Domeniche di Quaresima

Anno Liturgico A

Indice:

I Domenica di Quaresima
II Domenica di Quaresima
III Domenica di Quaresima
IV Domenica di Quaresima
V domenica di Quaresima
Domenica delle Palme


I domenica di Quaresima

Lc 4, 1-13

"Non di solo pane vivrà l'uomo"

L’inizio dell’opera pubblica di Gesù ha un espressione molto forte. Gesù l’ha iniziata con la penitenza di quaranta giorni. Sullo sfondo della penitenza di Gesù noi dobbiamo porci la domanda: com’è la nostra penitenza, com’è la nostra Quaresima?

Penso che tutti siamo d’accordo, che la Quaresima si è offuscata nella nostra coscienza. Ha perso la sua rigidità ed espressione. Di Quaresima vera ci sono rimaste solo le tradizioni e i ricordi. È rimasta solo una certa forma. Sospetto anche che la Quaresima d’oggi ha perso l’anima. E ogni tanto ci domandiamo: che senso ha celebrare ancora oggi la Quaresima? Da altra parte la penitenza di Cristo e la sua chiamata alla penitenza, alla conversione, ci costringono a pensare: noi uomini credenti, possiamo rinunciare alla penitenza?

Il senso della giustizia, la coscienza, che richiede la riparazione dei nostri errori, delle nostre colpe ci induce questi pensieri.

Il digiuno però, per tanti di noi ha solo il carattere tradizionale, senza nessuna motivazione religiosa. Benché esso è collegato fortemente con la penitenza, la passione e la morte di Gesù. Se perdiamo questa coscienza, diventiamo gli adoratori delle forme vuote. E allora la domando del senso della penitenza avrà la sua motivazione.

Perciò nella Quaresima che cominciamo mettiamo un pensiero, un anello, che unisce i nostri sforzi con Cristo penitente. Se non ci sarà quest’unione, la nostra penitenza avrà una forma che non dirà niente né a Dio né agli uomini. Sul piano religioso su tutto decide il nostro atteggiamento interiore, quella briciola d’amore che risponde al grande amore di Gesù.

Le forme della penitenza quaresimale possono essere diverse: dalla rinuncia d’alcuni cibi in alcuni giorni, allo smettere i nostri vizi (alcol, sigarette, ecc.); dal controllare la nostra lingua al perdono ai nostri fratelli. Ci sono tante possibilità di unirci con Cristo nella penitenza. La scelta dipende da noi. Penso che ognuno di noi prenderà qualche impegno quaresimale, qualche opera di penitenza.

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II Domenica di Quaresima

Mt 17, 1-9

"Questi è il Figlio mio prediletto,
nel quale mi sono compiaciuto"

La trasfigurazione di Gesù contiene in sé diversi significati. Uno di questi sicuramente è la chiamata alla conversione. Ognuno di noi in ogni momento può cambiarsi e realmente cambia. Purtroppo questi cambiamenti possono essere diversi, o in alto o in basso e li chiamiamo comunemente le cadute o le conversioni.

Vogliamo adesso nella Quaresima leggere la trasfigurazione di Cristo come la chiamata alla conversione. Si può convertire sia l’uomo singolo sia la comunità dei credenti. Gesù trasfigurandosi ha emanato in modo percepibile la bellezza e la gloria della sua divino-umana realtà. Similmente l’uomo dovrebbe continuamente cambiarsi in alto, dando di sé tutto quello che è più prezioso.

Spesso ci lamentiamo che tra la gente ci sentiamo male, che sentiamo qualche emanazione del male, dell’indifferenza o addirittura dell’odio. Sentiamo la nostalgia della bontà e della cordialità. E ugualmente desideriamo che la Chiesa emani questi valori. Questo desiderano anche gli uomini che stanno lontano dalla Chiesa. Vogliono che quest’istituzione fondata da Gesù dia la testimonianza viva dei valori contenuti nel Vangelo.

Oggi ci domandiamo, dopo duemila anni del cristianesimo, dopo trent’anni dal Concilio Vaticano II, esiste almeno una briciola della luce che emanava Gesù nel giorno della trasfigurazione? Noi cristiani riusciamo a dimostrare almeno uno schizzo del volto di Cristo? O forse il nostro cambiamento va giù, al peggio? Forse siamo troppo poco resistibili alle tentazioni che porta con sé il mondo di oggi? Forse troppo poco ascoltiamo che cosa ci dice Gesù?

Queste sono le domande che nascono nel contesto del Vangelo odierno e io stesso devo dare la risposta ad esse.

III Domenica di Quaresima

Gv 4, 5-42

"Dammi da bere..."

L’acqua e la vita hanno una naturale attrazione. All’acqua tende tutto quello che vive. Vengono ad essa gli uomini buoni e cattivi, perché l’acqua e la vita sono legate tra loro indissolubilmente. Noi uomini d’oggi, che ogni giorno con facilità apriamo il rubinetto, trascuriamo l'importanza di questa vitale necessità. Alla fonte dell’acqua non ci sono gli uomini buoni e cattivi, ci sono solo gli uomini assetati, desiderosi.

Accanto alla fonte di Giacobbe si sono incontrati due uomini. Lui – Ebreo, lei – Samaritana. L’incontro da parte di lei era un puro caso, per Lui – uno scopo premeditato. Entrambi hanno portato dentro di sé diverse sostanze spirituali e diverse intenzioni. Lei ha portato un recipiente vuoto e la sua vita complicata. Lui è venuto come Salvatore, con l’amore nel cuore per tutti gli uomini. E proprio a lei, che era conosciuta nella città come peccatrice ha offerto l’amore fraterno.

Cristo ha portato alla fonte due desideri: uno naturale, il desiderio d’acqua, cioè la sete di tutte le bocche umane. L’altro è il desiderio della felicità con il quale l’uomo cammina per tutta la sua vita.

In questi due uomini che si sono fermati al pozzo di Giacobbe si sono incontrati i loro desideri. Quelli della Samaritana si sono realizzati in modo diverso da quello che immaginava. I desideri di Gesù hanno dato alle nostalgie di lei una nuova direzione. La Samaritana ha accolto il dono dell’amore fraterno di Gesù. È diventata un'altra persona . Di più, ha condotto a Gesù gli abitanti della sua città, perché anche loro potessero ricevere quello che ha arricchito il suo cuore.

Proviamo anche noi nel tempo di Quaresima a dedicare più tempo, più attenzione, a queste cose. Le occasioni sono diverse: le funzioni quaresimali, come la Via Crucis, le catechesi, l’astinenza, il digiuno, la confessione, la preghiera – questi sono come fonte di acqua viva. L’acqua che anima le profondità della nostra umanità. Che diventa la fonte della vita e della purezza. Possiamo in essa purificarci e rigenerare le forze per la vita cristiana.

IV Domenica di Quaresima

Gv 9, 1-41

"Finche sono nel mondo,
sono la luce del mondo"

Con grande semplicità possiamo affermare che gli uomini si dividono in quelli che affermano di sapere tutto ciò che è necessario intorno a Cristo per poter credere in Lui; e in quelli che assicurano di sapere su Cristo tanto, quanto basta per non credere; e in quelli che dicono che non vale la pena di preoccuparsi del problema di Cristo.

Così o così, queste tre categorie d’uomini si considerano "vedenti" e "sapienti" e proprio loro riguardano le parole di Gesù: "ma siccome dite: "Noi vediamo", il vostro peccato rimane", voi avete la responsabilità e risponderete per le vostre convinzioni e le vostre opere.
In questa riflessione ci interessano soprattutto gli uomini credenti, cioè quelli che sono andati dietro alla chiamata di Gesù. La vita, però, ci dimostra che non è tanto facile rimanere fedeli a Dio. Alcuni dicono: io ci credo, Gesù, ma non sono sicuro se andare fino in fondo. Forse solo andrò al punto che si chiama il rischio, forse solo all’Orto degli Ulivi. Più lontano non riesco. Non voglio impegnarmi di più. Non posso prometterTi che in tutto sarò fedele. I Tuoi comandamenti mi sembrano troppo difficili e poco realistici. Bisogna fare i conti con la vita d’oggi.

Queste confessioni sono nient’altro che la prova di trattare il cristianesimo in modo selettivo. Questi "vedenti" dimenticano che il Vangelo si deve prendere e praticare interamente . Questa è la tentazione della fedeltà a metà. O forse della cecità dei credenti. Anche se gli occhi dei loro corpi sono sani ma gli occhi dell’anima hanno la cateratta. Quando ci fanno male gli occhi del corpo, andiamo da un oculista e li laviamo, non sempre facciamo lo stesso con gli occhi dell’anima. E succede che gli occhi dell’anima sono coperti con il fango e non vedono più niente. E questo conduce al punto che ci chiudiamo nel cerchio della terra e perdiamo la sensibilità sulle cose degli altri e di Dio.

Per questo l’uomo ha bisogno di udire le parole: "Va’ a lavarti nella piscina di Siloe", che significa accostati ai sacramenti e allora i tuoi occhi vedranno nella nuova luce la propria umanità e la fede. Solo allora nascerà la speranza e la vera visione della vita.

V Domenica di Quaresima

Gv 11, 1-45

"Io sono la risurrezione e la vita;
chi crede in me, non morrà in eterno"

La linea più calda della vita umana è quella che divide la vita dalla morte. Quando l’uomo si trova vicino ad essa allora con grande attenzione osserva il proprio organismo, conta tutti i battiti del cuore e legge ogni respiro come una vittoria sulla morte.

In questa situazione le parole di profeta Ezechiele: "Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi risuscito dalle vostre tombe… Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nel vostro paese; saprete che io sono il Signore. L’ho detto e lo farò" – acquistano un particolare significato. L’uomo allora prende la coscienza come è fragile il confine tra la morte e la vita, come è impotente di fronte a questo mistero.

Cristo Signore davanti alla tomba di Lazzaro compie questa solenne promessa di Dio: "Io apro i vostri sepolcri, vi risuscito dalle vostre tombe". Al suo comando Lazzaro è uscito dalla tomba. Con le proprie forze non poteva riacquistare la vita. La vita ritorna in lui con l’intervento di Gesù. Gesù invece con la propria forza uscirà dal sepolcro e insieme con Lui uscirà la luce e la speranza della vita eterna.

La seconda parte della profezia si compirà per noi quando due sepolcri, uno umano e uno di Cristo si incontreranno e Gesù che ha il potere sulla morte ci dà la vita eterna.

Che questi due avvenimenti si incontrino nella nostra coscienza: quello dal Vangelo e la mia morte, allora la morte e la risurrezione di Cristo diventeranno la particella della mia vita.

Per far diventare tutto ciò la realtà, però, bisogna sul serio prendere le parole di Gesù: "Io sono il pane che è disceso dal cielo, chi mangia questo pane vivrà in eterno". Ciò significa che Cristo aprirà la nostra tomba e ci porterà alla vita eterna. E questo pane è il Suo Corpo per la vita del mondo. Allora tutto consiste in quello che il mio corpo umano, così impetuoso, tante volte ribelle, per esistere, dovrebbe trovarsi nel sepolcro con Cristo. Allora è necessario che il cristiano riceva il Corpo di Cristo come il Pane per la via all’eternità.

Domenica delle Palme

Mt 26,14 - 27,66

"Dio mio, Dio  mio,
perché mi hai abbandonato?"

Gli avvenimenti della Domenica delle Palme ci costringono alla riflessione sull’uomo. Gesù entrando a Gerusalemme fu salutato dalla folla con le parole: "Osanna al figlio di Davide". Il Venerdì Santo, la stessa folla gridava: "Crocifiggilo, crocifiggilo!" Che cosa è successo a questa gente? In pochi giorni da amici di Cristo sono diventati i Suoi nemici? Fino a questo punto può sbagliare l'uomo? Eppure Gesù non aveva fatto loro niente di male.

Questo non è problema dello sbaglio ma della personalità dell'uomo che cambia facilmente, che è sottoposto agli umori e suggerimenti, e in più permette di essere manipolato.

Fino a non tanto tempo fa la Chiesa era un simbolo di tutto quello che è bene, giusto e libero. Oggi sotto l’influenza di alcuni gruppi di gente, la Chiesa è diventata scomoda e bisogna opporsi ad essa in diversi modi.

Sembra che questi attacchi non dovrebbero influenzare e cambiare il rapporto dei cattolici verso la Chiesa, invece sono diventati per alcuni i pretesti per allontanarsi dalla Chiesa e di attaccarla come istituzione. E questo è ancora più misterioso che questa gente prima cantava alla Chiesa "osanna". La Chiesa era ed è, nonostante della debolezza e del peccato dei propri membri, la portatrice della dottrina di Cristo. E per questo ogni attacco alla Chiesa è un attacco a Cristo. È lo stesso grido: "Crocifiggilo!"

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