Domeniche di Pasqua
Anno Liturgico B

Indice:

Domenica di Rissurezione
II Domenica di Pasqua
III Domenica di Pasqua
IV Domenica di Pasqua
V Domenica di Pasqua
VI Domenica di Pasqua
Ascensione del Signore

Domenica della Risurrezione

Gv 20, 1-9

L’esperienza ha insegnato agli uomini che esiste solo un trapasso. Il passaggio dalla vita alla morte, dalla vita alla tomba. Fino al momento della Risurrezione questa strada era irreversibile. La via senza ritorno. Cristo deposto nel sepolcro è risuscitato e con questo ci ha preparato la strada del ritorno. ha mantenuto la parola detta ai discepoli: «In verità, in verità vi dico, chi crede in me non morirà in eterno e Io lo risusciterò nell’ultimo giorno». La prima parte della promessa già è stata compiuta – Cristo è risuscitato. E su essa si basa la nostra speranza che anche la seconda parte della promessa, cioè la nostra risurrezione, si compierà.

Le pie donne davanti al sepolcro vuoto hanno lasciato i profumi che hanno portato. Questo dono si è rivelato inutile. Proprio Lui ha portato il più bel regalo – la possibilità di uscire dalla tomba verso la nuova vita, verso la luce, verso il largo spazio della vita, verso la libertà e la vicinanza di Dio.

La nostra arte della vita dovrebbe consistere nella capacità di non legarsi troppo al momento attuale che può essere la strada verso la tragedia. In ogni momento della vita dobbiamo prendere in considerazione non solo il passato e il presente, ma anche il futuro, cioè la nostra risurrezione.

II Domenica di Pasqua

Gv 20, 19-31p

"Pace a voi!
Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi"

Dopo esser entrato là dove erano chiusi i discepoli per timore dei Giudei, Cristo si fermò in mezzo a loro e per tre volte disse loro: «Pace a voi». Questo non era il consueto saluto degli ebrei. Questo era il dono della pace già annunciato Giovedì Santo. Ma insieme con questo dono Cristo ha collegato la missione della proclamazione della Sua dottrina, e anche il potere della remissione dei peccati.«A chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi» - ha detto. Questo collegamento è molto importante. Da questo risulta, che sia la proclamazione della verità di Dio, sia la remissione dei peccati sono indissolubilmente legati con la pace.

Ognuno di noi ha sperimentato questa pace dopo esser assolto dai propri peccati.

Anche la nuova evangelizzazione, la quale ci è consigliata dalla Chiesa, dovrebbe essere piena di pace, della fratellanza e dell’amicizia.

Il seguace di Cristo deve essere lontano dall’ostilità alla gente e da diverse forme di aggressività. Cristo ha detto: «Vi do la mia pace...», e anche noi dovremmo essere i portatori dell’amicizia e della pace. Purtroppo, nella nostra vita spesso è il contrario.

III Domenica di Pasqua

Lc 24, 35-48

"Di questo voi siete testimoni"

Quando dopo la risurrezione Cristo per la prima volta è apparso ai discepoli, questi, pur sapendo il fatto, si sono spaventati. Ed in questo momento di nuovo si è rivelata la grande bontà di Gesù. Non li rimprovera ma li incoraggia a guardarlo, a toccarlo, per convincersi, che proprio è Lui. Non rimprovera la loro incredulità ma convince. Quando loro ancora non potevano uscire dallo stato dello stupore gli ha chiesto qualcosa da mangiare. Cristo è uguale oggi come era allora.

Il problema presentato oggi dal vangelo è sempre attuale. Il problema di riconoscere Gesù che viene sussiste anche oggi. Quando, come, dove? - domandano gli uomini. Proprio questo non lo sappiamo, perché Dio viene quando vuole e come vuole. Il nostro compito è essere pronti alla Sua venuta a al riconoscimento. Può venire nell’uomo bisognoso del sostegno materiale o spirituale, nel rimorso della coscienza, nel suggerimento buono, nella parola di Dio, qualche volta nella difficile preghiera che non dà nessuna soddisfazione. Sicuramente viene nell’Eucaristia e in tante altre situazioni. Noi spesso diciamo: «ho cercato...» oppure «cerco Dio». Non è necessario cercarLo. Dio sempre è. Basto solo riconoscerLo.

Noi, credenti, abbiamo anche l’obbligo di dare la testimonianza che Dio è, ed è possibile riconoscerLo. Proprio questo Cristo esigeva durante il primo incontro con gli Apostoli.

IV Domenica di Pasqua

Gv 10,11-18

"Io sono il buon pastore"

Nel Vangelo di oggi Cristo tocca alcuni argomenti. Prima parla del buon pastore che quando viene la necessità, dà la propria vita per le pecore, e fa questo di propria volontà. Afferma anche che questo buon pastore è proprio Lui.

Poi dice che conosce noi cristiani, cioè le proprie pecore. Va ancora avanti affermando che anche noi Lo conosciamo. E proprio questo: Lo conosciamo? Ho paura che Gesù oggi come oggi è molto deluso della nostra conoscenza del Suo insegnamento.

In tante famiglie non c’è neanche il testo della Bibbia, senza parlare della lettura di essa. Tanto meglio, sotto questo aspetto, si presentano i protestanti o i Testimoni di Geova. Noi non sappiamo parlare sui temi della religione. La nostra conoscenza della religione cattolica che noi professiamo è così spesso superficiale. Come allora possiamo condurre alla conoscenza di Cristo quelli che sono lontano da Lui? Come possiamo realizzare il desiderio di Cristo di creare un ovile e un pastore?

Queste sono le domande che nascono nel contesto del Vangelo odierno e del fatto che siamo cristiani.

V Domenica di Pasqua

Gv 15, 1-8p

"Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo"

Innesti in Cristo. Che cosa significa?

La prima cosa: che siamo stati introdotti in Chiesa, dove il capo invisibile è Gesù. Perciò non è una cosa indifferente come siamo. Se ci comportiamo male, allora soffre tutta la comunità ecclesiale e anche il suo livello spirituale si abbassa. Ed in contrario, se siamo buoni, tutto il quadro dei credenti e anche tutto il mondo, diventano migliori. Per questo non possiamo dire: la mia vita - bene o male - ma questo è solo il mio interesse. Non solo! Questo è l’interesse d'ogni cristiano, anzi d’ogni uomo.

La seconda cosa: non ci sarà lo sviluppo religioso senza collegamento con Cristo, ... «perché senza di me non potete far nulla» - dice Gesù stesso. Anzi, Lui dice, che chi non rimane in Lui, è come il ramo secco che si taglia e brucia.

La terza cosa: concretamente, che cosa significa rimanere in Cristo? Nient’altro che la vita nella grazia allora senza un peccato grave. Però, quando questo succede, bisogna subito svegliare il pentimento sincero e al più presto andare a fare la penitenza sacramentale.

Essere innesti in Cristo significa anche il nostro rapporto con Lui, il contatto personale. La forza che riceviamo da quest’innesto, benché siamo deboli, ci permette il pieno sviluppo spirituale. Per questo è così importante essere innesti in Cristo.

Per approfondire la mia unità con Cristo, devo spesso ricordare che cosa è il Battesimo nella vita dell’uomo, nella mia vita.

VI Domenica di Pasqua

Gv 15, 9-17

"Questo è il mio comandamento:
che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati"

Che cosa significa amare Dio?

Questa è una domanda con la quale i sacerdoti s'incontrano quasi ogni giorno. Il problema è qui, che la gente spesso identifica l’amore di Dio con l’amore tra un uomo e una donna, oppure con l’amore tra la madre ed il figlio. Invece queste sono due diverse realtà. L’amore di Dio non si racchiude nell'ordine naturale, questo è l’amore religioso, soprannaturale. Allora in che cosa è questa diversità?

A questa domanda Cristo risponde nel Vangelo di oggi. «Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore». In altre parole, l’amore di Dio, questo non è un problema dei sentimenti, ma dell’osservanza dei comandamenti.

Cristo, però non finisce qui la sua spiegazione, ma dice altro, se osserveremo i suoi comandamenti, saremo promossi alla cerchia dei suoi amici. «Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici...». Allora in quest’amore c'è un legame particolare.

Ma ancora non è tutto. Cristo sempre legava l’amore di Dio con il comandamento dell’amore del prossimo, ciò fa anche nel brano del Vangelo odierno. Ci ricorda, che non basta amare Lui, ma anche che dobbiamo amarci reciprocamente, con l’amore così grande, con il quale Lui ci ha amati. Allora ancora una volta ha alzato il livello dell’amore.

Guardiamo adesso noi. Dove siamo? Tra noi è tanta avversione, rabbia, e spesso anche odio. I frutti di quest’odio sono le guerre, le rapine, gli omicidi. E tutto questo fanno anche i cristiani. O Dio, perdonaci! O Dio, com'è difficile amarti.

Ascensione del Signore

Mc 16, 15-20

"Andate il tutto il mondo e predicate il vangelo..."

Chi di noi non punta all'ascensione?

Ascensione sociale, riuscire a stare meglio, non invecchiare mai, non ingrassare, aumentare lo stipendio, riuscire sempre ad avere gli amici giusti, avere un po’ di più di ciò che già abbiamo etc.

A volte, questa ricerca diventa fonte di stress, di angoscia e di solitudine, perché per raggiungere il mio fine devo scavalcare qualcun altro, e se ci riesco divento fonte d'invidia. (“Chi sceglie Roma, sceglie la solitudine”. Questo me lo ha detto un amico vero).

Il mito dell'ascensione è antichissimo, ma era riservato agli eroi, oggi è riservato ai più forti, ai più furbi, ai più ladri o a chi vince al totocalcio.

Gesù, con la sua ascensione, c’indica una strada nuova, più umana, e percorribile a tutti. C'indica la strada dell'incarnazione, della vita a Nàzaret, delle cose semplici di tutti i giorni, della priorità della fraternità e del servizio. Soprattutto Gesù s’indica la strada della fiducia in Dio di chi si scopre figlio di Dio.

Questa è una festa che ci dà pace, perché ci dice chi siamo e dove andiamo: ciò che conta è sapere che sono figlio di Dio e che sono chiamato a regnare con lui.

Signore liberami dal puntare all’ascensione inutile, che rischia di farmi fare la fine dell'eroe abbandonato in cima ad una colonna, e donami di guardare a te e alla tua croce, come vera prospettiva di felicità.

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