteva fare Tommaso. Se si potesse andare al campo santo e fare una passeggiata e sentire che ci chiamano con il nostro nome, come è successo con Maria quando cercava Gesù vedendo la tomba vuota. Se si potesse con l’odierno incontro con Pietro e Giovanni  fortificare la nostra immaginazione del fatto, che portiamo solo nella fede – la risurrezione dell’uomo!
Però, nella vita spirituale può essere anche il tempo della luce che Dio regala come un dono dell’amore, ma solo quando questo è necessario. Un dono della spirituale certezza che hanno ricevuto i santi. Una volta hanno domandato Padre Pio se è certo della vita eterna? Lui ha risposto: “Arrivederci forse qui o forse là, ma sicuramente nella casa del Padre!” (lettere 23,7).
La Chiesa ci invoglia a pregare per questa certezza della fede. Vuole che costruiamo questa certezza con i sacramenti che danno la pace, la fede, la vita.
Era il tempo quando sulle pareti delle cappelle dei cimiteri mettevano la scritta “RISURREZIONE”,  per pregare, per pensare e per aspettare più serenamente della morte e della vita eterna.
Oggi Gesù vuole che Gli crediamo….

II Domenica di Pasqua
Anno B

(Gv 20,19-31)

«Otto giorni dopo venne Gesù»

“Se non vedo… non credo!”
Meraviglioso Santo, che ha dato la propria vita per il Signore, non era un  credulone. Gesù capisce Tommaso. Viene per farsi vedere da lui e lo sprona per fare l’esperienza della Sua presenza. Quest’uomo deve non solo sentire ma anche toccare con la propria mano. Questa è la strada della conoscenza.
Proviamo a riflettere privatamente: proprio noi, gli uomini della Chiesa Dio ha lasciato nel mondo, perché tutti quelli che ascolteranno le nostre parole su Gesù, possano anche “toccare”, sperimentare la realtà di tutto ciò che dice il Vangelo:
L’amore evangelico – possono toccarlo?
La fede – possono vedere in noi?
La pace dell’anima – possono toccarla quando siamo con loro…? La rendiamo presente con la nostra vita? “Toccherà”  Dio chi è entrato nella nostra casa?
Durante la visita del Santo Padre Giovanni Paolo II in Kazakhistan uno dei giornalisti commentava: “così viene Gesù, perché possiamo ascoltarlo, vederlo e toccarlo…”
Ma purtroppo più spesso incontriamo le testimonianze negative, che ci dicono come è difficile mostrare i segni del credente! Una volta mi raccontava un giovane: “La mia famiglia è credente. Nella nostra casa ci sono tanti quadri religiosi, tanti libri su questi temi. I miei cari spesso facciano le pratiche pie, vanno alla messa o le altre celebrazioni. Purtroppo, però, è successo qualcosa che non mi permette di sperimentare la presenza di Dio nella mia famiglia. Se Lui è presente nella nostra casa, allora forse è addormentato o sordo, perché non vive con noi”.
Naturalmente, la certezza della fede, la sua pace, questi sono il dono di Dio, ma spesso Dio usa gli uomini o le cose particolari per comunicarle. Sarebbe una cosa bella se avessimo sempre la coscienza che Lui – se vuole – si può servire anche della nostra persona, della nostra casa, della nostra presenza.

III Domenica di Pasqua
Anno B

(Lc 24,35-48)

«Così sta scritto:
il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno
»

Non è niente di strano che gli Apostoli non hanno creduto. Loro sapevano in che cosa consiste la morte sulla croce, sapevano che dopo un’esperienza simile non si esce vivo – invece adesso vedono Gesù vivo, sano e… trasfigurato.
Sicuramente Gesù era lo stesso, non avevano nessun dubbio della Sua identità – Lo hanno riconosciuto. Ma Gesù non era lo stesso. Dopo la risurrezione era diverso: sempre lo stesso ma non uguale. Allora non ci meravigliamo che gli Apostoli Lo hanno preso per un fantasma o uno spirito. Prima di tutto perché era vivo e dopo la crocifissione questo era impossibile. Poi era diverso: perfetto, spirituale, glorioso.
La prima reazione degli Apostoli era lo spavento e il timore. E anche qui i motivi potevano essere duplici. Secondo la convinzione comune degli Ebrei, vedere un angelo o un fantasma, significava l’imminenza della morte. Ma forse peggiore era il secondo motivo. Gli Apostoli erano coscienti del loro tradimento e vigliaccheria. È difficile guardare negli occhi di Gesù. Sentono la vergogna e il pentimento. Hanno sbagliato di grosso e adesso hanno paura della punizione, delle giuste pretese.
Ma Gesù non ha detto niente e non ha fatto nulla di simile. Anzi, le Sue parole “Pace a voi” significavano il perdono. Gesù li ha capito e generosamente ha perdonato. Neanche con una parola ha accennato il passato. Invece ha fatto notare le Sue ferite, come per dire che la Sua morte non era un illusione o un caso. Questa morte era programmata, prevista e necessaria. Tanto tempo prima è stato tutto scritto nella Bibbia.
Anche quelli più vicini a Gesù hanno deluso completamente, perché Dio potesse dimostrare il suo amore e benevolenza. La salvezza si è compiuta senza la nostra partecipazione. Questa doveva essere un dono della grazia di Dio. Grazie a questo l’uomo poteva convincersi e capire che da solo, senza Dio non può fare nulla, e poi doveva sperimentare infinito l’amore del Creatore. Forse c’è una cosa che Gesù ha rimproverato ai discepoli: quella che non hanno capito le Scritture e hanno dubitato del Suo Amore. Per questo li ha doto un altro dono: l’illuminazione dello Spirito Santo per capire i misteri della Parola di Dio.
Penso che proprio questo dono ha permesso a loro di rompere le loro paure e disorientamento. Da questo momento sapevano bene che cosa è successo e che cosa devono fare. Prima di tutto dovevano diventare i testimoni del Risorto. Poi dovevano diventare gli araldi della Buona Novella, del perdono dei peccati, della Salvezza di Cristo. Dovevano infine diventare i maestri della Parola di Dio per aiutare gli altri a capire quello che loro già hanno capito.

IV Domenica di Pasqua
Anno B

(Gv 10,11-18)

«Il buon pastore dà la propria vita per le pecore»

Il testo del Vangelo di oggi sembra un po’ antiquato, non solo perché parla delle pecore e dei pastori, ma soprattutto perché presenta una vecchia gerarchia dei valori. Dare la propria vita, sacrificarsi per gli altri, compiere i propri doveri onestamente, questi non sono gli atteggiamenti pubblicizzati nei film o negli altri media. Anzi, spesso questi atteggiamenti sono derisi i li si presenta come perdenti. Oggi essere mercenario sembra quasi una virtù. Conta il successo immediato, un guadagno, la ricchezza. Questo che esaltano i giornali, la televisione e diversi show. Ci sono alcuni ai quali non contano gli altri. Trattano la gente solo come lo sfondo per i propri interessi egoistici, come un'altra fonte di guadagno. Non sono in grado di sacrificarsi per gli altri.
Il contrario di questi atteggiamenti è il Buon Pastore. Nell’Antico Testamento l’immagine di pastore era molto eloquente e sempre era associata con la guida responsabile. Il ruolo dei bravi capi, sacerdoti e profeti era molto importante nella storia del popolo eletto. Loro hanno guidato Israele sulla strada giusta oppure portavano le disgrazie. Dio chiamava e dava al suo popolo i pastori buoni e generosi che potevano essere l’esempio da seguire. Ma anche provava la fedeltà del popolo con i pastori indegni e immaturi che tradivano la verità e Dio stesso. Solo la disgrazia del popolo e la misericordia di Dio facevano si, che si presentavano i pastori buoni che conducevano il popolo sulla strada giusta.
Gesù ha perfezionato l’idea del Buon Pastore e su se stesso ha dimostrato l’esempio della responsabilità del pastore. Senz’indugio ha offerto la propria vita: non solo sulla croce che era il culmine del Suo operato, ma anche con il quotidiano servizio, la rinuncia della popolarità, gli onori e le comodità, la proclamazione della verità non sempre comoda e piacevole. In tutto questo è per noi un esempio e un ideale irraggiungibile.
Purtroppo, oggi è in voga il mercenario, e con lui sono legati: l’egoismo, il narcisismo, l’immaturità, il primeggiare, la finzione. Si creano tantissime possibilità per diversi mercenari. Il mercenario non si preoccupa del vero bene della comunità, ma cerca solo il modo di sfruttare l’occasione e la gente che è stata a lui affidata per i propri interessi. Oggi si apprezza quello che piace alla gente, ai suoi gusti, alla vanità, quello che non richiede nessun sacrificio e porta gli effetti spettacolari.
Ma noi abbiamo bisogno di antidoto per queste idee malate. Abbiamo bisogno dei pastori giusti, maturi, che saranno i testimoni della verità, pronti a sacrificarsi per gli altri, e purtroppo sono pochissimi.
Pregando per i pastori buoni, preghiamo non solo per i sacerdoti, ma anche per le guide giuste della nostra società!

V Domenica di Pasqua
Anno B

(Gv 15,1-8)

«Chi rimane in me ed io in lui fa molto frutto»

La liturgia di oggi è una domanda rivolta a me e a te sull’appartenenza a Gesù. Che tipo di tralci siamo nell’organismo della Chiesa?
Ricorda che con il Sacramento del Battesimo sei stato innestato in Cristo. Tanti dimenticano questo fatto e questo avvenimento. Dimenticano oppure non vogliono ricordare. Tanti si seccano e non portano nessun frutto. Non bisogna essere grande per dare tanto. Non è necessario avere i milioni o le “montagna d’oro”!
C’è bisogno del tuo entusiasmo, della tua fede, della tua testimonianza, della tua bontà! Devi far vedere che anche nel terzo millennio si può vivere secondo il Vangelo. Vivere il Vangelo significa rimanere in Cristo!
Prova a pensare un momento. È così: ci sei, frequenti la chiesa, mandi i figli alla messa e al catechismo, ma dentro del tuo cuore ti stai seccando. Non riesci a sorridere, gioire con le cose semplici, ti manca l’entusiasmo e spesso non hai voglia di vivere. Devi sapere che con questo atteggiamento non convinci nessuno a venire da Gesù, anzi, sarai per qualcuno un impedimento.
Lo so che tante volte è difficile trovare l’entusiasmo e gioia nel giorno di oggi. La mancanza di lavoro, la paura del futuro, il domani incerto. Le malattie, il dolore, le sofferenze, le sconfitte, i drammi… tutto questo può succedere, perché così è la nostra vita. Ma si può separare il tralcio dalle vite??? “Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano”.
“Rimanete in me” – con questa supplica si rivolge Gesù a noi in questa domenica di Pasqua. Solo rimanere in Cristo può portare la vera gioia . Questo dobbiamo ricordare nei momenti quando dobbiamo prendere le importanti decisioni nella nostra vita.
Non dire che tutto va male, non ti abbattere. Prova a pensare quanto hai ricevuto nella tua vita. Non riesci a vedere questo? Consideri tutto ciò come una cosa normale? Allora prova a vedere la tua famiglia, i figli che ti sono di grande soddisfazione, la salute, gli amici…
“Rimanete in me e io in voi… Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla”. Le parole del vangelo sono una proposta e un invito. Gesù vuole entrare nella tua vita. Vuole partecipare nelle tue gioie e nelle tue tristezze, nelle speranze  e nei desideri.
La Sua via non è troppo facile. Lui ci propone l’amore dei nemici, la croce, la sofferenza, qualche volta la solitudine, l’incomprensione. Forse già hai sperimentato questo. Forse già hanno deriso i valori che per te sono i più alti e tu non puoi fare nulla… Ma non rinunciare! Resisti! Solo così puoi portare un frutto abbondante. Devi essere paziente e forte. Solo così arrivi alla meta!

VI Domenica di Pasqua
Anno B

(Gv 15,9-17)

«Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri»

Gesù nel Vangelo di Giovanni spesso richiama il suo legame con il Padre e vuole che, in modo particolare, gli apostoli nel loro comportamento verso di Lui, Lo imitassero. L’atteggiamento di Gesù è chiaro: “Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi”.
Il modo migliore, il più effettivo per dimostrare l’amore verso Gesù è rispettare i Suoi comandamenti. Ricordare questa verità – si potrebbe dire che è una specialità di Giovanni Evangelista. Solo questo comportamento può portare la gioia piena e duratura. E a Gesù sta a cuore la nostra gioia. L’invito  alla gioia nell’amore di Dio risuona come un ritornello in tutta la Sacra Scrittura.
Un esempio per imitare è il duplice amore di Gesù: l’amore di Dio Padre e l’amore degli uomini. Gesù ci dice oggi chiaramente: “Rimanete nel mio amore… come io rimango nel suo amore. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri!”.
Nella seconda lettura abbiamo sentito: “non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi”. Abitualmente di queste parole si appropriano i sacerdoti, i frati e le suore. Ma penso che riguardano ogni cristiano, che con la propria fede e la vita risponde alla grazia della chiamata alla santità. Questa vocazione abbiamo ricevuto tutti noi: tutti siamo chiamati a diventare santi!!!
Nella liturgia della Parola di oggi sentiamo tanta bontà, tenerezza e amore. Viviamo questo tempo di Pasqua con gioia, perché questa è la conseguenza della salvifica passione, morte e risurrezione del nostro Signore Gesù Cristo!

Ascensione del Signore
Anno B

(Mc 16,15-20)

«Il Signore fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio»

“e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura»”.
Per i primi testimoni di Gesù questo comando era straordinario. Il mondo, lo hanno conosciuto così poco. Solo dintorni del Lago della Galilea, la strada verso la Città Santa, un po’ il territorio della Samaria. Gli uomini che venivano da loro dalle parti più lontane erano i loro nemici: nemici del popolo e della religione. Loro erano gli uomini dei mestieri semplici, delle tradizioni. E adesso dovevano andare fuori dei confini del proprio paese, nelle terre sconosciute…?
Però il comando di Gesù è stato accettato. Dio stesso  ha dato la forza alla loro parola e la loro vita. Si sono compiute diverse, meravigliose conversioni.
E se pensiamo bene, queste cose succedono ancora oggi. Il Vangelo ancora oggi è proclamato in tutto il mondo. Questo comando di Gesù possiamo compiere in ogni momento della nostra vita. Basta che proclameremo il Vangelo nel nostro mondo. Dobbiamo proclamarlo con la nostra vita, con la testimonianza della verità, con la pace e l’amore nella nostra famiglia, con la preghiera per la fede nei cuori dei nostri cari… Evangelizzate e Dio farà crescere!
Una volta, durante l’incontro con i giovani che si preparavano al Sacramento della Cresima è nato un problema: un ragazzo che si è visto poche volte in chiesa può ricevere il Sacramento o bisogna rimandarlo per la prossima volta? L’interessato ha risposto: “Io sono l’unico ambasciatore  della nostra famiglia presso Dio, perché nessuno della mia famiglia pratica la religione”. Allora io domando: è perso o forse miracolosamente ritrovato? Abbandonato o amato tanto da Dio? Forse proprio lui è un apostolo più importante di noi, che non riusciamo a capirlo?
Le pazienti preghiere degli uomini che amano sono come i semi della fede, che la loro crescita si può vedere solo dall’altezza del cielo.
Preghiamo perché il Vangelo sia proclamato là, dove Dio manda ogni battezzato!

 

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