Domeniche del Tempo Ordinario
Anno Liturgico A

I domenica del Tempo Ordinario

Mt 3, 13-17

Battesimo di Gesù

"Io ho bisogno di essere battezzato da te
e tu vieni da me?"

Sappiamo che il battesimo di Giovanni Battista era il segno della colpa e della penitenza. Da qui la domanda: perché Gesù voleva battezzarsi, anche se Giovanni protestava. Il grande precursore di Cristo ha riconosciuto in Lui il Messia, la Sua grandezza e santità. Lo ha battezzato solo sotto la pressione di Gesù che diceva: "Lascia fare per ora, poiché conviene che così adempiamo ogni giustizia". Ma di che giustizia si parla? domandiamo.

Per capire meglio il significato di queste parole bisogna ricordare che cosa ha detto il profeta Isaia: "Il Signore ha messo su di lui (Cristo) iniquità di tutti noi". Solo allora diventa chiaro perché Gesù esigeva il battesimo di Giovanni. Tra i peccatori che confessano i propri peccati si mette la più grande santità e il più grande peccatore del mondo – Gesù Cristo. Perché il più grande peccatore del mondo? Perché ha preso su di sé i peccati di tutti gli uomini che erano, che sono e che verranno. Bisogna solo ricordare una cosa: i nostri peccati non contaminano Gesù ma sono solo un peso spaventoso.

Solo Lui poteva fare questo. Aveva dentro di sé la santità e il peso dei peccati dei fratelli nell’umanità.

Leggendo il Vangelo sicuramente abbiamo notato che Cristo mai rideva. Il peso dei peccati che ha accettato era un motivo sufficiente per spegnere ogni prova di sorriso. Malgrado l’apparenza il peccato è sempre molto triste. Quando offendiamo Dio con la piccola o la grande colpa, la tristezza si mette come l’ombra sulla nostra coscienza.

Il giorno di oggi è un tempo opportuno per dire a Gesù che siamo pronti alla penitenza per quello che è successo. Scusarsi con Lui per la tristezza che abbiamo procurato e anche ringraziare che in Lui si è fatta la giustizia che una volta diventerà la gioia.

II Domenica ordinaria

Gv 1, 29-34

"Ecco l'agnello di Dio,
ecco colui che toglie il peccato del mondo!"

Nella nostra vita socio-religiosa ci sono due visioni del battesimo. Il Battesimo – usanza, che si compie nella dimensione pura umana, e solo per caso aggancia la Chiesa; e il Battesimo – mistero, che immediatamente è legato con l’avvenimento del fiume Giordano, con Cristo sul quale discende lo Spirito Santo. Solo allora si compie la nuova nascita e l’entrata cosciente nel cerchio della vita di Dio.

Tutto il senso è proprio qui. Se i genitori cristiani guardano il battesimo come una festa che bisogna preparare in modo pomposo e non riescono a vedere la nascita alla nuova vita nello Spirito Santo, senza trarre da questa festa nessuna conclusione, succede come se la madre partorendo il bambino non si accorgesse del fatto lasciandolo fuori della propria vita. Questo è un assurdo e il più grande male che si può fare al bambino. Il bambino sta diventando un orfano.

In tanti casi l’uomo nuovo nasce per Dio tramite il battesimo, e la gente intorno, anche i credenti, non riescono a notare questo fatto lasciandolo a se stesso senza dargli la possibilità dello sviluppo al quale Dio lo ha destinato. E quello che è nato dallo Spirito Santo è stato lasciato al proprio destino.

L’uomo nato dall’acqua e dallo Spirito Santo deve essere trattato come l’uomo nuovo e qualcuno deve prendere cura di lui. Questa neonata vita ha i propri diritti, e soprattutto il diritto della educazione religiosa. Non gli basta il diritto del vestito, dell’educazione, della carriera e del benessere.

Ogni cristiano deve accettare questa seconda versione del battesimo come mistero, che segna l’inizio della nuova vita nella famiglia di Dio. La Chiesa invece deve dire ai propri figli che vivranno come cristiani e qualcuno li guiderà sulle strade di Dio.

Per questo non bisogna irritarsi quando il sacerdote mette davanti a noi alcune richieste legate con il sacramento. Non possiamo dimenticare che è nato l’uomo nuovo, si è creata una nuova vita religiosa che ha il diritto di aspettare che qualcuno prenda su di sé la responsabilità per essa.

III Domenica ordinaria

Mt 4, 12-23

"Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino"

Nel Vangelo d’oggi Cristo chiama alla conversione nel contesto molto caratteristico. Questo è il contesto delle tenebre – il paese della morte, sulla quale parla il profeta Geremia. In altre parole, Cristo sembra indicare in modo univoco che là dov’è il peccato esiste non solo buio ma anche la morte. Questa è la tremenda tristezza e la morte dello spirito che descrive Dostoievski nel suo romanzo "I fratelli Caramazov". In questo stato non c’è posto per la felicità e per la gioia nella vita dell’uomo. Anzi, questo stato conduce alla morte eterna, in altre parole alla dannazione. Per questo Gesù chiama gli uomini alla conversione.

Che cosa significa convertirsi? La conversione può essere un atto, un tocco (come nella storia di San Paolo), e in questo momento l’uomo cambia tutta la sua vita. Ma può essere anche un processo molto lungo (come nella vita di Carlo de Focould e di tanti altri). La conversione è soprattutto il cambiamento del pensare, cioè rivolgere il pensiero verso quello che nella vita e anche dopo la morte è davvero importante. Infine è rivolgere la volontà al reale e non all'apparente bene. Quando Gesù dice: convertitevi, questo significa: abbandonate la strada che conduce alle tenebre.

Per la verità Lui dice: venite a Me, legatevi con Me, perché tutti gli incanti momentanei e le alleanze parziali non reggeranno le prove della vita e possono essere molto pericolose. Benché la vita è molto dura e spietata, è anche piena di proposte illusorie.

Ma qui comincia il problema. Tanti uomini credenti dicono: stare troppo vicino a Dio può essere imbarazzante e scomodo. Cristo vuole averci il più vicino possibile, noi invece preferiamo rispettare qualche distanza, avere sempre una "zona di sicurezza", perché per caso Dio non ci leghi a sé troppo forte. E per questo la nostra vita così spesso è grigia e triste anche se potrebbe essere più calma e gioiosa.

IV Domenica ordinaria

Mt 5, 1-12

"Beati i poveri in spirito, ..."

"La sapienza" di questo mondo chiaramente contrasta con le beatitudini di Cristo. Gesù insegnava che i beati sono: i poveri in spirito, i miti, i misericordiosi e i puri di cuore. Il problema sta qui che la sapienza negli occhi di Dio significa un'altra cosa che negli occhi del mondo. Negli occhi degli uomini conta la furbizia, l’arrivismo, prendere una strada facile o altre scorciatoie.. Per questo i discepoli di Cristo d’oggi che vogliono sul serio vivere secondo l’insegnamento divino speso sentono che sono arretrati e stupidi.

Secondo questo mondo è stupido quello che resiste nel matrimonio difficile. È stupido colui che conserva la fedeltà benché abbia tante attrazioni. È stupido quel ragazzo che fa del tutto per rimanere un uomo di cuore puro. È stupida quella ragazza che rispetta se stessa. È stupido quell’uomo che crede nell’amore senza interessi. È stupido quello che perdona e non cerca la vendetta. È stupido quello che non cerca il facile guadagno senza guardare la propria coscienza. Proprio a questi uomini il mondo dice: siete stupidi. Si dice che sono ingenui quelli che sempre prendono il bianco per il bianco e il nero per il nero. Così pensa il mondo.

Bisogna però ricordare, che la vera cultura dello spirito non si basa sullo scegliere quello che è più facile o più conveniente, ma sul rispetto del valore e della bellezza altrui. E un atteggiamento così non significa la debolezza ma la cultura dello spirito dell’uomo.

L’uomo povero in spirito, del quale ride il mondo, sa che il pane serve per dividere con gli altri e non per possedere. Lui sa, che con il pane si può sfamare un povero ma anche con esso si può manipolare, tentare e forzare gli altri. Si può dire a lui: io ti do il pane, ma tu devi fare tutto quello che io ti dico. Con la visione del pane si può portare l’uomo affamato alla pazzia e alla vigliaccheria.

La vita umana è una realtà molto complessa e non si può spiegarla in modo ingenuo e semplificato. L’uomo che pensa riesce a notare nelle Beatitudini una grande carta della vita basata sulla verità e sul rispetto della dignità umana. Le beatitudini non sono staccate dalla terra ma danno la possibilità dei nuovi rapporti tra gli uomini.

Grazie alle Beatitudini gli uomini sanno che devono usare tutte le loro forze per costruire la pace. Sanno che la misericordia e il perdono contano più della vendetta e dell’indifferenza. Grazie alle Beatitudini possiamo sempre scoprire le tracce della mano creatrice di Dio e la Sua giustizia e bontà, e anche che l’uomo nonostante la sua debolezza e le sue cadute porta in sé l’immagine di Dio.

V Domenica ordinaria

Mt 5, 13-16

"Voi siete il sale della terra...
Voi siete la luce del mondo"

Voi siete il sale della terra e la luce del mondo – ha detto Gesù. Una cosa caratteristica che Lui non ha detto: diventerete ciò che già siete. Questo significa che ognuno di noi già nel momento del battesimo è diventato la luce del mondo e il sale della terra. Quando l’uomo pensa questo e guarda la propria vita, rimane con l’amaro in bocca e con tristezza deve dire: che luce e che sale sono? Ma in questo c’è qualcosa. Se il cristiano è debole e peccatore e così è visto dagli uomini, allora subito gli viene una domanda: Signore, perché i Tuoi seguaci nella loro vita sono così differenti da Te? Perché in loro c'è così poco della Tua perfezione? Grazie a queste domande i loro pensieri, anche contro se stessi, si rivolgono a Cristo e Lui comincia a essere il centro del loro interesse. Così è la nostra situazione quando anche minimamente siamo riconosciuti tra la gente come i discepoli di Gesù. In questa maniera, anche incoscientemente, siamo il sale della terra e la luce del mondo.

Ma questo basta? Cristo parlava di questa luce e di questo sale. Sicuramente no!

Grazie alla grazia di Dio e la possibilità che ci danno i sacramenti, siamo in grado in modo più chiaro di proclamare la verità di Cristo. Dobbiamo anche ricordare che Lui è la luce del mondo e noi siamo solo il riflesso di questa luce. Si tratta solo, che noi con i nostri peccati e i nostri vizi non spegniamo questa luce divina.

Nell’ultima frase del vangelo di oggi Cristo lega il problema della luce con le opere buone. In questo modo ci insegna che non si tratta solo delle parole e dei gesti, ma delle opere che sono la più grande luce e più semplicemente indicano Dio, che è donatore di ogni bene.

VI Domenica ordinaria

Mt 5, 13-16

"Se la vostra giustizia non supererà
quella degli scribi e dei farisei,
non entrerete nel regno dei cieli"

Generalmente oggi si distinguono due generi di moralità. La prima viene dall’alto – da Dio e si basa sulle regole eterne e immutabili. La seconda proviene dal basso, cioè dagli uomini e ha un carattere instabile, può cambiare in ogni momento. Gli uomini creano quest’ultima in funzione della loro conoscenza, delle necessità, le convinzioni e anche in funzione della cultura e civilizzazione. Qualche volta queste due moralità si incontrano o vanno in strade parallele, e allora tutto è in ordine. Comincia a essere male, quando queste due moralità si mettono in opposizione. Questo non è solo una questione di oggi. Sempre c'erano uomini che volevano correggere Dio, placare o in modo proprio interpretare le leggi di Dio.

Gesù nel vangelo di oggi decisamente si oppone a queste pratiche. "Io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli". E poi ha insegnato che non si possono cambiare o rinnegare i comandamenti di Dio.

Purtroppo oggi noi siamo testimoni della reinterpretazione della legge divina. Sta nascendo una nuova misura della giustizia e della moralità. Generalmente si dice: "Nessuno oggi si comporta così", "Questo non è per i tempi di oggi", "Oggi tutti fanno così", ecc. In altre parole, la fonte della morale è diventata l’opinione pubblica e gli artefici di essa. Questo è molto pericoloso, perché uccide i rimorsi della coscienza, e non solo nelle cose futili, come per esempio: comprare un biglietto per l’autobus o no, combinare una falsa giustificazione del lavoro, ma si tratta anche delle cose molto serie come la vita dell’uomo ancora non nato o nello stato terminale, l'insolubilità del matrimonio, le relazioni con i vecchi genitori, ecc.

Nel mondo di oggi si compie una grande devastazione della coscienza – proprio per colpa dell’opinione, cioè della moralità che viene dal basso. La magia della parola "oggi" imprigiona gli uomini, soprattutto i giovani, che hanno tanta paura della tradizione che chiamano retrograda. Per loro più importante è quello che è di oggi e non quello che è buono.

La grande carriera fa anche la parola "tutti". Abbiamo paura di essere "diversi". Facciamo tutto per stare nella stessa riga. E questo è l’acqua per il mulino di quelli che creano l’opinione pubblica. Una coscienza si addormenta, l’altra si spaventa, a un altro qualcosa si promette, a qualcun altro si dà la soluzione oppure il premio. E così mettono tutti sullo stesso livello.

Per noi credenti l’opinione, che tutti fanno così oppure che nessuno fa cosà, non dovrebbe avere il valore. Noi dobbiamo prendere le regole dall’insegnamento di Cristo e per questo non abbiamo paura di uscire dalla riga. Dovrebbe interessarci di più che cosa pensa di noi Gesù e non l’opinione pubblica. Cristo era il primo che ha rotto le righe umane.

Non permettiamo di essere tentati o spaventati con le parole "oggi", "tutti fanno così", "nessuno si comporta in questa maniera". Noi dobbiamo dare il tutto di noi per entrare nel regno dei cieli.

Domenica di Pentecoste

Gv 20, 19-23

"Ricevete lo Spirito Santo"

La verità principale che ci porta lo Spirito Santo nel giorno di Pentecoste, è la verità sulla paternità di Dio. Questa ci dà la risposta alla domanda: Chi è Dio per me e chi sono io per Lui? Se accettiamo la verità su Dio come Padre, allora dobbiamo anche accettare la verità, che il Padre nello Spirito Santo DoniSpirito.JPG (29959 byte)ha trasmesso la parte della Sua vita ai figli di Dio, cioè agli uomini. Da questo risulta che in noi c’è la vita di Dio e siamo obbligati alla vita evangelica. In questo scopo lo Spirito di Dio ci concede i suoi doni: la sapienza, la scienza, il consiglio, la fortezza e altri doni necessari alla vita cristiana.

Ma che cosa succede se l’uomo si oppone all’azione dello Spirito Santo, quando il cuore umano è diventato freddo, quando la preghiera è diventata una parola vuota? Anche allora lo Spirito di Dio grida dalle profondità dell’umanità smarrita. Invoca anche quando l’uomo non solo tace ma anche pronuncia le parole di bestemmia? Sì, lo Spirito Santo invoca anche in questi momenti, perché Dio mai smette d’essere Padre e mai abbandona anche i figli infedeli. Dio mai ritira il suo Amore.

 

 

Santissima Trinità

Gv 3, 16-18

"Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito"

Il mistero della Santissima Trinità è il più grande e il più personale intimo mistero di Dio. Questo è completamente irraggiungibile dalla conoscenza umana. Similmente anche un grande mistero è questo: chi è l’uomo nella profondità del suo essere. Questo si rivela anche nella domanda: Tu chi sei? Che cosa si nasconde dentro di te? Allora non ci illudiamo che saremo in grado esprimere chi è Dio.

Dio supera completamente l’ordine della nostra esistenza e del nostro pensiero su di Lui.

Possiamo però riflettere sul legame della nostra esistenza con la Santissima Trinità. Perché dentro di Essa è nata l’idea dell’uomo. Il Signore Dio ha detto: "Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza". Queste parole indicano la realtà dalla quale è nato l’uomo. Indicano il prototipo della nostra umanità.

Questa unità e trinità di Dio decide il nostro inizio e la nostra fine. Di là è uscito l’uomo per il difficile pellegrinaggio sulla terra e alla fine dei suoi giorni tornerà allo spazio famigliare che è la Santissima Trinità.

XI Domenica ordinaria

Mt 9, 36-10,8

"...predicate che il regno dei cieli è vicino"

Si legge non solo i libri ma anche gli uomini. Andando con il bus o col treno leggiamo i compagni del viaggio. Alla fine del viaggio (soprattutto quando è lungo) sappiamo tanto di più di loro.

Durante le nostre vacanze anche noi saremo letti dagli altri. Cristo ha il diritto, perché gli uomini dai nostri volti e dal nostro comportamento, scoprono che siamo cristiani. Cerchiamo di rendere leggibile la nostra fede gettando le maschere sotto le quali spesso vogliamo nascondere la nostra vera identità sottoponendoci costantemente alla più grande tentazione dei nostri tempi.

Gesù si aspetta che noi saremo il vivo libro del Vangelo e riveliamo al mondo qualcosa delle verità di Dio che sono stati innestati in noi.

Gli uomini d’oggi non tanto volentieri leggono i libri o le riviste religiose, però molto piace a loro leggere ciò che riguarda gli altri uomini. Sono contenti quando trovano in qualcuno l’onesta e la fede profonda.

Una cosa caratteristica, Gesù non ha scritto nessun libro, anche se sapeva scrivere. L'unica scena descritta dal Vangelo è quando scriveva con il dito sulla terra. Ma niente è rimasto di quella scritta, perché gli uomini hanno calpestato questa sabbia.

Invece di scrivere i libri, Gesù ha formato i dodici Apostoli e ha scritto nei loro cuori tutto quello che voleva rivelare al mondo. Gli uomini ascoltando gli insegnamenti degli Apostoli e osservando il loro comportamento hanno cominciato a credere in Cristo. È molto importante, perché siamo leggibili come cristiani. Perché la gente nel nostro comportamento riesca a ritrovare qualcosa di Cristo.

 

XII Domenica ordinaria

Mt 10, 26-33

"Due passeri non si vendono forse per un soldo?"

"Due passeri non si vendono forse per un soldo?"

Prima del tempo di Cristo e anche dopo si è diffuso lo schiavismo, vendevano e compravano gli uomini. Si compra e si vende anche oggi, benché in un'altra, più civile o più raffinata forma. Il mercato degli uomini esiste anche oggi. Il prezzo dell’uomo, come degli altri articoli o cresce o scende. Lo spirito degli mercanti degli uomini non è morto, è rimasto in questo mondo. Quando a qualcuno risulta, dal calcolo economico, che l’esistenza di un altro non è favorevole, allora dice: "per te qui non c’è posto".

Questo riguarda in modo particolare il problema dell’aborto. Ma non solo questo. Sempre più spesso si fanno le domande: i vecchi non vivono troppo a lungo? Non potrebbero morire prima, specialmente quando desiderano questo?

L’uomo, e in modo particolare le giovane ragazze, si vende per il consumo di massa. Qui penso non solo al problema della pornografia, ma anche alle altre forme del commercio degli uomini.

A ogni costo dobbiamo difenderci dalla convinzione che l’uomo è solo un "passero un po’ più caro".

XIII Domenica ordinaria

Mt 10, 37-42

"Chi ama il padre o la madre più di me
non è degno di me"

"Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me". Che cosa significa questo? Ci sono due misure dell’amore? Sì, ci sono due. L’amore di Dio non ha confini, può superare tutto. L’amore umano invece è solo a un certo punto.

Che cosa decide questo confine? Lo decidono le parole "di più". Ma perché le parole "di più" non quadrano con l’amore umano? L’uomo nella sua spontaneità vuole realizzare l’amore nel proprio modo. Le parole "di più" lo trasformano allora nella passione, e "l’amore" può diventare impaziente, possessivo, e qualche volta può diventare egoistico. E così nasce l’amore senza coscienza, senza scrupoli. "L’amore" che bisogna rifiutare o condannare. Solo attenzione, non si rifiuta l’amore, solo alcune sue forme che si sono allontanate da Dio e dalla coscienza..

Penso che la risposta alla domanda: "perché non si può amare l’uomo "di più"" consiste in questo, che in Dio tutto è chiaro e semplice. Invece tutto ciò che esiste nell’uomo, non ha questa chiarezza e spesso è molto complicato. Per questo parliamo di due misure dell’amore: l’amore di Dio e l’amore dell’uomo.

XIV Domenica ordinaria

Mt 11, 25-30

"Venite a me, voi tutti, che siete affatticati e opressi,
e io vi ristorerò"

O Dio, dove sei? – domandiamo. Il catechismo ci risponde che ovunque, cioè che riempie la nostra quotidianità nella quale incontriamo cattive e buone avventure, nella quale nascono le fortune e le disgrazie umane; nasce l’amore e l’amicizia, le nuove idee, ma anche deragliano i treni e ci sono gli scontri delle macchine dove gli uomini perdono la salute o la vita. Siamo anche stanchi fino al perdere le forze nel grigiore dei nostri giorni. Nonostante ciò, nel nome della fede professata tentiamo di cercare Dio, nel quale la nostra quotidianità è immersa. Vogliamo che Lui ci difenda dalle disgrazie e dalle catastrofi, perché ci preservi dalle malattie, perché i bambini non piangano di notte permettendo ai genitori di riposarsi dopo le fatiche del giorno. E così collochiamo Dio nella nostra quotidianità e lo aggiustiamo alle nostre esigenze. Vogliamo che sia il conforto e la soluzione che toglie ogni male e avvicina il bene.

A questo pensava Gesù quando diceva: "Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò"? Credo che non solo a questo. Credo che pensava anche al mondo che è il mondo di Dio, il quale non entra nella nostra quotidianità e si chiama – l’Eternità! Proprio questa deve diventare la nostra patria. Da lì ci ha portato la promessa che i nostri corpi distrutti dalle malattie, dagli incidenti dalle guerre, riceveranno il nuovo dono della vita, della vita eterna. Là potremo insieme con Dio guardare tutto quello che è e leggere il mistero del nostro essere e il senso del nostro pellegrinaggio. Solo allora capiremo che cos’è veramente l’amore e la felicità.

Bene – dicono gli scettici – questo è solo una promessa, noi invece vogliamo… Proprio questo, che cosa vogliamo? Solo una cosa, che la promessa si compia.

Noi promettiamo di risolvere qualche cosa quando torniamo a casa; promettiamo miglioramento, etc… I medici anche ci promettono che dopo aver fatto la cura la nostra salute ritornerà alla forma. E così passiamo da una promessa all’altra. Poche volte le promesse diventano la realtà. E spesso ci viene la tristezza e la vita sempre diventa più pesante. Questa è la verità – così succede nella vita, però, è uno "però".

Tante volte abbiamo creduto a noi stessi, tante volte abbiamo avuto fiducia nelle promesse umane, soprattutto quelle politiche, e non vogliamo credere a Cristo. Dio sembra dirci: credi alla promessa che ti ho dato tramite il mio Figlio. Lui ha sigillato questa promessa con la morte sulla croce, allora è più credibile certificato. Questa è la consolazione che ti do per la strada – per il pellegrinaggio dalla promessa alla promessa.

 

XV Domenica ordinaria

Mt 13, 1 -23

"Voi dunque intendete la parabola del seminatore..."

Il seme è la Parola di Dio. Di che cosa parla questa Parola di Dio? La Parola di Dio parla della verità, della vita, della bontà, dell’amore. Questa è la parola della consolazione, dell’ammonimento, della promessa e anche della speranza. Dietro ad ognuna di queste parole sta il Seminatore – Cristo. Lui mai le rinnega e sempre assume la responsabilità per tutte. Le Sue Parole, al contrario delle nostre, mai sono vuote. Mai velano la verità. Sempre sono efficaci. Ma realmente? Le nostre osservazioni sembrano contraddire questo. Ogni domenica ascoltiamo le parole di Dio nelle nostre chiese e sempre così tanto della rabbia e del peccato dentro di noi. Forse siamo un terreno sassoso e non terra buona? No! Noi solo non sappiamo qual è il tempo del germogliare, della crescita e della maturazione delle parole di Dio. Questa è la verità, che l’uomo è limitato e spesso diventa terreno con le spine. Ci sono, però, dentro di lui accanto al terreno sterile i campi fertili. Siamo perciò pazienti e abbiamo fiducia in Cristo, che ha detto che la Sua parola è efficace. Forse verrà un giorno quando ci trasformerà e diventeremo migliori.

XVI Domenica ordinaria

Mt 13, 24 - 43

"Il regno dei cieli si può paragonare a un uomo
che ha seminato del buon seme nel suo campo"

Dio sa e anche noi sappiamo che ogni cuore umano è seminato da due seminatori e che sempre nel campo dei cuori cadono i semi buoni ma anche la zizzania, l’erbaccia. Germogliano insieme. Dio permette ad esse di crescere insieme fino alla mietitura. Dio è paziente. Con quest’immagine vuole anche dire che un uomo che oggi è zizzania domani può diventare grano. E per questo aspetta. Non distrugge l’uomo che sembra essere solo zizzania. I frutti di quest’attesa possono essere meravigliosi. Gli uomini si convertono. Così è successo con Maria Maddalena. Questa realtà ha toccato San Paolo. Questi uomini per un certo tempo della loro vita sicuramente erano zizzania. Mosé ha ordinato di lapidare donne come la Maddalena, invece Gesù ha detto: Io aspetto.

Molto spesso il bene che compiamo, è risultato della nostra conversione. Così è il mistero della vita cristiana. Per questo Dio ci dà una possibilità, anche allora quando il seme buono è così piccolo, che è quasi invisibile e per tanto tempo non germoglia. In più, Dio vuole, che tutto il male che è cresciuto nel nostro cuore, sia distrutto da noi stessi. Pensiamo a questo.

Gesù nel Vangelo d’oggi c’insegna anche che dobbiamo essere buoni per gli altri e guardare loro con il prisma del bene che sono riusciti a fare.

 

XVIII Domenica ordinaria

Mt 14, 13-21

"... date loro voi stessi da mangiare."

Dio che ha creato l'uomo, gli ha dato anche le condizioni nelle quali può svilupparsi e vivere umanamente. Insieme con la nascita delle nuove generazioni, il seme gettato nella terra cresce e da il frutto. L’uomo ha ricevuto da Dio così tanta intelligenza e forza che può moltiplicare i frutti della terra e soddisfare così le proprie necessità e quelle degli altri.

Se l'uomo sapientemente sfruttasse le possibilità che ha ricevuto non ci sarebbero gli affamati. Purtroppo, gli uomini dimenticano questo, e spendono le risorse per gli armamenti o altre cose inutili invece di soddisfare le necessità proprie e di quelli che soffrono a causa della miseria. Inoltre dimenticano che il donatore del pane è Dio stesso, che lo ha destinato a tutti e non solo ai gruppi privilegiati. Per questo perdono così spesso il senso della solidarietà con i fratelli affamati. La storia c’insegna che quest’atteggiamento dell'insensibilità spesso finiva con le tragedie.

Con questo modo di fare spesso si accusa di crudeltà Dio, come se Lui avesse creato l'uomo per fargli soffrire la fame e il freddo. L'uomo molto facilmente accusa Dio dimenticando i propri errori. Invece la verità è questa: il pane proviene da Dio ed è destinato a tutti. Ci sono poi le possibilità per moltiplicarlo, solo che l'uomo non vuole farlo. Preferisce accusare Dio.

 

XIX Domenica ordinaria

Mt 14, 22-33

"Uomo di pocha fede, perché hai dubitato?"

Noi abbiamo tante paure. Abbiamo paura delle malattie, di perdere il lavoro, non sappiamo se ci basta il pane per domani, con grande timore pensiamo al futuro dei nostri figli, ci preoccupa la situazione politica ed economica del paese, e infine la fede contestata e la Chiesa attaccata da diverse parti è oggetto delle nostre preoccupazioni. Abbiamo paura delle guerre e degli altri disastri.

A tutti presi dai timori Cristo dice: "Sono io, non abbiate paura". Quando leggiamo queste parole nel Vangelo o ascoltiamo dall’altare, allora diciamo: queste sono solo parole. Ma non sono le parole - questi sono i fatti. Però, se le parole di Gesù potessero essere efficaci in noi, bisognerebbe fidarsi così come si è fidato Pietro quando Cristo gli ha detto di venire da Lui sulle acque. E Pietro ha camminato sulle acque come sulla terra solida. Quando ha dubitato, ha cominciato ad affondare. E sarebbe affogato se non avesse avuto la certezza che Cristo può fare tutto. "Signore, salvami" - ha invocato. E Gesù lo ha salvato. Il nostro più grande sbaglio è questo che pur avendo la fede non abbiamo la fiducia in Cristo. É vero che invochiamo l'aiuto ma spesso non siamo convinti che Lui può davvero tirarci fuori dalle disgrazie.

L'avvenimento dal Lago di Galilea sia per noi la conferma che Gesù è e può fare tutto. Bisogna solo aver fiducia in Lui e Lui ci libererà da tutte le paure e i timori.

 

XXI Domenica ordinaria

Mt 16, 13-20

"Voi chi dite che io sia?"

Chi è Gesù Cristo per me?

Questa è la domanda che ci propone il Vangelo di oggi. Chi sei per me o Signore? Qualcuno vicino, cordiale, qualcuno che ogni giorno entra nella mia vita? O forse qualcuno estraneo, lontano, qualcuno che non combacia con il mondo di oggi?

La domanda che si riferisce a quale posto Gesù ha nella mia vita è in realtà la domanda della mia religiosità. Questa si basa sulla fede nel Cristo vivo e risorto che dà il senso alla mia vita? O è solo una tradizione, una specie di cultura religiosa senza personale rapporto con Cristo?

La domanda che ci siamo posti all’inizio della nostra riflessione è estremamente difficile perché è intima, ha un carattere molto interiore. Questa domanda non trova risposta in una qualsiasi schivata o fugace formula del catechismo. Devo quindi guardare negli occhi Gesù e sinceramente domandare a me stesso: Chi è Lui per me?

La risposta a questa domanda deve essere vera. Sincera dall’inizio fino alla fine. Perché solo così possiamo di nuovo scoprire Gesù e allacciare con Lui una cordiale convivenza.

Chi è per me Gesù?

 

XXII Domenica ordinaria

Mt 16, 21-27

"Se qualcuno vuol venire dietro a me
rinneghi se stesso..."

Perché Gesù così rigorosamente ha trattato Pietro che preoccupato sconsigliava il cammino verso Gerusalemme, dove i Giudei si preparavano all’ultimo confronto con il Maestro di Nazaret?

Dal punto di vista umano la faccenda si presenta un po’ strana. Da qui la domanda “Perché?” Ecco Pietro con le sue parole ha toccato il punto nevralgico, la sostanza del piano salvifico di Cristo. Ha toccato l’amore che proprio in questo modo doveva esprimersi. Gesù doveva essere ucciso perché l’uomo potesse ricevere il dono della vita eterna. Nello stesso tempo Gesù ha fatto capire che anche l’uomo per prendere la strada verso la nuova vita deve pagare qualche prezzo. Alla passione di Gesù deve aggiungere qualcosa di proprio… «prenda la sua croce e mi segua».

I tirchi non vogliono dare niente. Gli uomini con poco cuore che vogliono mantenere tutto in questo mondo, non perdere nulla, non rinunciare a niente, perderanno tutto insieme a questo mondo, che sfuggirà loro dalle mani nell’ultimo momento di questa vita. L’uomo spesso si trova nel bivio della strada e non sa quale via percorrere. In questi momenti Gesù ci parla con la voce della nostra coscienza: Va’ uomo con la mia strada per arrivare insieme alla meta. Forse perderai qualcosa delle cose terrene ma conquisterai il Regno dei Cieli.

Penso che il gioco valga la candela. Inoltre colui che ci conduce è Cristo stesso. In questo contesto riusciamo a capire meglio il rigoroso trattamento che ha ricevuto il primo degli Apostoli da Gesù.

 

XXIII Domenica ordinaria

Mt 18, 15-20

"dove sono due o tre riuniti nel mio nome,
io sono in mezzo a loro"

Nel Vangelo di oggi Gesù tocca tre argomenti.

Il primo – ammonimento. Questo è un'arte. Bisogna sempre ammonire in questa maniera per non offendere la dignità di quello che ha sbagliato e nello stesso momento dimostrare che il suo comportamento non era corretto, e dopo bisogna invitarlo alla vita concorde con i comandamenti di Dio. Quando abbiamo difficoltà in questa azione dobbiamo sempre cercare l’aiuto degli altri.

Il secondo argomento – l’aiuto nel fare l’alleanza. “Tutto quello che legherete”… Il peccato è uno strappo, la rottura dell’alleanza d’amore con Dio. Dio sempre lega con sé ogni creatura e specialmente l’uomo che ha amato in modo particolare. Tutto quello che ha legato l’amore di Dio in cielo è stato legato anche sulla terra. Gli effetti di questo legame l’uomo dovrebbe rispettare. La mancanza del rispetto di questa alleanza sulla terra ha ripercussioni nel cielo, davanti al volto di Dio. Dall’altra parte ogni sforzo dell’uomo per rinnovare l’alleanza rotta, ha anche gli effetti in cielo. Allora, tutto quello che l’uomo con il proprio sforzo, con il sacrificio legherà sulla terra nel nome dell’amore divino, sarà legato anche in cielo.

Il terzo argomento – la preghiera comune. Alla fine del Vangelo odierno Gesù ci dice che non basta lavorare insieme ma anche insieme bisogna pregare, insieme con Dio programmare tutto quello che vogliamo fare. Cristo promette che la preghiera concorde di due o tre persone sempre sarà esaudita. La vita, però, sembra negare la promessa di Cristo. Come spesso ci lamentiamo che le nostre suppliche sono esaudite raramente. Succede così perché le nostre intenzioni non sempre sono concordi con i piani di Dio e troppo spesso riguardano solo le cose temporanee, terrene. Perché le nostre preghiere potessero essere esaudite è necessario avere i cuori puri e semplici, di non essere divisi da Dio per colpa dei peccati . Bisogna prima convertirsi dalle strade  dell’ingiustizia, sulle quale ci ha portato la nostra debolezza. Quando i cuori dei fratelli radunati cominceranno a battere lo stesso ritmo, allora cominceranno a compiersi le promesse di Dio che riguardano le nostre preghiere.

XXIV Domenica ordinaria

Mt 18, 15-20

"Signore, quante volte devo perdonare al mio fratello,
se pecca contro di me?"

Quante volte devo perdonare? – ha domandato Pietro. Cristo gli ha risposto: “Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette”, che nella lingua ebraica significava: Non contare, solo perdona.

La vita di oggi è diventata molto intensa. Sempre di più si incrociano le vie degli uomini e le cose umane si intrecciano. Le possibilità di offendere qualcuno e far nascere i conflitti sono così frequenti che non si riescono a prevedere. Se vogliamo vivere serenamente , nella concordia, dobbiamo essere sempre pronti – nel nome del bene e della pace – a perdonare e a chiedere il perdono.

Nell’arco della giornata si incrociano le strade del marito e della moglie, dei genitori e dei figli, dei conoscenti, dei vicini, della gente che si incontra per caso, dei lavoratori. Qui una vita s’incontra con l’altra. Si incontrano le mani, i cuori, i pensieri le iniziative. Una vita entra nell’altra. Si raddrizza quello che è storto e qualche volta si piega quello che è dritto. I valori crescono o diminuiscono. È impossibile che l’uomo non faccia male all’altro, non lo offenda anche se sempre cerca di avere buona volontà. Per questo Gesù ci mette davanti l’obbligo di perdonare. In più ci ricorda che il Padre Celeste guarda questi incroci della vita e attentamente li legge, e secondo il nostro comportamento regola il Suo amore e il Suo perdono per noi.

XXV Domenica ordinaria

Mt 18, 15-20

"Così gli ultimi saranno i primi,
e i primi gli ultimi"

In ogni sfera della vita, quando si tratta del lavoro si applica la norma: tale lavoro tale ricompensa. Per il piccolo lavoro – la ricompensa piccola. Il lavoro più grande – la paga più consistente. per capire la parabola dei lavoratori nella vigna che poc’anzi abbiamo udita, bisogna staccarsi dal calcolo economico. Nella vigna di Dio governano le leggi diverse. Qui quello che conta è l’impegno e la sincerità.

L’uomo non vale solo secondo ciò che valgono le sue opere. L’uomo vale tanto  quanto ha messo, ha investito in lui il Creatore stesso. L’uomo ha il suo valore anche qualora il suo stile di vita non sia concorde con le intenzioni di Dio. Dio riesce a scrivere le parole della speranza sulle linee storte della vita umana. Quando l’uomo capita sotto la mano di Dio, anche alle ore undici, pensando che già tutto è perduto, che non vale la pena cominciare niente, anche allora questa parola di speranza scritta con lo stile di Dio sulla vita umana, apre davanti a lui tutte le possibilità uguali come davanti a quelli che considerano riuscita la propria vita. Il lavoratore che è venuto in ritardo può ricevere la stessa ricompensa di quelli che sono venuti prima . Dio nella sua bontà può fare tutto quello che vuole. Può essere buono per chi e quando vuole. Meglio però, non venire in ritardo al lavoro, soprattutto per negligenza.

XXVI Domenica ordinaria

Mt 21, 28-32

"Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?"

Uno dei figli ha detto al padre che non andrà al lavoro, ma dopo un po’ è andato. L’altro ha detto subito che ci andrà – e non si è mosso per niente. Queste due figure ci costringono a trarre una conclusione che conosciamo molto bene, che l’uomo sempre può cambiare le proprie decisioni, non è stabile. Un ribelle diventa docile. Uno ben educato non mantiene la parola e si comporta in modo scorretto. L’altra conclusione che possiamo trarre è quella che finché l’uomo vive, la sua storia non è finita. Nessuno di noi può essere certo del proprio comportamento.

I ribelli peccatori possono un giorno fare un grande sforzo e sorpassare “i giusti” sulla strada verso Dio. Perciò dobbiamo essere molto prudenti nel giudicare gli altri, soprattutto quelli che si sono trovati in situazioni non tanto favorevoli.

In questo momento vale la pena domandarci: noi per caso non siamo solo apparentemente onesti e buoni discepoli che volentieri dicono sì, sì, già ci vado, ma a metà strada, quando arrivano le difficoltà, rinunciamo dall’iniziale prontezza?

La porta della casa di Dio è sempre aperta e là aspetta il Padre tutti i suoi figli, anche quelli ribelli.

Sul margine di questa riflessione devo pormi anche un’altra domanda: come considero gli uomini che si sono persi, i peccatori. Li guardo con disprezzo? Mi sforzo per aiutarli? Riesco a vedere in loro l’immagine di Dio e di Cristo che porta in braccio la pecorella smarrita? Chiedi aiuto a Dio, perché camminando per le strade della vita non sbagliassi la via che Lui mi ha segnato? E se mi sono trovato fuori perché mi accogliesse di nuovo nella sua casa? Nei peccatori, anche quelli grandi, riesco a vedere i miei fratelli?

XXVII Domenica ordinaria

Mt 21, 33-43

"Vi sarà tolto il regno di Dio
e sarà dato a un popolo che lo rarà fruttificare"

Il Vangelo di oggi tocca un problema e un dissidio eterno nei cuori umani. Si tratta di questo: la vigna della quale racconta il brano evangelico è una proprietà indiscutibile di Dio o è sottoposta solamente all’uomo? L’uomo possiede il mondo perché lo ha scoperto, si è appropriato di esso, per puro caso o gli è stato donato? L’uomo che si considera sovrano della terra lo è realmente o è sottoposto a qualche autorità superiore? Per le proprie opere risponde solo a se stesso? Può arbitralmente governare la vigna – il mondo?

Il Vangelo spiega chiaramente: l’uomo è solo un fittaiolo. Purtroppo, gli uomini spesso dimenticano questo e si comportano così, come fossero i proprietari del mondo. E proprio allora si arriva alle discussioni, ai dissidi, fino alle violenze e alle uccisioni.

Dio che richiede da noi la sottomissione, non fa questo per sé ma per il nostro bene. Ci ha creati dall’amore e desidera insegnarci l’amore, perché sa bene che senza l’amore l’uomo può fare cose orribili. I vignaioli non hanno rispettato neanche il figlio del padrone della vigna, uccidendolo.

Il figlio del padrone della vigna questi è la figura di Cristo, che dagli uomini è stato rifiutato e ucciso, e nello stesso tempo ha conquistato tantissimi seguaci. Così succede sempre. Cristo è rifiutato e di nuovo accolto. Dentro le mura della vigna evangelica si consuma un continuo dramma dell’uomo che incontra Dio e non sempre riesce a risolvere bene questo incontro. Dio manda Suo Figlio perché riveli in sé il Suo Amore, e l’uomo dalla posizione della sua libertà, dovrebbe dare una risposta, anche nella lingua d’amore. Purtroppo per causa della debolezza non sempre riesce. Qualche volta risponde con la fedeltà, e qualche volta con il tradimento. Questo è il prezzo della libertà.

Perciò l’uomo dovrebbe sempre pregare, perché la libertà, la quale ha ricevuto come dono, non è stata usata contro Dio.